sabato 29 giugno 2013
annamaria rivera, il fuoco della rivolta, presentazione a catania
Domenica 7 luglio, alle ore 20, al Nievski (scalinata Alessi - via Crociferi, Catania) presentazione del libro di Annamaria Rivera IL FUOCO DELLA RIVOLTA torce umane dal Maghreb all'Europa (edizioni Dedalo),
ne discutono Daniela Melfa (Università di Catania) e Pina La Villa (Redazione DDF e Girodivite). Sarà presente l'autrice, già ospite la sera di sabato 6 luglio al dibattito del Queer Veggie Pride
ciao compagna Margherita...
è venuta a mancare la compagna Margherita Hack, la salutiamo con il pugno chiuso e il cuore aperto, ricordando sempre le sue parole d'augurio allo scorso queer veggie pride:
"Faccio i migliori auguri a voi che lottate contro ogni tipo di discriminazione, siamo tutti fatti della stessa materia costruita dalle stelle, uomini e animali e perciò dobbiamo rispettare tutti gli esseri viventi, lasciarli vivere secondo la loro natura. E fra noi, scimmie senza peli, si abbia rispetto per chi è diverso da noi per il colore della pelle, per le inclinazioni sessuali, per la lingua, per tradizioni tramandate da secoli, per chi crede in dio e per chi non ci crede. Tutti dobbiamo avere uguali diritti e doveri, senza discriminazioni. La nostra legge etica deve essere: NON FARE AGLI ALTRI QUELLO CHE NON VORRESTI FOSSE FATTO A TE. Auguri e buon lavoro a tutti. Margherita Hack".
ciao Compagna Margherita, non dimenticheremo mai il tuo esempio!
giovedì 27 giugno 2013
comunismo e cura, pratiche d'amore
“Quando sei nato non puoi più nasconderti”. Mi piace iniziare così, con la citazione del titolo di un celebre film di Marco Tullio Giordana, il mio report sul mio percorso di vita, politico e lavorativo. E, se come diceva Gramsci le autobiografie sono un atto d’orgoglio, con quest’incipit ho quanto meno l’impressione di agire con più umiltà, presentando come necessaria e inevitabile la mia scelta di operare nell’ambito del volontariato e di essere un’attivista comunista.
Due percorsi che non si escludono, ma si intersecano e si nutrono vicendevolmente di linfa rinnovata, sfatando le convinzioni di quanti credono ancora che la sinistra non si sposi con il messaggio cristiano. Ma quale messaggio è più dirompente, rivoluzionario, ecumenico ed innovativo se non quello di Cristo che auspicava l’aiuto reciproco, lottava contro ogni forma narcisistica di individualismo, per risvegliare la coscienza morale insita in ogni essere umano? E poco importa se sia stato Cristo o qualcun altro a predicare l’amore per il prossimo, quello che più importa è che, se davvero si è uomini e donne, dotati e dotate di raziocinio e di animus, non ci si può nascondere dietro l’indifferenza e il più comodo qualunquismo dinanzi alle difficoltà che hanno coloro che condividono con noi lo stare nel mondo.
Per dirsi cittadini/e attivi/e non basta semplicemente appartenere a una comunità, usufruire dei suoi servizi e godere a vario titolo di rapporti sociali, ma è necessario agire la cittadinanza, vale a dire partecipare attivamente, ciascuno con le sue potenzialità e nei modi più congeniali al suo essere, in modo tale che il nostro passaggio su uno dei tanti mondi possibili in cui ci è stato dato di vivere abbia un senso per noi e per gli altri. Se mi volgo indietro nel tentativo di ricostruire i quadri della memoria per rintracciare il momento in cui decisi di praticare il volontariato, mi vengono in mente le parole del vangelo di Giovanni (20, 15-19) che rappresenta il momento in cui Cristo, dopo la resurrezione, nello spezzare il pane disse a Pietro: “In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi”. Chi gode di buona salute o di una giovane età, o di entrambe le cose, a volte non si rende conto di quanto sia difficile per una persona con problemi motori compiere anche il più facile dei movimenti. Ecco cosa mi ha spinto quasi venti anni fa ad iniziare a fare volontariato con i fratelli e le sorelle in difficoltà. Ogni volta che parto per un pellegrinaggio o sono impegnata in una giornata con coloro che sono in difficoltà ritorno a casa carica di nuova energia e di nuove esperienze che mi permettono di apprezzare la vita nelle semplici cose quotidiane. Non si tratta soltanto di un tuffo nel dolore per trarre egoisticamente quello che c’è di buono, ma di un vero e continuo cambiamento e rimodellamento di prospettiva nell’approccio alla vita.
Dalle piccole cose nascono le grandi cose e dai piccoli passi nasce un grande viaggio, quello della vita, che è unica e irripetibile e a cui soltanto noi, se veramente lo vogliamo, possiamo dare una direzione di senso, ritrovando la bellezza al di là delle nostre paure, dei nostri fantasmi e del nostro presunto concetto di “normalità”. Conoscendo gli altri si conosce meglio se stessi e si entra in contatto con i recessi più intimi della nostra anima che, soli, ci consentono di vivere nella verità, quella che cerco di perseguire con ostinazione.
La pratica della cura sperimentata all’interno dell’associazione di volontariato ha influenzato successivamente le mie scelte lavorative inducendomi a completare il mio curriculum di studi con il conseguimento del titolo di specializzazione all’insegnamento per le attività di sostegno che ho impiegato per divenire docente di sostegno nelle scuole secondarie di secondo grado. Una scelta pienamente sentita e rinnovata quotidianamente sul campo attraverso il rapporto educativo-didattico che di anno in anno si instaura con i ragazzi e con le ragazze in condizione di diversabilità che mi sono stati/e assegnati/e. Si tratta di un’esperienza di insegnamento che va ben al di là dei ristretti recinti disciplinari inducendoti non soltanto a cimentarti in discipline lontane dal tuo percorso di studi, ma anche a metterti in gioco per superare giornalmente le difficoltà di contesto determinate dalla mancata, finta o debole accettazione di quanti fra colleghi e colleghe credono che il docente di sostegno sia una figura accessoria e per di più agevolata dovendo prendersi in carico un solo o al massimo due elementi. Talvolta ci si imbatte in difficoltà di contesto dovute ad una non ben radicata cultura dell’integrazione che rende miopi e poco lungimiranti sull’importanza che riveste l’inserimento delle persone diversabili nel contesto scolastico, che per eccellenza dovrebbe essere il nucleo preparatorio della società.
Dall’inizio della mia carriera d’insegnante di sostegno ad oggi mi è capitato più volte di sentire pareri discordanti sull’inserimento degli/delle alunni/e diversamente abili con riferimenti nostalgici alle scuole differenziali di un tempo. L’integrazione può e deve avvenire attraverso il coinvolgimento scolastico e non attraverso le scuole speciali, ciò che deve migliorare, semmai, è il modo in cui si opera. L’aumento delle ore di sostegno, del personale igienico sanitario, l’efficienza delle strutture e dei luoghi scolastici sono le condizioni necessarie perché si operi in vista di un’effettiva integrazione. Quello che dovremmo sforzarci di comprendere è che è proprio la differenza a costituire una ricchezza e che dovremmo utilizzarla come risorsa per la società intera. Non è raro accorgersi del fatto che in alcuni casi a scuola si ripetano le stesse dinamiche della società, dinamiche volte a massificare l’opinione e a spegnere la specificità delle singole individualità.
E del resto la lotta per il mantenimento della specificità individuale nel rispetto del bene collettivo non è che uno dei tanti fronti in cui si dispiega l’attivismo comunista, che ho intrapreso da qualche anno e respirato da quand’ero bambina. Il ritorno a Catania, mio luogo di nascita, è stato un vero e proprio ritorno alle radici, intese come basi essenziali per il dispiegarsi della mia personalità. L’incontro con i compagni e le compagne è stato vitale e salvifico nel momento in cui ha dato ulteriore conferma ai miei convincimenti. Soltanto impegnandosi concretamente in modo tale che tutti possano usufruire delle stesse opportunità, senza che si ripetano cristallizzate disuguaglianze, si può avere la sensazione di esercitare al meglio la cittadinanza. Condividendo desideri, lotte e modi di essere, essendo semplicemente se stessi, come accade nel circolo Città Futura di Catania, puoi avere anche un’altra opportunità non indifferente, quella di ascoltare, di essere ascoltato e di ascoltarti, evitando il rischio di essere profeta/essa o schiavo/a di una verità assoluta.
Marinù Biscuso
lunedì 24 giugno 2013
renato accorinti, un esempio per liberare la Sicilia!
La splendida affermazione di un sindaco pacifista e non violento come Accorinti, di cui è noto l’impegno contro la militarizzazione dell’isola sin dagli anni delle mobilitazioni contro i missili americani a Comiso, è la risposta più bella che si potesse dare alla violenza congiunta di gruppi dirigenti servili, e unicamente impegnati nella trasformistica arte dell’autoperpetuazione di se stessi, e ai disegni altrettanto violenti della potenza militare più grande del mondo, che con l’installazione del MUOS a Niscemi e il potenziamento della base militare di Sigonella ha impresso una svolta di stampo neocoloniale alla politica di occupazione militare dell’isola. Messina ci dimostra che una sinistra aperta, plurale e unita può farsi partecipato progetto di governo di una grande città, vogliamo davvero che sia d’esempio in Sicilia e in tutto il Paese.
sabato 22 giugno 2013
DDF - discorsi donne filosofe n°4
DDF discorsi donne filosofe n°4 - DOWNLOAD |
Esce col solstizio d’estate il quarto numero di DDF. Un numero denso, più di 50 pagine, che si apre con due editoriali, uno dedicato all’ultimo romanzo di Maria Attanasio, l’altro a Lidia Menapace.
Le immagini di Alberto Giuffrida, Alberta Dionisi, Emanuele Rizzo, Luca Red, fanno parte della collettiva di immagini "Sui Generi(s)" recentemente organizzata da IbrideVoci al circolo città futura di Catania, per presentare il queer veggie pride 2013 di sabato 6 luglio.
Buona lettura!
venerdì 21 giugno 2013
comizi d'amore di p.p.pasolini & la commedia degli errori di canecapovolto, lunedì 1 luglio all'arena argentina
verso il QUEER VEGGIE PRIDE...
in occasione del 50° anniversario del film-inchiesta di Pasolini, IbrideVoci città futura ne propone la visione, insieme ad un provocatorio video appena realizzato dal collettivo di cineasti Canecapovolto
LUNEDì 1 LUGLIO all'ARENA ARGENTINA di Catania
COMIZI D'AMORE di Pier Paolo Pasolini
Nel 1963 Pier Paolo Pasolini gira l'Italia per trovare location e volti per "il Vangelo secondo Matteo". Pasolini ne approfitta per produrre una vera e propria inchiesta sul territorio sulle opinioni degli italiani sulla sessualità, l'amore e il buon costume e vedere come sia cambiata negli ultimi anni la morale del paese. Il regista entra in campo, microfono alla mano, per parlare con gli italiani di "invertiti", di "prima volta", di "prostitute" e di "divorzio"; ne esce un ritratto del paese contraddittorio, che alterna aperture fintamente disinvolte e rigidità ancestrali.
All'interno del film ci sono anche le opinioni autorevoli di amici di Pasolini come Alberto Moravia, e Cesare Musatti; l'impressione che si ricava da questo straordinario film-inchiesta è quella di una grande, diffusa ignoranza anche negli strati di popolazione più colta, di una profonda arretratezza e del timore di affrontare senza vergogna un confronto legato al tema della sessualità.
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI di Canecapovolto
Questo video è basato su una conversazione tra Chiaraluce F. ed il Dottor Joseph D.Nicolosi. Attraverso una serie di filmati di repertorio ecco un viaggio lungo la Storia, la Sociologia e la Medicina che riguardano il fenomeno dell’omosessualità.
Perché molti pazienti si uccidono lanciandosi dal 4° piano della Clinica un attimo dopo essere guariti? Lo stesso Dottor Nicolosi è omosessuale? Quello che vediamo di spalle è veramente il Dottor Nicolosi oppure una sua copia? Per l’ultima volta: Nulla è vero. Tutto è Permesso.
“La commedia degli errori” è stato realizzato contemporaneamente a “Io sono una parte del problema” e fa parte di una ricerca trasversale sulle origini biologiche e antropologiche dell’omofobia.
presentazione e primo spettacolo ore 20,30
secondo spettacolo ore 22,30
ingresso € 3 - ridotto € 2,50 - soci cinestudio € 2
in occasione del 50° anniversario del film-inchiesta di Pasolini, IbrideVoci città futura ne propone la visione, insieme ad un provocatorio video appena realizzato dal collettivo di cineasti Canecapovolto
LUNEDì 1 LUGLIO all'ARENA ARGENTINA di Catania
COMIZI D'AMORE di Pier Paolo Pasolini
Nel 1963 Pier Paolo Pasolini gira l'Italia per trovare location e volti per "il Vangelo secondo Matteo". Pasolini ne approfitta per produrre una vera e propria inchiesta sul territorio sulle opinioni degli italiani sulla sessualità, l'amore e il buon costume e vedere come sia cambiata negli ultimi anni la morale del paese. Il regista entra in campo, microfono alla mano, per parlare con gli italiani di "invertiti", di "prima volta", di "prostitute" e di "divorzio"; ne esce un ritratto del paese contraddittorio, che alterna aperture fintamente disinvolte e rigidità ancestrali.
All'interno del film ci sono anche le opinioni autorevoli di amici di Pasolini come Alberto Moravia, e Cesare Musatti; l'impressione che si ricava da questo straordinario film-inchiesta è quella di una grande, diffusa ignoranza anche negli strati di popolazione più colta, di una profonda arretratezza e del timore di affrontare senza vergogna un confronto legato al tema della sessualità.
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI di Canecapovolto
Questo video è basato su una conversazione tra Chiaraluce F. ed il Dottor Joseph D.Nicolosi. Attraverso una serie di filmati di repertorio ecco un viaggio lungo la Storia, la Sociologia e la Medicina che riguardano il fenomeno dell’omosessualità.
Perché molti pazienti si uccidono lanciandosi dal 4° piano della Clinica un attimo dopo essere guariti? Lo stesso Dottor Nicolosi è omosessuale? Quello che vediamo di spalle è veramente il Dottor Nicolosi oppure una sua copia? Per l’ultima volta: Nulla è vero. Tutto è Permesso.
“La commedia degli errori” è stato realizzato contemporaneamente a “Io sono una parte del problema” e fa parte di una ricerca trasversale sulle origini biologiche e antropologiche dell’omofobia.
presentazione e primo spettacolo ore 20,30
secondo spettacolo ore 22,30
ingresso € 3 - ridotto € 2,50 - soci cinestudio € 2
mercoledì 19 giugno 2013
QUEER VEGGIE PRIDE: sabato 6 luglio, la gaia festa dell'ibridità
QUEER VEGGIE PRIDE
la gaia festa dell'ibridità
SABATO 6 LUGLIO 2013
CATANIA, CORTILE CGIL, VIA CROCIFERI
vai al VIDEO promo del queer veggie pride
DALLE ORE 20
APERTURA DEI NATURAL, VINTAGE & DESIGN SHOP
E DELL'OSTERIA VEGAN
ORE 20
"YANTRA"
YOGA CON INA ASERO
CONCERTO DI TABLA DI RICCARDO GERBINO
ORE 20,45
"CHE GENERE DI ANTISPECISMO?"
INCONTRO CON BARBARA X E ANNAMARIA RIVERA
ORE 21,30
"È QUESTO CHE TROVO MERAVIGLIOSO"
DA SAMUEL BECKETT
LABORATORIO TEATRO DEL MOLO 2
DIRETTO DA GIOACCHINO PALUMBO
ORE 22
ZUMBA CON FEDERICA SCUDERI
ORE 22,30
MUSICA LIVE
PIPPO BARRILE (KUNSERTU)
VALERIO CAIRONE
& GIORGIO MALTESE
PAOLO MIANO
'80 QUEER DANCEHALL
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solidarietà con i manifestanti turchi, oggi Catania in piazza
La reazione del governo Erdogan nei confronti delle legittime manifestazioni dei cittadini turchi è inaccettabile per qualsiasi coscienza democratica. Repressione violenta, che ha già causato diversi morti tra chi protesta, uso di gas urticanti e agenti chimici contro i manifestanti, migliaia di arresti tra cui quelli dei medici che soccorrono i feriti, dei giornalisti che documentano la rivolta e degli avvocati che difendono i manifestanti.
A fronte di una situazione così grave l'Europa tace e così anche il governo italiano. Un silenzio complice che occorre spezzare a favore del ripristino dei diritti democratici in Turchia. Per questo, mercoledì, ci incontreremo sotto la prefettura di Catania: per manifestare solidarietà al popolo turco e per chiedere al governo italiano di intervenire presso il governo turco per chiedere l'immediata cessazione di ogni atto repressivo e il rispetto dei diritti e delle agibilità democratiche di chi si oppone alle politiche di Erdogan.
oggi presidio a Catania, ore 19 via Etnea - Prefettura
martedì 18 giugno 2013
verso il pride della "normalizzazione"?
Verso il pride della "normalizzazione"?
Alcune considerazioni sul pride nazionale di Palermo del 22 giugno.
Suscita più di qualche perplessità la dichiarazione di Titti De Simone, portavoce del comitato organizzativo del pride di Palermo, la quale ha così presentato in conferenza stampa la manifestazione : "Il nostro obiettivo è trasformare un momento straordinario come questo Pride, il più a sud di tutti i tempi, in un momento di normalità".
Già da tempo avevamo constatato come l’assenza di conflittualità nelle perfomances di piazza contemporanee, si pensi ad esempio alle inoffensive mobilitazioni globali alla One Billion Rising, avesse nel giro di qualche anno trasformato manifestazioni come i pride in inutili kermesse con tanto di patrocinio comunale o presidenziale, ma non ci aspettavamo addirittura una programmatica dichiarazione di resa al clima di pacificazione nazionale, inaugurato dalle grandi intese che governano la transizione in una gigantesca operazione trasformistica, in atto tanto a Palazzo d’Orleans quanto a Palazzo Chigi, con la benedizione rispettiva del presidente “rivoluzionario” Crocetta o del monarca repubblicano Napolitano.
No, noi non siamo normal* , non vogliamo andare “oltre le differenze” ma le vogliamo anzi orgogliosamente manifestare, non violente r/esistenze alla violenza di un sistema che, con il ricatto della crisi, sta attentando materialmente alla vita di milioni di donne e di uomini, proprio ora e proprio qui in Sicilia dove avrà luogo il “pride più a sud della storia”, come può permettersi di affermare solo chi ha una visione del mondo ristretta alla geografia nazionale.
Una Sicilia che ha una storia ultradecennale di occupazione dell’esercito della potenza militare più grande del mondo, nei cui disegni neocoloniali la nostra bellissima isola diventa un avamposto strategico per il controllo totale di una vasta area del globo. Mentre a Niscemi la resistenza pacifica NO MUOS si oppone quotidianamente all’installazione del mostruoso e mortifero impianto radar, in grado di telecomandare a distanza le missioni di morte tanto dei famigerati droni quanto di ogni singolo militare, schierato in uno dei tanti teatri che la guerra permanente minaccia di aprire in nord Africa come nel vicino medio oriente, gli organizzatori del pride palermitano non trovano di meglio da fare che raccogliere il patrocinio, oltre che della Regione siciliana e della sua ormai socia CONFINDUSTRIA, anche dell’AMBASCIATA USA.
La lotta al patriarcato e all’istituzione sociale della norma eterosessuale dominante costituisce elemento irrinunciabile della nostra soggettività politica, in quanto gay , lesbiche , trans gender e transessual*, come l’orgoglioso rifiuto degli schemi sessisti e militaristi di oppressione e dominio.
Per questo motivo, questo pride dei patr-ocini e della normalità non ci piace, sarà forse utile a puntellare carriere politiche pericolanti o a consolidare nuovi o vecchi narcisismi , ma non gioverà certo alle nostre lotte, che per noi non costituiscono soltanto una ragione di vita, ma le nostre stesse, irriducibili e differenti vite.
Alcune considerazioni sul pride nazionale di Palermo del 22 giugno.
Suscita più di qualche perplessità la dichiarazione di Titti De Simone, portavoce del comitato organizzativo del pride di Palermo, la quale ha così presentato in conferenza stampa la manifestazione : "Il nostro obiettivo è trasformare un momento straordinario come questo Pride, il più a sud di tutti i tempi, in un momento di normalità".
Già da tempo avevamo constatato come l’assenza di conflittualità nelle perfomances di piazza contemporanee, si pensi ad esempio alle inoffensive mobilitazioni globali alla One Billion Rising, avesse nel giro di qualche anno trasformato manifestazioni come i pride in inutili kermesse con tanto di patrocinio comunale o presidenziale, ma non ci aspettavamo addirittura una programmatica dichiarazione di resa al clima di pacificazione nazionale, inaugurato dalle grandi intese che governano la transizione in una gigantesca operazione trasformistica, in atto tanto a Palazzo d’Orleans quanto a Palazzo Chigi, con la benedizione rispettiva del presidente “rivoluzionario” Crocetta o del monarca repubblicano Napolitano.
No, noi non siamo normal* , non vogliamo andare “oltre le differenze” ma le vogliamo anzi orgogliosamente manifestare, non violente r/esistenze alla violenza di un sistema che, con il ricatto della crisi, sta attentando materialmente alla vita di milioni di donne e di uomini, proprio ora e proprio qui in Sicilia dove avrà luogo il “pride più a sud della storia”, come può permettersi di affermare solo chi ha una visione del mondo ristretta alla geografia nazionale.
Una Sicilia che ha una storia ultradecennale di occupazione dell’esercito della potenza militare più grande del mondo, nei cui disegni neocoloniali la nostra bellissima isola diventa un avamposto strategico per il controllo totale di una vasta area del globo. Mentre a Niscemi la resistenza pacifica NO MUOS si oppone quotidianamente all’installazione del mostruoso e mortifero impianto radar, in grado di telecomandare a distanza le missioni di morte tanto dei famigerati droni quanto di ogni singolo militare, schierato in uno dei tanti teatri che la guerra permanente minaccia di aprire in nord Africa come nel vicino medio oriente, gli organizzatori del pride palermitano non trovano di meglio da fare che raccogliere il patrocinio, oltre che della Regione siciliana e della sua ormai socia CONFINDUSTRIA, anche dell’AMBASCIATA USA.
La lotta al patriarcato e all’istituzione sociale della norma eterosessuale dominante costituisce elemento irrinunciabile della nostra soggettività politica, in quanto gay , lesbiche , trans gender e transessual*, come l’orgoglioso rifiuto degli schemi sessisti e militaristi di oppressione e dominio.
Per questo motivo, questo pride dei patr-ocini e della normalità non ci piace, sarà forse utile a puntellare carriere politiche pericolanti o a consolidare nuovi o vecchi narcisismi , ma non gioverà certo alle nostre lotte, che per noi non costituiscono soltanto una ragione di vita, ma le nostre stesse, irriducibili e differenti vite.
collettivo lgbtqa
IbrideVoci
città futura
venerdì 14 giugno 2013
feliz cumple che guevara
Oggi il Che avrebbe compiuto 85 anni, il suo esempio vive ogni giorno nelle lotte.
domani sera, SABATO 15 GIUGNO, dalle 20,30 al circolo città futura (via gargano 37 catania) lo ricorderemo con una serata di festa tra canti popolari latinoamericani, con il maestro Giancarlo Asero alla chitarra, e una prelibata cena vegan con specialità cubane, messicane e caraibiche.
nel corso della serata intervento di Luca Cangemi (associazione Italia-Cuba Catania) e inaugurazione della mostra "Aldakoru" dell'artista basca/brasiliana Arantxa Medeiros.
Ecco alcuni testi dei canti di lotta che dedicheremo al Che:
testi/prima parte
testi/seconda parte
mercoledì 12 giugno 2013
con Renato Accorinti a Messina, per liberare la Sicilia da mafia, NATO e speculazioni
La straordinarietà del risultato elettorale di Renato Accorinti, e dei movimenti che hanno costruito dal basso la sua candidatura a sindaco di Messina, è tra i pochi segnali positivi dell’ultimo turno di elezioni amministrative in Sicilia.
Domenica 23 giugno, votando Accorinti, le cittadine e i cittadini di Messina avranno la possibilità non soltanto di liberarsi dai vergognosi anni di governo delle destre, che hanno portato il comune sull’orlo del dissesto finanziario, ma anche di inaugurare una nuova stagione politica di alternativa al sistema di potere affaristico e clientelare, costruito nel corso di più di cinquant’anni attorno a una delle più longeve dinastie familiari della politica siciliana, quella che fa capo al senatore Francantonio Genovese, capo indiscusso del PD messinese.
C’è un altro motivo per sostenere con entusiasmo Accorinti e l’autentica onda di partecipazione popolare che lo sostiene: un sindaco pacifista e non violento come Accorinti, di cui è noto l’impegno contro la militarizzazione dell’isola sin dagli anni delle mobilitazioni contro i missili americani a Comiso, è la risposta più bella che i territori alla violenza congiunta di gruppi dirigenti servili, e unicamente impegnati nella trasformistica arte dell’autoperpetuazione di se stessi, e ai disegni altrettanto violenti della potenza militare più grande del mondo, che con l’installazione del MUOS a Niscemi e il potenziamento della base militare di Sigonella ha impresso una svolta di stampo neocoloniale alla politica di occupazione militare dell’isola.
Messina ci dimostra che una sinistra aperta, plurale e unita può farsi partecipato progetto di governo di una grande città, speriamo davvero che sia d’esempio in Sicilia e in tutto il Paese.
mercoledì 5 giugno 2013
Aldakoru, la camaleontica pop art di Arantxa Med
ALDAKORU, un gioco di parole in euskera, la lingua basca, enigmaticamente apre ad un interrogativo: adeguarsi al coro del pensiero unico globale e delle mutazioni che impone alle culture locali, o giocare con la trasformazione camaleontica per costruire percorsi di resistenza fuori dal coro?
Arantxa "Med" Medeiros, fiera di incarnare un meticciato culturale basco-brasiliano, sceglie di dar voce alle tante culture che si mimetizzano per resistere ed opporsi al sistema.
L'artista compone sulle sue tele colore e materiali riciclati che prendono altra forma, gioca con la lingua dominante, l'inglese ormai universale, per capovolgerne i significati, in una sorta di camaleontica pop art.
ARANTXA MED
ALDAKORU
inaugurazione sabato 15 giugno
ore 20,30 circolo città futura
buon compleanno che guevara! canti collettivi e cena latinoamericana
SABATO 15 GIUGNO, dalle 20,30 al circolo città futura (via gargano 37 catania) BUON COMPLEANNO CHE GUEVARA: una serata di festa tra canti popolari latinoamericani, con il maestro Giancarlo Asero alla chitarra, e una prelibata cena vegan con specialità cubane, messicane e caraibiche.
nel corso della serata intervento di Luca Cangemi (associazione Italia-Cuba Catania) e inaugurazione della mostra "Aldakoru" dell'artista basca/brasiliana Arantxa Medeiros.
martedì 4 giugno 2013
OGM, tra Europa e Monsanto: appunti per una mobilitazione
La clausola di salvaguardia contenuta nella direttiva 2001/18/CE del Parlamento sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati, che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio (art.23) ha permesso all’Italia di sospendere l’autorizzazione di messa a coltura di sementi transgeniche.
Su questa base, era stato sospeso anche l’utilizzo di sementi di mais Mon810, su cui pendeva il ricorso di un agricoltore friulano che nel 2001 aveva seminato mais geneticamente modificato; l’Italia aveva inviato a Bruxelles la richiesta di una nuova valutazione del mais OGM della Monsanto sulla base della recente normativa UE sull’autorizzazione degli alimenti e dei mangimi transgenici.
La clausola di salvaguardia permetteva a un Paese membro dell’Unione Europea di limitare o vietare temporaneamente l’uso o la vendita di un prodotto Ogm ritenuto rischioso per la salute o per l’ambiente, ma le regole permettono anche alle aziende biotech di sperimentare i nuovi prodotti per novanta giorni, prima di chiederne la commercializzazione nel mercato unico comunitario, secondo un protocollo predisposto dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa).
Alcuni giorni fa la Corte di Giustizia Europea ha emesso la sentenza sul caso Mon810, stabilendo che gli agricoltori italiani sono liberi di seminare mais OGM. Nessuna autorizzazione alla semina di OGM iscritti al catalogo comune europeo può essere infatti assoggettata a una procedura nazionale di autorizzazione.
La sentenza della Corte di Giustizia Europea recita esplicitamente che “la messa in coltura di OGM quali le varietà del mais MON 810 non può essere assoggettata a una procedura nazionale di autorizzazione quando l’impiego e la commercializzazione di tali varietà sono autorizzati ai sensi dell’articolo 20 del regolamento n. 1829/2003 e le medesime varietà sono state iscritte nel catalogo comune previsto dalla direttiva 2002/53”.
Per riassumere, dall’inizio degli anni ’90 l’Europa accetta la circolazione dei risultati delle biotecnologie, emana diverse direttive e decisioni che regolamentano l’immissione sul mercato degli organismi geneticamente modificati, regolamentando anche l’etichettatura dei prodotti contenenti OGM. Nel 1998 Parlamento europeo e Consiglio emanano una direttiva per la protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche; nel 2003 una Raccomandazione della Commissione tende a garantire la coesistenza delle colture transgeniche, convenzionali e biologiche.
Nessuno invece si occupa di fare rispettare un principio importantissimo contenuto in varie convenzioni sottoscritte a livello mondiale; principio che viene recepito dalla normativa europea e da quella italiana e che quindi ha la stessa valenza di altre regolamentazioni: il principio della partecipazione alle decisioni.
Già nella Direttiva 90/219/CEE del Consiglio del 23 aprile 1990, che stabilisce misure comuni al fine di tutelare la salute e l’ambiente dall’impiego di OGM, l’art. 13 stabilisce che: “ove gli Stati membri lo ritengano appropriato, essi possono prevedere la consultazione di gruppi o del pubblico su ogni aspetto dell’impiego confinato progettato (per impiego confinato si intende ogni operazione nella quale i microrganismi sono modificati geneticamente o nella quale tali microrganismi geneticamente modificati sono messi in coltura, stoccati, utilizzati, trasportati, distrutti o smaltiti e per la quale vengono usate barriere fisiche o una combinazione di barriere fisiche e barriere chimiche e/o biologiche, al fine di limitare il contatto degli stessi con la popolazione e con l’ambiente). Ritroviamo questo principio nella dichiarazione di Rio sull’ambiente e lo sviluppo, scaturita dalla conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo del giugno del 1992; il principio 10 afferma che “il modo migliore di trattare le questioni ambientali è quello di assicurare la partecipazione di tutti i cittadini interessati, ai diversi livelli. Al livello nazionale, ciascun individuo avrà adeguato accesso alle informazioni concernenti l'ambiente in possesso delle pubbliche autorità, comprese le informazioni relative alle sostanze ed attività pericolose nella comunità, ed avrà la possibilità di partecipare ai processi decisionali. Gli Stati faciliteranno ed incoraggeranno la sensibilizzazione e la partecipazione del pubblico rendendo ampiamente disponibili le informazioni. Sarà assicurato un accesso effettivo ai procedimenti giudiziari ed amministrativi, compresi i mezzi di ricorso e di indennizzo”.
Sei anni dopo, nel 1998, viene firmata in Danimarca la convenzione di Aarhus, strumento internazionale di fondamentale rilevanza per la sensibilizzazione e il coinvolgimento della società civile sulle tematiche ambientali. Vi aderiscono 39 Stati membri della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite (UNECE) e l'Unione Europea: “Per contribuire a tutelare il diritto di ogni persona, nelle generazioni presenti e future, a vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere, ciascuna Parte garantisce il diritto di accesso alle informazioni, di partecipazione del pubblico ai processi decisionali e di accesso alla giustizia in materia ambientale in conformità delle disposizioni della presente convenzione (art. 1); Ciascuna Parte stabilisce le disposizioni pratiche e/o le altre disposizioni atte a consentire al pubblico di partecipare all'elaborazione di piani e programmi in materia ambientale in un quadro trasparente ed equo, dopo avergli fornito le informazioni necessarie. L'autorità pubblica competente individua il pubblico ammesso a partecipare, tenendo conto degli obiettivi della presente convenzione. Nella misura opportuna, ciascuna Parte si adopera per consentire al pubblico di partecipare all'elaborazione delle politiche in materia ambientale (art. 7)”. L’Italia è stata uno dei primi paesi a ratificare la Convenzione di Aarhus, il secondo dell'Unione Europea dopo la Danimarca, con la legge n.108 del 16 marzo 2001.
Il Protocollo di Cartagena, adottato a Montreal il 29 gennaio 2000 ed entrato in vigore nel 2003, ratificato dall’Italia con la Legge 27 del 15 gennaio 2004, è uno strumento normativo internazionale che regolamenta il trasporto e il commercio degli organismi geneticamente modificati. All’ art. 23, sulla sensibilizzazione del pubblico e partecipazione, si stabilisce che le parti:
“1. a) promuovono e favoriscono la sensibilizzazione, l'istruzione e la partecipazione dei cittadini per quanto riguarda il trasferimento, la manipolazione e l'uso sicuri di organismi viventi modificati in relazione alla conservazione e all'uso sostenibile della diversità biologica, tenuto conto anche dei rischi per la salute umana. A tal fine le parti cooperano, come opportuno, con altri Stati ed organismi internazionali;
b) si impegnano a far sì che la sensibilizzazione e l'istruzione dei cittadini includano l'accesso alle informazioni sugli organismi viventi modificati individuati in conformità del presente protocollo e che potrebbero costituire oggetto di importazione.
2. Le parti contraenti, in conformità delle rispettive regole e norme, consultano i cittadini nell'ambito del processo decisionale relativo ad organismi viventi modificati e ne rendono noti i risultati, tutelando la riservatezza delle informazioni in conformità dell'articolo 21.
3. Ciascuna parte contraente si impegna ad informare i rispettivi cittadini circa le modalità di accesso al centro di scambio di informazioni sulla biosicurezza”.
Infine, il Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo del 28 gennaio 2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, e all’art. 9 stabilisce che “i cittadini sono consultati in maniera aperta e trasparente, direttamente o attraverso organi rappresentativi, nel corso dell'elaborazione, della valutazione e della revisione della legislazione alimentare, a meno che l'urgenza della questione non lo permetta”.
Nel 2003 viene emanata la Direttiva 2003/35/CE che prevede la partecipazione del pubblico nell'elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all'accesso alla giustizia
Nella direttiva vengono anche aggiunte le definizioni di “pubblico” (una o più persone fisiche o giuridiche nonché, ai sensi della legislazione o prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone) e di “pubblico interessato”, che subisce o può subire gli effetti delle procedure decisionali in materia ambientale di cui all'articolo 2, paragrafo 2, o che ha un interesse in tali procedure; nel settembre del 2006 in applicazione di questa direttiva viene emanato il Regolamento 1367/2006;
nel dicembre 2006, il Consiglio Europeo approva un emendamento alla Convenzione di Aarhus che estende la partecipazione del pubblico alle decisioni riguardanti la diffusione volontaria degli OGM nell'ambiente.
Questa sintesi è un invito a mobilitarci perché siano applicate le disposizioni che impongono di ascoltare i cittadini su piani e programmi in materia ambientale; un passo fondamentale nella battaglia contro gli OGM e per un’agricoltura sana e naturale.
Cinzia Colajanni
testo per il dibattito svoltosi al circolo città futura in occasione del no monsanto day, dopo il videointervento di Vandana Shiva
sabato 1 giugno 2013
franca rame, una biografia straordinaria
Nel giorno delle esequie di Franca Rame, come si può ricordarla senza ripetere ciò che della biografia, del profilo di artista e donna impegnata, delle vicende anche personali è stato scritto e ripetuto da tutti i media, fino a farne narrazione ormai quasi convenzionale? Proviamo dunque ad aggiungere un piccolo tassello non troppo risaputo, a partire dalla nostra esperienza. Con una premessa: gli anni settanta, fervidi ed esuberanti – in tempi recenti ridotti ad “anni di piombo” da menti ignare e limitate – ci hanno concesso, fra le tante fortune, quella di ospitare e conoscere Franca Rame e Dario Fo.
Se questo è stato possibile è perché Franca è stata non solo grande attrice, ma anche protagonista coraggiosa e generosa delle lotte politiche di quel periodo: caratterizzato da una conflittualità sociale diffusa e feconda che ne ha fatto “il decennio più riformista della storia d’Italia”, come lo hanno definito Chiara Ingrao e altri, restituendo all’aggettivo il significato corretto. Le lotte e le rivendicazioni di quegli anni, che coinvolsero le più varie categorie sociali, ottennero, infatti, una messe di conquiste civili davvero singolare: dallo Statuto dei lavoratori al divorzio; dalla tutela delle lavoratrici madri alla scuola a tempo pieno; dalle 150 ore all’obiezione di coscienza; dai Decreti delegati al nuovo diritto di famiglia; dai consultori pubblici alla legge di parità sul lavoro; dalla riforma sanitaria alla legge sull’aborto; dalla “legge Basaglia” fino all’abrogazione degli articoli del codice penale sul delitto d’onore.
Di tutte queste battaglie e di altre (le attività in favore dei tanti militanti, sindacalisti, operai arrestati in quegli anni, la solidarietà verso le vittime del golpe cileno, il sostegno alla causa palestinese, e così via) Franca Rame e Dario Fo furono le voci recitanti, si potrebbe dire. In particolare Franca, da militante e soprattutto da interprete, autrice o co-autrice di testi teatrali, vi partecipò con la creatività e la passione che le erano abituali. Il contesto del suo impegno erano non solo le lotte e l’effervescenza sociale, ma anche la rete di ciò che si chiamò nuova sinistra o sinistra extraparlamentare. La quale – pur con alcune eccezioni, qualche miseria e molte divisioni – fu caratterizzata da un vivo interesse per la battaglia e l’attività culturale, che l’opera dei due grandi artisti contribuì a rafforzare e indirizzare.
Per esempio, nel 1971, il Circolo Lenin di Puglia, una delle formazioni più vivaci della nuova sinistra, disseminata e radicata nel territorio, promosse un’attività di “controcultura” come parte integrante della controinformazione e del lavoro politico. Ci fu perciò naturale raccogliere l’appello per la creazione di circoli La Comune (Franca e Dario, dopo aver abbandonato, nel 1968, il circuito dell’Eti e poi fondato il collettivo Nuova Scena, se ne erano separati per costituire il collettivo La Comune). E fu così che nacque – con il concorso una compagnia teatrale locale, il Gruppo Abeliano – La Comune di Puglia. La quale, nell’ottobre del 1971, contribuì a organizzare nella regione alcune rappresentazioni di Tutti uniti! tutti insieme! Scusa, ma quello non è il padrone?, interpretato da Franca Rame e altri.
Qualche anno più tardi, in pieno movimento del ’77, La Comune tornò a Bari, con La giullarata, e con Ciccio Busacca e Piero Sciotto. Intanto erano sopraggiunti gli anni del movimento femminista, che avevano sconvolto vecchi equilibri, anche in seno alla galassia rivoluzionaria, e sovvertito ideologie, costumi, politica, immaginario, relazioni di genere. Franca se ne fece coinvolgere totalmente, com’era nel suo stile e nel suo senso dell’impegno profondo, generoso, intelligente. I temi, le denunce, le rivendicazioni del movimento femminista la toccavano nel profondo: intimamente, per meglio dire.
Come sarebbe riuscita a raccontare solo alcuni anni dopo, nel 1973 era stata sequestrata, seviziata, stuprata da una banda di cinque fascisti. Più tardi, il pluri-femminicida Angelo Izzo, e un altro criminal-fascista, Biagio Pitarresi, dichiareranno che mandanti dello stupro erano stati alcuni ufficiali dei Carabinieri della Divisione Pastrengo, che intendevano “dare una lezione” a Franca Rame e Dario Fo per il loro impegno in Soccorso Rosso. I colpevoli, dei quali si conoscono i nomi, non saranno mai puniti: la sentenza sarà depositata venticinque anni dopo, tempo utile per la prescrizione.
Ma riprendiamo il filo del racconto dagli anni del dilagare del movimento delle donne. In quegli anni, in Puglia come altrove fiorirono i collettivi femministi. Il nostro, assai frequentato, aveva un nome semplice ed efficace: Donne in lotta. Più tardi esso, come altri collettivi baresi, confluì nel Coordinamento delle donne democratiche. Intanto gli stessi e le stesse che avevano contribuito alla nascita della Comune di Puglia avevano fondato a Bari la Libreria Cooperativa, in realtà un centro culturale polivalente. Da questa alleanza nacque l’idea d’invitare Franca Rame a rappresentare in Puglia Tutta casa, letto e chiesa, uno dei suoi monologhi femministi. Franca accettò e fu così che a gennaio del 1979 lo spettacolo andò in scena nel cinema “Nuova Italia” di Carbonara, sobborgo di Bari, poi in altre città pugliesi: con successo enorme.
Forse questo frammento di memoria non aggiunge molto a ciò che si sa di Franca Rame, soprattutto alla documentazione, amplissima e minuziosa, contenuta nel suo archivio online (per inciso, certi giornalisti e giornaliste potrebbero vincere la pigrizia e consultarlo prima di arrangiare articoli e servizi sommari, se non irrispettosi). La nostra testimonianza, tuttavia, può confermare il senso di quella che è stata non solo “una vita tra piazza e teatro”, come si è scritto banalmente, ma anche l’opera di una grandonna che con generosità e intelligenza ha cercato di dare un contributo alla crescita culturale e civile dell’Italia. E’ forse anche per rimuovere o esorcizzare la decadenza in cui è precipitato il nostro paese che tanti cantori mediatici la celebrano post mortem.
Ringraziamo Pasquale Martino e Nicola Vox per averci suggerito o confermato alcuni dettagli, non solo cronologici.
Annamaria Rivera
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