giovedì 28 novembre 2013

violenza sessista: né rigurgito dell’arcaico, né anomalia della modernità
















di Annamaria Rivera

Ora che il femicidio e il femminicidio hanno guadagnato l’attenzione dei media e delle istituzioni, il rischio è che, costituendo un tema in voga, la violenza di genere sia usata per vendere, fare notizia, sollecitare il voyeurismo del pubblico maschile. Un secondo rischio, già ben visibile, è che la denuncia e l’analisi siano assorbite, quindi depotenziate e banalizzate, da un discorso pubblico – mediatico, istituzionale, ma anche ad opera di “esperti/e” –, costellato di cliché, stereotipi, luoghi comuni, più o meno grossolani. Proviamo a smontarne alcuni, adesso che, spentisi i riflettori sulla Giornata internazionale contro la violenza di genere, anche la logorrea si è un po’ smorzata.

Anzitutto: la violenza di genere non è un rigurgito dell’arcaico o un’anomalia della modernità. Sebbene erediti credenze, pregiudizi, strutture, mitologie proprie di sistemi patriarcali, è un fenomeno intrinseco al nostro tempo e al nostro ordine sociale ed economico. E comunque è del tutto trasversale, presente com’è in paesi detti avanzati e in altri detti arretrati, fra classi sociali le più disparate, in ambienti colti e incolti.

Del tutto infondato è il dogma secondo il quale la modernità occidentale sarebbe caratterizzata da un progresso assoluto e indiscutibile nelle relazioni tra i generi, mentre a essere immersi/e nelle tenebre del patriarcato sarebbero gli altri/le altre. Per riferire dati ben noti, nell’ultimo rapporto (2013) sul Gender Gap del World Economic Forum, su 136 paesi di tutti i continenti, le Filippine figurano al 5° posto su scala mondiale per parità tra i generi (dopo Islanda, Finlandia, Norvegia e Svezia), mentre l’Italia è solo al 71°, dopo la Cina e la Romania e in controtendenza rispetto alla maggior parte dei paesi europei.

Eppure non sempre c’è un rapporto inversamente proporzionale tra la conquista della parità di genere e la violenza sessista. Esemplare è il caso della Svezia (ma anche, in diversa misura, della Danimarca, Finlandia, Norvegia). Questo paese, da sempre in prima linea nel garantire la parità fra i generi, tanto da occupare, come si è detto, il 4° posto su 136 paesi, registra un numero crescente di stupri: negli ultimi vent’anni si sono quadruplicati, al punto da interessare una donna svedese su quattro. Ciò dipende non solo dal fatto che il numero di denunce sia aumentato rapidamente quale effetto di una crescente consapevolezza femminile, ma anche da un reale incremento dei casi.

Ancora a proposito dell’Europa e volendo fare un riferimento ormai storico, si può ricordare che un paese come la Jugoslavia, il quale all’epoca si distingueva per un livello alto di emancipazione femminile, di sicuro più elevato che nell’Italia di allora, ha conosciuto nel corso della guerra civile l’orrore degli stupri etnici. Il pene usato come arma per colpire i nemici attraverso i corpi femminili mostra, fra l’altro, la continuità tra l’odio e la violenza “etnici” e la violazione delle donne, finalizzata al loro annientamento: lo stupro nasconde sempre un desiderio o una volontà di colpire l’identità e l’integrità della persona-donna.

Ci sono ragioni varie e complesse che possono spiegare come mai in società “avanzate”, avanzi pure il numero di stupri e femicidi. Per citarne una: non tutti gli uomini sono in grado o disposti ad accettare i cambiamenti che investono i ruoli e la condizione femminile, che anzi spesso sono vissuti come minaccia alla propria virilità o al proprio “diritto” al possesso se non al dominio. La narrazione della virilità è divenuta oggi meno credibile che in passato. E molti uomini appaiono spaventati dalle rappresentazioni e dalle immagini dell’intraprendenza, anche sessuale, delle donne (più che dalla realtà di una loro autonomia effettiva, almeno in Italia, dove è alquanto debole). Questa inadeguatezza della società (maschile) si riflette anche nelle prassi delle istituzioni rispetto alla violenza di genere, spesso tardive e/o inadeguate. Per esempio, in molti casi che hanno come esito il femicidio, le vittime avevano denunciato più volte i loro persecutori.

Tutto questo per dire che il sadismo, la volontà di reificare e/o annientare le donne e gli altri sono all’opera dentro le nostre stesse società, in forme più o meno latenti, finché certe condizioni non ne rendono possibili le manifestazioni palesi. Il sistema di dominazione e appropriazione delle donne (per usare il concetto-chiave della sociologa femminista Colette Guillaumin) tende a colpire – con lo stupro o il femicidio – non solo le estranee o quelle che, come in Jugoslavia, sono state alterizzate e nemicizzate, ma anche le donne con le quali s’intrattengono relazioni d’intimità o prossimità. Basta dire che, su scala globale, il 40% delle donne uccise lo sono state da un uomo a loro vicino. E, per riferirci ancora all’Europa, secondo le Nazioni Unite la metà delle donne assassinate tra il 2008 e il 2010 lo sono state da persone cui erano legate da qualche relazione stretta (per gli uomini lo stesso dato scende al 15%).

Per tutto ciò che abbiamo detto finora, conviene diffidare degli schemi evoluzionisti e dei facili ottimismi progressisti: il pregiudizio, la dominazione e/o la discriminazione in base al genere – come quelli in base alla “razza”, alla classe, all’orientamento sessuale – non sono necessariamente residuo arcaico del passato, segno di arretratezza o di modernità incompiuta, destinato a dissolversi presto. Sono piuttosto tratti che appartengono intrinsecamente e strutturalmente anche alla tarda modernità; o forse dovremmo precisare alla modernità decadente. Per dirla nei termini delle curatrici de “Il lato oscuro degli uomini”, un libro prezioso, appena pubblicato nella collana “sessismoerazzismo” dell’Ediesse, la violenza maschile contro le donne è sia “prodotto dell’ordine patriarcale”, sia “frutto delle moderne trasformazioni delle relazioni fra donne e uomini” (p. 33).

Secondo un altro luogo comune corrente, per contrastare e superare la violenza di genere sarebbe sufficiente un cambiamento culturale, tale da archiviare finalmente i residui della cultura patriarcale e di tradizioni retrive. Una pia illusione: la Svezia può dirsi forse un paese dominato da cultura patriarcale? Insomma, se è vero che la violenza di genere è un fenomeno strutturale, come si ammette, essa è incardinata in dimensioni molteplici. Per dirla in modo succinto, il dominio maschile ha una matrice culturale e simbolica, certamente, ma anche assai materiale. Se ci limitiamo al caso italiano, il neoliberismo, la crisi del Welfare State, l’esaltazione del modello del libero mercato, le privatizzazioni, poi la crisi economica e le politiche di austerità hanno significato per le donne arretramento in molti campi. E arretramento significa perdita di autonomia, dunque incertezza di sé, maggiore subalternità e vulnerabilità.

Certo, in Italia, un contributo rilevante alla reificazione-mercificazione dei corpi femminili lo ha dato la televisione, in particolare quella berlusconiana. Per lo più volgare, sessista, razzista, è stata ed è elemento cruciale dell’offensiva contro le donne e le loro pretese di uguaglianza, autonomia, liberazione. Essa ha finito per condizionare non solo il linguaggio dei politici, sempre più apertamente sessista, ma la stessa struttura del potere politico e delle istituzioni. Per non dire dell’uso dei corpi femminili come tangenti: merci di scambio di un sistema di corruzione ampio e profondo a tal punto da essere divenuto sistema di governo. Ed è innegabile che oggi in Italia vi sia una notevole complicità della società, delle istituzioni, dell’opinione pubblica, perfino di una parte della popolazione femminile rispetto a un tale immaginario e a un simile utilizzo dei corpi femminili.

E allora non c’è niente da fare? Tutt’altro. Ma la questione va declinata anzitutto in termini politici. A salvarci non sarà il recente provvedimento – tipica misura da larghe intese – che affronta il tema della violenza maschile in termini tutti emergenziali (e accanto a misure repressive contro il “terrorismo” dei NoTav, i furti di rame e cose simili). E neppure possiamo illuderci che l’attenzione riservata a questo tema dalle istituzioni e dai media mainstream rappresenti un avanzamento certo e irreversibile. Né compete principalmente alle donne la cura (ancora una volta!) del “lato oscuro degli uomini”. A noi tutte spetta, invece, contribuire a ricostruire una soggettività collettiva libera, combattiva, consapevole della propria autonomia e determinazione. E tale da sabotare l’esercizio del dominio maschile, su qualunque scala e in qualunque ambito si manifesti.


lunedì 18 novembre 2013

italo calvino: l'arte, la musica, l'impegno - incontro, concerto e cena veg letteraria










SABATO 7 DICEMBRE, dalle 20, al circolo città futura (via Gargano 37 Catania), a conclusione del ciclo di eventi dedicati ad Italo Calvino, per il suo 90° anniversario:
-PERCORSI TRA ARTE, MUSICA E IMPEGNO nell'opera del grande intellettuale, interventi di Anna Di Salvo (Città Felice Catania) e Alberto Rotondo (circolo città futura).
-CANTACRONACHE SPERIMENTALE, Gregorio Lui interpreta le canzoni di Calvino.
-LE CITTA' INVISIBILI E ALTRE STORIE, personale fotografica di Alberta Dionisi.
-CENA VEG LETTERARIA "I LUOGHI DI CALVINO, DA CUBA ALLA TOSCANA".

domenica 17 novembre 2013

rassegna cineletterario: "un angelo alla mia tavola"


















Martedì 19 novembre, alle 18, per la rassegna cineletterario al circolo città futura, "Un angelo alla mia tavola", di Jane Campion, trascinante biografia di Janet Frame (1924), la maggiore scrittrice neozelandese vivente, che patì nove anni di manicomio e 200 elettroshock e si salvò dalla lobotomia grazie a un premio letterario. Basata sull'autobiografia in tre parti della scrittrice (Nella tua terra, Un angelo alla mia tavola, L'inviato di Mirror City) è un'opera che, dopo Sweetie e prima dell'acclamato Lezioni di piano, ha reso Campion una dei cineasti emergenti degli anni '90. Film sulla letteratura, notevole per la forte fisicità della scrittura, l'acume psicologico senza concessioni allo psicologismo, l'arte del suggerire soltanto i passaggi esplicativi, la capacità di mostrare i grandi spazi, il rifiuto del binomio romantico di genio e follia. Leone d'argento a Venezia 1990 dove, per molti, avrebbe meritato l'oro.

verso la giornata contro la violenza sulle donne, incontro con Manuela Ulivi - Cadmi






















Verso la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, sabato 23 novembre, alle 17,30, presso il salone della Camera del Lavoro di Catania (via Crociferi, 40), "Venti anni d'esperienza tra relazione e professione" incontro, promosso da "La Ragna-Tela: rete catanese di donne e uomini affinché ogni violenza sessista abbia fine", con Manuela Ulivi della Casa delle donne maltrattate di Milano (Cadmi). Intervengono Mirella Clausi, Marcella Giammusso, Biagio Tinghino, Giusi Milazzo. Introduce Anna Di Salvo.

lunedì 11 novembre 2013

catania, il piano di rientro e i suoi costi sociali

















Uno degli ultimi atti amministrativi della disastrosa gestione delle destre del Comune di Catania e` stata l`adozione, con delibera  del 2 febbraio  2013, del piano  di riequilibrio finanziario pluriennale, atto trasmesso nei tempi previsti dall`art. 243 bis del Testo Unico degli Enti Locali alla Corte dei  Conti, che con decisione del 26 settembre 2013 ne ha certificato la congruita`, facendo di questa fondamentale decisione amministrativa l`atto  che condizionera` nei prossimi dieci anni le politiche di bilancio e  le decisioni di spesa che via via l`ente potra` assumere.
Da una parte il Comune  ha evitato la dichiarazione di dissesto, dall`altra si e` impegnato a riportare in equilibrio i propri conti con un piano di rientro decennale  da circa 527 milioni di euro, da recuperare attraverso previsioni di maggiori entrate o minori spese.
Cosi` nei prossimi anni il Comune dovra`, ad esempio, sensibilmente diminuire la propria spesa per il personale, garantire la copertura tariffaria totale per i servizi di nettezza urbana,  dismettere parte del proprio patrimonio disponibile,  magari cedendolo all`apposito fondo costituito presso la Cassa Depositi e Prestiti, dismettere alcune partecipazioni strategiche e garantire la copertura  tariffaria del 36% dei costi dei servizi a domanda individuale, come ad esempio il fondamentale servizio dei 14 asili nido comunali che la precedente amministrazione addirittura voleva chiudere.
Non si tratta di impegni  di natura discrezionale, ma di obblighi legislativi a cui l`amministrazione non puo` sottrarsi.
Si tratta di un piano che andrebbe sicuramente migliorato, attraverso la previsione di una progressivita` delle contribuzioni in base al reddito, che il sistema della tariffa unica esclude interamente, ma affermare, come qualcuno fa,  che si possa  mantenere il vecchio sistema tariffario o che addirittura si possa ampliare la pianta organica degli educatori e delle educatrici comunali, facendo finta di non vedere che con l`adozione del piano di rientro tutto questo non e` normativamente possibile, significa illudere colpevolmente le lavoratrici e i lavoratori su cui gia` grava il peso insostenibile delle criminali scelte politiche e amministrative  del passato.
Un’alternativa al piano di rientro ci sarebbe, ma passa attraverso la dichiarazione di dissesto la quale, se non cambierebbe di molto i pesi sociali ed economici che tutti i catanesi saranno chiamati comunque a sopportare, avrebbe l`effetto disastroso di bloccare i pagamenti ai creditori dell`ente, privando la gia` depressa economia locale  di risorse indispensabili per qualsiasi ipotesi di rilancio del tessuto produttivo e un conseguente peggioramento delle condizioni materiali  di vita delle cittadine e dei cittadini.
Tuttavia il dissesto avrebbe comunque un “pregio”: determinando di fatto la decadenza e l`incandidabilita` degli amministratori che lo hanno determinato, renderebbe evidente a tutti  e sanzionerebbe la responsabilita` politica di chi in questi anni ha contribuito al saccheggio delle casse comunali per puri interessi clientelari e di potere.
Si tratta di responsabilita` chiare e inequivoche, di cui l`amministrazione Bianco non puo` dirsi immune poiche`, come e` noto, presenta nella sua maggioranza  significativi elementi di continuita` con le  criminali gestioni Scapagnini e Stancanelli e perche` i  partiti che la sostengono sono gli stessi che a Palermo e a Roma fanno parte di coalizioni di governo su cui grava la responsabilita` politica di avere contribuito a soffocare le finanze degli enti locali, rendendo spesso inesigibili i diritti sociali legati ai servizi pubblici essenziali che i comuni dovrebbero garantire.
Quest`ultima affermazione e` supportata da una pur sommaria analisi delle cause che hanno portato il comune di Catania sull`orlo del dissesto, cosi` come certificato dalla stessa Corte dei Conti.
Analizzando la relazione dei magistrati contabili si scopre subito, infatti,  che dei 527 milioni di euro   di cui si compone il piano di rientro, circa 202 milioni di euro  sono dovuti alla pessima gestione delle amministrazioni  del passato ( ai 140 milioni di disavanzo vanno sommati infatti i 62 milioni di accantonamenti per il ripiano dei c.d. residui attivi, crediti di dubbia esigibilita` che nel passato hanno rappresentato la principale voce contabile con cui mascherare la gestione ballerina del bilancio comunale) mentre ulteriori 139 milioni sono dovuti a previsioni di minori trasferimenti erariali, diretta conseguenza delle manovre finanziarie votate dal governo regionale e nazionale.
Come dire che le cause del dissesto sono in gran parte dovute al cocktail micidiale di pessima amministrazione locale e di criminale politica nazionale che, in ossequio ai dikat dei mercati finanziari, rendera` nei prossimi anni quasi impossibile la vita delle comunita` locali e degli enti che le amministrano.
Questa e` la dura verita` che ci raccontano i numeri; alle cittadine e ai cittadini, e principalmente a chi si propone di costruire una seria e responsabile alternativa politica e sociale, spetta il compito di riflettere su di essi e di lavorare affinche` non siano sempre i  soliti noti a dover pagare i costi sociali di questo disastro, senza demagogiche e inutili fughe in avanti e senza  altrettanto colpevoli omissioni delle responsabilita` di chi ci ha portato a questo punto.

circolo città futura

domenica 3 novembre 2013

"le città invisibili", personale fotografica di Alberta Dionisi


































in occasione del 90° anniversario di Italo Calvino, il Circolo Città Futura propone una serie di iniziative dedicate a uno dei più grandi intellettuali italiani.

VENERDì 8 novembre, dalle ore 19.30 al circolo città futura (via Gargano, 37, Catania), inaugurazione della personale fotografica di Alberta Dionisi " LE CITTA' INVISIBILI E ALTRE STORIE".
Intervento musicale di Alessandro Campanella al flauto traverso.
Letture di Mario Bonica da "Le città invisibili" di Italo Calvino.

sarà possibile visitare la personale nei mesi di novembre e dicembre durante i giorni di apertura, in tutte queste occasioni troverete anche una sala VINTAGE con le creazioni di Lukart, il bric-à-brac e una bella selezione di libri.

sabato 2 novembre 2013

falchi, circhi e politica catanese

falco legato e bendato al castello ursino

















La falconeria, ossia l’utilizzo di uccelli rapaci a scopi ludici o venatori, è un’attività esecrabile:  costringere un essere vivente, la cui esistenza dovrebbe naturalmente avere come orizzonte le azzurre e luminose praterie del cielo, a condurre la propria vita tra le scomode gabbie costruite dalla ferocia umana; la vile indifferenza di chi lo sfrutta, spingendolo ad esibirsi per il godimento di un pubblico educato alla stessa indifferenza, è un atto di crudeltà gratuita.
Per questo motivo tale attività è vietata in diversi paesi del mondo, dalla Norvegia alla Danimarca, dall’Australia alla Nuova Zelanda. In Italia la falconeria è stata bandita dalle leggi della regione Sardegna e dalla provincia autonoma di Trento.  In Sicilia, invece, tale attività non soltanto è consentita ma addirittura finanziata da diverse amministrazioni pubbliche, che spesso patrocinano spettacoli ed esibizioni indegni  di un paese civile. Tuttavia, se a Caltanissetta la ferma protesta delle associazioni animaliste e ambientaliste ha comportato l’annullamento delle manifestazioni previste, a Catania per ben due volte lo splendido scenario del Castello Ursino ha fatto da sfondo alla rappresentazione spettacolare della sofferenza e del più bieco sfruttamento degli animali, la cui preziosa esistenza e` stata asservita alla crudele indifferenza di amministratori in cerca di visibilità.
A nulla sono servite le proteste nostre e di Catania Antispecista, che per primi avevamo posto la questione sui social network, e le successive rimostranze dell’ENPA, della  LIPU, del WWF e delle altre associazioni ambientaliste.
Ma vi è un altro aspetto della questione che merita di essere sottolineato, esso attiene alla qualità umana e politica dei nostri amministratori e di  molti di coloro che dicono di voler rappresentare l’opposizione di sinistra alla giunta Bianco. Dal sindaco Bianco -  la cui elezione è stata peraltro supportata da diverse associazioni animaliste e ambientaliste, nella speranza, da molti condivisa,  di voltar pagina dopo un ventennio di disastroso governo delle destre – e dall’assessore Licandro ci saremmo aspettati, come già accaduto a Caltanissetta, una serena ammissione degli errori commessi, seguita dall’annullamento della manifestazione. Dagli altri - che hanno approfittato della nostra campagna contro la falconeria per alimentare la loro sterile, frustrata , opportunistica e fintamente ideologica vis polemica -  francamente non ci aspettavamo nulla.  E infatti nulla hanno detto e fatto per protestare contro lo scempio di civiltà che si stava compiendo davanti ai nostri occhi.
Agli uni e agli altri raccomandiamo per il futuro  maggiore rispetto e attenzione per chi, spesso solitariamente, cerca fattivamente di  cambiare lo stato di cose presenti, non attraverso inutili proclami “rivoluzionari” ma attraverso comportamenti concreti che realizzino il cambiamento, a sostegno delle mille esperienze  di resistenza culturale e politica che pure animano, spesso al di fuori delle tristi  ritualità della politica ufficiale, la vita civile della nostra bellissima e martoriata città.
Nel frattempo invitiamo tutt* a sostenere la petizione, sottoscritta già da migliaia di cittadin*, per chiedere al sindaco un’ordinanza che preveda, come già deliberato  da diversi comuni italiani, il divieto di attendamento nel territorio comunale per i circhi che sfruttano a scopo di divertimento i nostri compagni animali.

circolo città futura