Gustavo Zagrebelski, in un suo famoso saggio dal titolo Il diritto mite, riprendendo la lezione del piu` insigne e innovativo giurista anglosassone contemporaneo, Ronald Dworkin, traccia una distinzione netta fra le regole e i principi.
Le prime, espressione del formalismo universalistico illuminista, esprimono giudizi in termini di astratte formulazioni normative, ingabbiando nella generalità del dover essere giuridico la molteplice varietà dei casi che la vita individuale e sociale continuamente riproduce, facendosi storia.
I principi, come quelli enunciati nella prima parte della nostra bellissima Costituzione repubblicana, invece, come dice la stessa parola, non ingabbiano il reale con la durezza e la violenza di un dover essere giuridicamente vincolante, ma rappresentano soltanto l`inizio di un discorso che necessita, perché acquisti efficacia, di essere riempito di contenuti proprio da quella molteplicità di casi e di situazioni che fa ricco e vario il vivente.
Non quindi una rigida contrapposizione dialettica tra essere e dover essere, non una legge che reprime il conflitto, ma un diritto mite che accoglie le esigenze e gli interessi che manifesta il corpo sociale e ne orienta performativamente e dinamicamente la storia,verso orizzonti di maggiore equità e giustizia sociale.
Proprio per questo Stefano Rodotà, nella sua relazione introduttiva all'assemblea di Roma di domenica scorsa in preparazione della grande manifestazione del 12 ottobre, ha chiarito come lo scopo di una campagna a difesa della Costituzione non possa essere ridotto a una battaglia per la “legalità”, sia pure di altissimo rango costituzionale, ma debba costituirsi come presidio e mobilitazione continua per preservare il “senso stesso del diritto”.
E proprio per questo il principio costituzionale di cui all'art.11, quello secondo il quale ”la Repubblica Italiana ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” si riempie di contenuti tanto attraverso atti di disobbedienza civile come le invasioni pacifiche delle basi americane di Vicenza e di Niscemi, da parte del movimento NO DAL MOLIN e NO MUOS, quanto con atti di rottura dell`ordine simbolico prevalente, che ci vuole rassegnati e succubi alle logiche e agli interessi del capitale finanziario globalizzato e dei decisori politici ad esso asserviti, atti come il silenzio profetico di piazza San Pietro di sabato scorso, quando centomila cuori hanno innalzato il loro laico desiderio o la loro preghiera verso un destino possibile di pace e di armonia fra tutti gli esseri viventi.
Così il principio costituzionale sancito dall'art.1 della Costituzione, quello secondo il quale “l'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro” si riempie di contenuti non soltanto difendendo la dignità dei lavoratori e la democrazia nei luoghi di lavoro, ma contrastando concretamente le fallimentari politiche neoliberiste, che stanno conducendo rapidissimamente il nostro paese verso un destino di desertificazione produttiva, anche attraverso mezzi estremi come “l'occupazione delle fabbriche” come ha ipotizzato all'assemblea nazionale Maurizio Landini, il segretario generale della FIOM e cofirmatario del documento La via maestra, con cui è stata lanciata la manifestazione del 12 ottobre.
E si potrebbe continuare all'infinito, perché infinite e molteplici sono le contraddizioni prodotte dal sistema e i conflitti suscitati da queste contraddizioni.
Il 12 ottobre a Roma, quindi, non si manifesterà per difendere la costituzione formale del paese, ma si avvierà un processo di riappropriazione pubblica della sua costituzione materiale, mortificata e stravolta dal tentativo di gruppi dirigenti vili e piegati ai diktat del mercato di sferrare un colpo mortale alle speranze di cambiamento che pur emergono dalla società.
Non si tratta semplicemente di “ricostruire la sinistra”, desiderio di tant* , ma sinora sacrificato dai narcisismi e dai personalismi del frammentato e pulviscolare arcipelago della sinistra diffusa partitica o di movimento, ma di ripensare la società in un percorso conflittuale e partecipato di rifondazione della politica, a difesa degli altissimi principi costituzionali e della repubblica democratica nata dalla resistenza al nazifascismo, principi che ogni giorno vivono nelle mille e variegate storie r/esistent* e nelle lotte che animano il desiderio di riscossa civile del paese.
L`auspicio è che all’appello rispondano in tantissim* e che si apra una grandissima discussione nei territori, quasi un nuovo patto costituente a difesa della Costituzione repubblicana tra le forze sociali e politiche impegnate in una prospettiva di cambiamento e trasformazione sociale.
Alberto Rotondo