domenica 28 luglio 2013
"nessun rispetto": un articolo di Barbara X
Quando ho notato le scritte che compaiono sulle t-shirt ritratte nell'immagine che accompagna queste mie considerazioni, ho provato a immaginare la reazione di tante altre donne, magari sottobraccio ai propri mariti e fidanzati, magari non impegnate politicamente: nell'udire i commenti, i motteggi e le risate dei propri cavalieri è probabile che abbiano chinato lo sguardo verso il basso, con un sorrisetto imbarazzato e pudico, senza accennare ad alcuna rimostranza, evitando così di turbare il momento di ilarità.
La donna è gentile per natura, si dice. Non ho mai amato produrmi in dilettantesche e stucchevoli citazioni dotte (che lascio volentieri ad altri), ma per spiegare quale significato io voglia attribuire al predicato nominale "gentile", ricorro senz'altro alla definizione che ne diede Pier Paolo Pasolini nel 1970, in uno scritto apparso sulla rivista Tempo: "[...] L'uso dell'aggettivo 'gentile', da me riferito all'operaio, non aveva il significato pedestre e banale per cui 'gentile' è chi cede il posto a una signora sull'autobus o sorride al cameriere nell'ordinare un risotto. Gentile è esattamente l'opposto di volgare. La volgarità è aggressiva, ricattatoria, prepotente, possessiva, presuntuosa: essa nasce - nel nostro particolare momento storico - dalla 'sottocultura' borghese [...]"
Lo squallido, mostruoso universo fascista del mercato e della dittatura psichica dei media e l'ingannevole dimensione dell'ormai ipertrofico sviluppo tecnologico hanno distorto tale significato, per adeguarlo agli inoppugnabili codici sociali instaurati dal sistema patriarcale e fallocentrico, per compiacere alle ferree leggi del consumo di massa, che nella sua violenta ottusità travolge, smembra e tritura le coscienze e le vite, rendendole prima oggetti e poi merce (è anche - naturalmente - il caso dei cosiddetti "animali da reddito", uccisi prima ancora della loro nascita dietro le sbarre dell'industria del martirio la quale, senza soluzione di continuità, rifornisce di carne e derivati animali i banchi dei supermercati).
E' l'eterna destra della finanza e dei palazzi del potere, degli imprenditori e delle industrie, che induce le masse a coltivare la propria scarsità di considerazione nei confronti di tutti i più deboli.
Ed è la magnificazione deteriore della donna e del femminile da parte dei media e dei messaggi veicolati dalla propaganda del regime economico che induce fantasiosi disegnatori di magliette a partorire certe ributtanti arguzie, invitando i maschi più sprovveduti (tanti, troppi) a ricoprire il triste ruolo di virili fruitori di corpi femminili, con le coscienze dei quali non è più nemmeno necessario avere un confronto alla pari.
Ecco dunque che la donna, la cui connaturata gentilezza è spesso impotente davanti a tanta volgarità, viene a ritrovarsi in balia del delirio e dell'incoscienza, dell'incultura e della prepotenza, di una forza bruta che talvolta sembra addirittura privarla di un'effettiva identità sociale, spersonalizzandola ed esponendola al rischio tremendo
delle discriminazioni e delle violenze fisiche.
Il raccapricciante simulacro del femminile ideato dal sistema patriarcale è la gabbia in cui la donna languisce, fra improbabili ed irraggiungibili canoni di bellezza, cosmetici e creme anti età (rigorosamente testati su vittime animali nei laboratori di ricerca), abiti di moda e programmi televisivi di una stupidità rivoltante. La lima per segare le sbarre di questa oscena prigione si chiama conoscenza. L'unico modo per svincolarsi dalla ferrea stretta del carceriere è acquisire coraggio e fiducia nelle proprie potenzialità. Il tutto autonomamente, con le proprie risorse e potenzialità, senza fare assegnamento sull'appoggio di quella grossa parte del mondo maschile che, com'è noto, pur proclamandosi in via teorica per i diritti delle donne, non ama schierarsi apertamente e concretamente per gli stessi, poiché teme che l'immagine della propria virilità possa uscirne macchiata (per stare in pace con la propria coscienza, certuni si limitano magari a firmare petizioni per le quote rosa, patetica concessione da parte del sistema patriarcale e quindi nient'altro che un mezzo di gestione e controllo...).
Personalmente, come donna che ha affrontato il percorso di transizione di genere dal maschile al femminile, ho sempre fatto in modo di orientare il mio cammino verso la possibilità di attingere a quei mezzi politici e culturali che mi consentissero di nutrire la mia coscienza e di evadere dalla penosa prigione degli stereotipi.
Barbara X