lunedì 27 agosto 2012

sabato 1 settembre "l'arte è un dono" e cena spagnola






















sabato 1° settembre apertura della nuova stagione di iniziative culturali e sociali al circolo città futura, via Gargano 37 Catania.
dalle ore 20, IbrideVoci presenta "L'arte è un dono", installazione permanente di Alessia Bra.
cena con menu vegan spagnolo: tanti piatti tipici, dalla paella alla tortilla, accompagnati da sangria e sidro di mele basco biologico... tutto come sempre a prezzi popolari e con quota ridotta per studenti e disoccupati.
non mancate!!

concorsi per gli insegnanti, un inganno












Dichiarazione di Luca Cangemi, del Coordinamento Nazionale della Federazione della Sinistra.

Abbiamo più volte denunciato, in questi mesi come inaccettabile la proposta del concorso a cattedra, agitata dal ministro Profumo, senza sciogliere la vera questione della scuola italiana, cioè il risarcimento dei brutali tagli operati dalla Gelmini e confermati dal governo tecnico.
Confermiamo la nostra opinione di fronte alla proposta del Consiglio dei Ministri. Che senso ha organizzare la mastodontica e costosissima macchina di un concorso nazionale, mettendo in gioco meno di dodicimila posti? Intanto rimangono tagliati fuori decine di migliaia di precari che hanno fatto andare avanti la scuola per anni o decenni, per i quali una legge dello stato aveva previsto la stabilizzazione.
Anche le modalità che si annunciano appaiono inaccettabili: si profila un altro quizzone di massa, come se le tragiche esperienze di TFA e concorsi per presidi non avessero insegnato nulla.
Siamo dunque di fronte ad un inganno di un governo che cerca di distrarre l’opinione pubblica dal massacro sociale che sta operando e che mira a innescare un conflitto generazionale che ostacoli la necessaria lotta contro le sue scelte.
E’ necessaria adesso una forte mobilitazione contro il governo, per affermare le vere esigenze della scuola statale, per conquistare più lavoro e cultura per questo paese.

venerdì 24 agosto 2012

strisce blu ad Acicastello, doppiamente illegali
















A centinaia di cittadini catanesi e dei comuni vicini è capitato, durante le sere di questi mesi estivi, di recarsi ad Acicastello e nella zona del lungomare confinante con Catania e di ritrovare sulla propria auto una multa per sosta senza contrassegno sulle strisce blu.
Infatti il Comune di Acicastello, che già incassa ingenti somme durante il giorno dalle strisce blu poste nell'intera area balneare, prolunga fino alle 2,30 di notte l'orario della sosta a pagamento, per continuare a far cassa a spese degli ignari frequentatori della riviera, che spesso per la mancanza di illuminazione adeguata non notano i cartelli con gli orari di sosta.
Peraltro, l'intero lungomare ogni sera è invaso da posteggiatori abusivi che si avvicinano prontamente agli ignari avventori, chiedendo denaro ed apponendo sulle auto bigliettini numerati, facendo così credere che l'orario di sosta a pagamento "legale" sia finito. Il tutto senza che né il personale della società che gestisce le strisce blu e che poco dopo appone rapidamente le multe, né la polizia municipale spesso presente, intervengano.
Una situazione a dir poco vergognosa, in cui convivono fianco a fianco due diverse "illegalità": quella dei posteggiatori abusivi e quella del Comune di Acicastello, che ha istituito le proprie strisce blu in palese violazione del Codice della strada, che al comma 8 dell'art. 7 prevede la necessaria presenza di adeguate aree destinate al libero parcheggio. Aree di sosta libera del tutto assenti: oltre alle strisce blu, che riempiono per intero da ambo i lati i tre chilometri del lungomare che collega con Catania, e varie altre strade, vi sono solo divieti di sosta e zone rimozione.
Poiché già in passato numerose autorevoli sentenze, tra cui la n°116/2007 della Corte di Cassazione, hanno riconosciuto la nullità delle multe per sosta sulle strisce blu in assenza di adeguate zone di libera sosta, e vista la particolare situazione di illegalità determinata dalla gestione dell'area da parte di abusivi, il circolo città futura PRC/FdS chiede un intervento urgente da parte della Prefettura di Catania per una moratoria su tutti i verbali emessi, ed invita tutti i cittadini multati a presentare ricorso. Per ogni informazione in merito: circolocittafutura@gmail.com

mercoledì 22 agosto 2012

crocetta offende gay, lesbiche e trans






















In un’intervista, il candidato della santa alleanza PD-UDC Rosario Crocetta ha dichiarato, che se verrà eletto, rinuncerà al sesso e che, d’altra parte, non avrebbe più l’età per “certe scorribande”, lasciando trapelare una visione dell’omosessualità arcaicamente relegata in una zona posta al confine del moralmente lecito e del socialmente accettabile, una zona di trasgressioni e non una libera scelta di vita.
Una dichiarazione oltraggiosa e offensiva verso lesbiche, gay e trans, un’espressione odiosa di omofobia della peggiore specie, quella introiettata da omosessuali poco orgogliosi e da quelle stesse “checche ammucciate” che, secondo Crocetta, non tollererebbero la candidatura di un gay alla presidenza della regione.
Data la sua predisposizione a sconcertanti voltafaccia, non stupisce che, per Crocetta, Palermo valga bene una messa e che la conquista della poltrona possa giustificare improbabili conversioni sulla via di Damasco della vita proba e casta: dopo aver dichiarato di non conoscere personalmente Raffaele Lombardo, quando è stato fra i principali sostenitori del suo governo, oggi arriva a rinnegare pubblicamente se stesso, offendendo le legittime aspirazioni di chi vuole vivere la propria sessualità liberamente e alla luce del sole, con il pieno e completo riconoscimento dei diritti civili e sociali.
Forse Crocetta dovrebbe scegliere la castità del linguaggio, piuttosto che del corpo.

Collettivo lgbtq IbrideVoci

martedì 21 agosto 2012

studenti contro l'omofobia e la transfobia, flashmob a Catania

















A pochi giorni dal ferragosto, sfidando il clima torrido e, soprattutto, l'abituale indifferenza della città, un gruppo di studenti medi catanesi ha scelto di non aspettare il prossimo pride o la riapertura delle scuole per una mobilitazione studentesca e, coraggiosamente, ha organizzato, attraverso un rapido passaparola, un flash mob contro l'omofobia e la transfobia, che ha riempito via etnea e le piazze del centro di cartelli colorati e, soprattutto, di contenuti sentiti e di voglia di cambiamento.
Seduti in cerchio in piazza università, per ricordare ragazze e ragazzi vittime della violenza, come lo studente cileno Daniel Zamudio, e raccontare, anche con testimonianze dirette, gli episodi più recenti che hanno toccato da vicino la nostra realtà.
Un'iniziativa importante, che ci fa riflettere su come ogni giorno, al di là delle date rituali, ci sia bisogno di lottare contro ogni discriminazione, con quell'estemporaneità che nasce dal cuore; un'iniziativa che costituisce un punto di partenza per uno scambio fecondo tra generazioni diverse, unite dalla voglia di trasformare la società, e di contrastare insieme omofobia, transfobia, sessismo, razzismo, specismo, a partire dalla valorizzazione di tutte le differenze.



lunedì 20 agosto 2012

amministrazione Stancanelli: privatizzazione e speculazione













Dichiarazione di Luca Cangemi, coordinamento nazionale Federazione della Sinistra

Qualche volta le lunghe interviste servono a dimostrare l’assoluta assenza d’idee dell’intervistato.
E’ il caso dell'ampia intervista del sindaco di Catania, sulla Sicilia del 19 agosto.
Nessuna idea sembra emergere, in particolare, per contrastare gli effetti devastanti sulla città della crisi e delle scelte economiche del governo nazionale, del resto sostenuto dal primo cittadino.
In questo vuoto pneumatico emerge un segnale non sorprendente, ma ugualmente grave sulle scelte urbanistiche.
Il Sindaco dice che adesso tocca ai privati (cioè ai potentati economici), avendo l’amministrazione ormai fatto tutto ciò che poteva per favorirli.
 E’ la conferma di ciò che denunciamo da tempo: le scelte urbanistiche fondamentali sono state fatte, in questi anni, fuori da ogni contesto di programmazione, contro ogni controllo democratico e sociale.
La composizione d’interessi particolari e non un’idea di sviluppo della città è stata la linea ispiratrice di decisioni che rischiano di ipotecare il futuro di Catania.
Il rischio di una nuova stagione di speculazione è quindi di drammatica attualità.
E’ compito delle forze di alternativa costruire una proposta politica per contrastarla.

martedì 14 agosto 2012

legittimo l'esproprio nonviolento per la redistribuzione sociale dei beni di prima necessità

















Prendere da un supermercato nove carrelli della spesa con alimenti di prima necessità, senza passare dalla cassa per distribuirli ai più bisognosi sembra essere un reato penale; violare i diritti del lavoro, pagare prezzi da miseria agli agricoltori e affamare i contadini locali... di fronte alla legge resta impunito.

Questa è la conclusione che possiamo trarre dall'azione svolta da parte dell'Unione andalusa dei lavoratori (SAT), che martedì 7 agosto è entrata in due supermercati, Mercadona di Ecija (Siviglia) e Carrefour di Arcos de la Frontera (Cadice), ha raccolto generi alimentari di base, varcando la porta senza pagare e li ha distribuiti a gruppi di bisognosi.

A seguito di questa azione, il ministro degli Interni Jorge Fernandez Diaz ha dato l'ordine di "ricerca e arresto" per i sindacalisti che hanno compiuto l'azione nonviolenta, affermando che "siamo tutti consapevoli che le persone non se la passano bene, ma il fine non giustifica i mezzi". Anche se per Fernández sono giustificati altri mezzi: i sindacalisti non possono prendere il cibo da un supermercato per darlo ai più bisognosi, ma il PP può tagliare l'offerta di lavoro e gli stipendi dei dipendenti pubblici, aumentare l'IVA ... con l'"ipotetico" fine di "uscire dalla crisi". E'chiaro che ciò che vale per alcuni, non vale per gli altri.
Mercadona ha presentato una denuncia contro coloro che hanno compiuto tale azione, tra cui "il furto di cibo," ma è necessario chiedersi: "Chi sono i ladri?".

I supermercati negli ultimi decenni hanno generalizzato un modello di produzione, distribuzione e consumo di cibo che ha avuto conseguenze drammatiche per i contadini, il piccolo commercio, i diritti dei lavoratori e l'ambiente. Mercadona e Carrefour sono i principali esempi di queste pratiche nello stato spagnolo e condicono la classifica delle grandi aziende che dominano il settore della vendita al dettaglio. Entrambi i supermercati rappresentano quasi il 40% della quota di mercato della distribuzione alimentare, secondo i dati del 2007.

Nello stato spagnolo, solo sette catene di supermercati controllano il 75% della distribuzione di cibo. Si tratta, dopo Carrefour e Mercadona, di Eroski, Auchan, El Corte Ingles e il più grandi due gruppi di commercio all'ingrosso Euromadi (con Spar, Schlecker, Guissona ...) e IFA (con Condis, Coaliment, Supersol ...). Mai la distribuzione di cibo nelmercato è stata nelle mani di così pochi. Ciò conferisce a queste aziende un enorme potere nel decidere cosa mangiare, quale prezzo dobbiamo pagare per ciò che consumiamo e come si produce il cibo.

Inoltre, i supermercati determinano un modello di agricoltura in cui le piccole aziende a conduzione familiare non hanno posto, promuovendo un modello di agricoltura industriale intensiva e insostenibile. Il monopolio dei supermercati e la pressione sugli agricoltori ha portato ad una situazione per cui i contadini vengono pagati sempre meno per quello che coltivano.I prezzi all'origine dei prodotti agricoli si moltiplicano fino a undici volte nel prezzo finale, secondo il sindacato COAG degli agricoltori. E si stima che oltre il 60% del beneficio finale del prezzo del prodotto si concentri nei supermercati. Attualmente, nello Stato spagnolo poco più del 5% della popolazione è contadina.

Il modello di distribuzione commerciale dei supermercati comporta anche conseguenze negative per coloro che fanno parte della sua forza lavoro. I lavoratori in questi centri sono soggetti ad un modello neo-taylorista di organizzazione del lavoro caratterizzato da ritmi di lavoro intenso, attività ripetitive e di routine, che causano stanchezza, stress e malattie. Per quanto riguarda le condizioni contrattuali, salari bassi e orari atipici prevalgono, generando gravi difficoltà per i lavoratori nel conciliare il lavoro con la vita sociale e familiare.

Anche se Mercadona ha cercato di coltivare l'immagine di un azienda di famiglia, preoccupata per il benessere dei propri lavoratori e dei consumatori, come le altre grandi catene del settore è nota per imporre condizioni di lavoro inique e una politica di gestione della manodopera che si basa sul mantenimento di una pressione costante sulle prestazioni dei lavoratori. Nello Stato spagnolo, una delle principali lotte sindacali nel settore commercio si è tenuta nel 2006 proprio da parte dei lavoratori Mercadona del centro logistico di San Sadurní d'Anoia. Inoltre Mercadona ha avuto diverse sentenze contrarie, per licenziamento ingiusto e molestie sul lavoro, negli ultimi anni.

Oggi a dare spiagazioni davanti ai giudici non dovrebbero esserci i sindacalisti del SAT e Juan Manuel Sánchez Gordillo, ma il proprietario di Mercadona, Juan Roig, per le pratiche abusive di Mercadona, che gli hanno consentito di accumulare una fortuna grande il paese, e per i fili oscuri che muove dietro le quinte della politica di Valencia.

L'azione intrapresa dal sindacato del SAT sarà illegale, ma nel contesto di crisi acuta in cui siamo è del tutto legittima, mentre le condizioni di lavoro precarie saranno anche, purtroppo, legali, ma non hanno nulla di legittimo. E sempre più persone ne sono consapevoli. Per questo, di fronte alla legittimità e al supporto per queste manifestazioni, l'unica opzione è quella della repressione e criminalizzazione. Solidarietà, quindi, con quelli che non si rassegnano e continuano a lottare!

Esther Vivas
attivista politica e sociale nei movimenti altermondialisti per la sovranità alimentare e il consumo critico



sabato 11 agosto 2012

amministrazione Stancanelli: razzismo e speculazione edilizia
















Le dichiarazioni dell'assessore alle politiche (anti)sociali del Comune di Catania, Carlo Pennisi, apparse su "il fatto quotidiano" di ieri, sono la gravissima conferma del razzismo che pervade ogni decisione dell'amministrazione comunale.
"Queste persone non devono stare comode. Anzi, devono stare scomode così è più facile che decidano di andarsene. L’assistenzialismo di molte associazioni caritatevoli non serve ed è pernicioso", ha dichiarato l'assessore Pennisi, in merito alla drammatica situazione dei migranti che vivono nelle aree di corso Martiri della Libertà.
Un giudizio pesante ed offensivo su persone vittime della povertà e dell'emerginazione ed un attacco alle tante associazioni antirazziste e solidali attive in città.
"Non sono catanesi quindi il Comune non può sostenerli con il buono casa. Ad ottobre, quando avremo la certezza dell’inizio dei lavori, chiederemo l’aiuto finanziario dei privati proprietari delle aree per trovare una sistemazione in social housing o rispedirli nei loro Paesi", ha continuato Pennisi, riassumendo il vergognoso binomio tra razzismo e speculazione edilizia che caratterizza ogni iniziativa della giunta Stancanelli.
Il progetto speculativo su Corso Martiri - che prevede gigantesche cubature di cemento per nuovi insediamenti commerciali, in una città che assiste continuamente alla chiusura di moltissimi piccoli esercizi, e che eliminerà l'unica area di sicurezza in una zona ad elevato rischio sismico - ne è un chiaro esempio.
Per l'amministrazione comunale i migranti che vivono in quell'area non hanno alcun diritto di cittadinanza, non sono nemmeno persone ma oggetti da eliminare, magari con la deportazione nei paesi d'origine sponsorizzata dai partner edilizi del Comune, da un'area destinata alla speculazione.
Riteniamo che le gravi parole dell'assessore Pennisi rendano necessaria una risposta determinata da parte di tutte le associazioni e le realtà antirazziste catanesi, che operano per una città di solidarietà ed accoglienza, contro il razzismo e la speculazione.

circolo città futura PRC/FdS

domenica 5 agosto 2012

docenti soprannumerari, vittime del massacro della scuola


I dati dell’ufficio scolastico regionale sui docenti soprannumerari confermano una situazione allarmante in provincia di Catania. I docenti perdenti posto negli istituti etnei, a causa dei feroci tagli operati negi ultimi anni dai governi Berlusconi e Monti, sono 210. Particolarmente grave appare la situazione degli insegnanti tecnico pratici, che costituiscono circa il 70% del totale. Per tutti questi insegnanti, spesso con moltissimi anni di servizio alle spalle, si prennuncia un futuro difficile. Il ministero della pubblica istruzione ha, nel corso di questi mesi, proposto soluzioni assurde, dalla riconversione sul sostegno al passaggio per alcuni agli organici ATA. Soluzioni che non possono risolvere i problemi ma servono a scatenare nuove guerre tra poveri nel mondo dell’istruzione. Sullo sfondo rimane ben presente la minaccia di trasferimenti anche fuori dalla provincia di appartenenza e persino del licenziamento, prevista dalle nuove leggi sul pubblico impiego. E’ necessario una forte mobilitazione a difesa dei diritti di questi lavoratori e delle preziose competenze di cui sono portatori. Chiediamo che nell’immediato essi siano assegnati alle scuole di appartenenza mentre ribadiamo la necessità dell’abolizione delle fonti di questo come di altri disastri della scuola e del pubblico impiego: le leggi Gelmini e Brunetta.

Luca Cangemi
segretario circolo PRC conoscenza “Olga Benario”

ecofesta nazionale di Liberazione, "naturalmente"


































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venerdì 3 agosto 2012

RESISTENZE di Barbara X
















Barbara X ha presentato a Catania i suoi libri, in occasione del Queer Veggie Pride del 29 giugno scorso.
Proponiamo alcuni brani di RESISTENZE, una raccolta di brevi e interessanti scritti, che si apre con due bellissimi testi dal profondo senso antispecista: Allegoria Barricadera e Il Rospo.

Gli AGHENSTBUCS sono la materializzazione di un'utopia. Significano scrivere senza essere soggetti ad alcuna legge. Gli AGHENSTBUCS sono i libri fuori dal mercato, i miei libri, sono letteratura veramente libera e antagonista, autoprodotta e autogestita, che rifugge per ovvie ragioni l’ignominia autoritaria dell’industria culturale. Le pagine degli AGHENSTBUCS sono in carta ecologica riciclata al 100% e sbiancata senza cloro.

Resistenze: si tratta di una raccolta di racconti e scritti di vario genere i cui protagonisti sono tutti accomunati dalla volontà di – come suggerisce il titolo - resistere a questo sistema infernale. Dal toro nell’arena alla trans in strada, dal giovane poeta incarcerato in un’epoca futura perché scrive e pensa, al Rospo di Victor Hugo, nella mia traduzione del 2007, giunta 109 anni dopo quella del Pascoli, che è però incompleta e priva di passaggi fondamentali; io invece ne propongo una versione integrale, e mi auguro che altri e altre possano – come me - amare questa meravigliosa poesia in prosa, questo racconto di quel gigante dell’umanità che si chiama Victor Hugo. La seconda parte di Resistenze è dedicata a uno splendido racconto della mia amica Sara Pepi, il cui titolo è Per un albero: e anche qui, naturalmente, si apre un ampio ventaglio di spunti di riflessione.
Barbara X

leggi ALLEGORIA BARRICADERA

leggi IL ROSPO

mercoledì 1 agosto 2012

il "furto dell'informazione": ideologia della crisi e costruzione del consenso




Il tema della nostra denuncia è l'«ordine del discorso pubblico» sulla crisi. Un tema concretissimo e materiale, produttivo di fatti altrettanto concreti, che recano nomi illustri: senso comune, ideologia, consenso.

di Alberto Burgio

Immaginiamo che al tempo della disputa tra geocentrici ed eliocentrici esistesse già un sistema dell'informazione simile all'attuale (televisioni, quotidiani e rotocalchi). E supponiamo che dalla vittoria degli uni o degli altri dipendessero le condizioni di vita della gente che da quelle televisioni e da quei giornali veniva informata. Come giudicheremmo, in questa ipotesi, una informazione che avesse sistematicamente nascosto la disputa e, per esempio, rappresentato la realtà sempre e soltanto sulla base della teoria geocentrica? Di questo, a mio modo di vedere, si tratta nella lettera sul “Furto d’informazione” che abbiamo inviato a molte agenzie di stampa e ad alcuni giornali nei giorni scorsi e che il manifesto (soltanto il manifesto) ha pubblicato integralmente in prima pagina. Il tema della nostra denuncia è l'«ordine del discorso pubblico» sulla crisi. Un tema concretissimo e materiale, produttivo di fatti altrettanto concreti, che recano nomi illustri: senso comune, ideologia, consenso.
Naturalmente la crisi è fatta di dinamiche economico-finanziarie, alla base delle quali operano, sul piano nazionale e «globale», determinati assetti di potere e una determinata struttura dei processi di produzione e circolazione. Su questo terreno si sono verificate, a partire dal 2007, le vicende che hanno innescato la tempesta finanziaria. Ma la questione che subito si pone - basta un attimo per comprenderlo - è che qualunque cosa si dica a questo riguardo è frutto di interpretazioni. Soltanto persone faziose, intolleranti come Giuliano Ferrara possono pretendere che un'opinione (la loro) sia «oggettiva» e inoppugnabile. Chiunque altro converrà che ogni narrazione implica assunzioni teoriche, ipotesi e, appunto, interpretazioni.
Nel caso della crisi, semplificando al massimo, si fronteggiano due schemi interpretativi. Il primo, mainstream e prevalente sul piano politico, riconduce la crisi a due cause: la crisi fiscale (dovuta a un eccesso di spesa pubblica - i cosiddetti sprechi - in materia di welfare e di pubblico impiego) e la sproporzione tra retribuzioni e produttività del lavoro. Da qui fa discendere, a catena, la crisi dei debiti sovrani, i severi verdetti delle agenzie di rating e le decisioni dei mercati finanziari. Dopodiché la terapia è scontata: essa impone una «rigorosa» politica di tagli (santificata nel fiscal compact), licenziamenti e blocco delle assunzioni, deflazione salariale, privatizzazioni e alienazione del patrimonio pubblico, riduzione delle tutele e dei diritti del lavoro dipendente. L'idea-base di questa visione (coerente col discorso sulle «compatibilità» che da venticinque anni fa proseliti anche a sinistra) è che da mezzo secolo viviamo (più precisamente: la massa dei lavoratori dipendenti vive) «al di sopra delle nostre possibilità». La speranza che la informa è che il «risanamento» della finanza pubblica «rassicuri» i mercati e plachi la fame degli speculatori. O meglio: che questi scelgano altri obiettivi, posto che speculare è la loro ragion d'essere.
L'altra interpretazione della crisi, familiare ai lettori di questo giornale, rovescia la prospettiva. Sostiene che la crisi sia figlia dell'assenza di regole al movimento del capitale industriale (delocalizzazioni) e finanziario (speculazione), della povertà dei corpi sociali (provocata proprio dalle «terapie» propugnate dalla prima ipotesi) e della socializzazione delle perdite dei privati (a cominciare dalle banche, alle quali gli Stati hanno regalato migliaia di miliardi di euro, 4600 nella sola eurozona). Afferma che, lungi dall'essere giudici imparziali, le agenzie di rating lavorano per la privatizzazione delle democrazie (in quanto i governi obbediscono alle loro decisioni), oltre a spianare la strada alla speculazione. Ritiene che le politiche adottate dai governi servano soltanto a drenare enormi ricchezze verso le oligarchie finanziarie.
E suggerisce misure di tutt'altro segno: regolazione dei mercati (non c'è bisogno di essere in tutto d'accordo con Lenin per avere una buona opinione degli accordi di Bretton Woods); una riforma della Bce che ne faccia una vera banca centrale (come la Fed e la Bank of England, che dal 2008 acquistano massicciamente i rispettivi titoli di Stato); incremento dell'occupazione (a cominciare dal settore ambientale, dal welfare e dalla formazione) e riduzione dell'orario di lavoro per accrescere la domanda aggregata; equità fiscale (anche per mezzo di prelievi strutturali su patrimoni e rendite); drastica riduzione della spesa militare. Sottesa a questa prospettiva è la tesi enunciata di recente da Amartya Sen, secondo il quale questa crisi non è il sintomo del fallimento degli Stati, bensì l'effetto del fallimento del mercato, che gli Stati hanno provveduto a salvare. Quanto alle proposte (da tempo avanzate da autorevoli studiosi, tra cui Luciano Gallino, Giorgio Lunghini e Guido Rossi), esse dimostrano come la stucchevole litania che ne lamenta l'assenza rientri nella sistematica disinformazione che abbiamo denunciato. Ora, poniamo che questa pedestre sintesi sia accettabile: che cosa ne discende riguardo alle questioni poste dalla nostra lettera? Una conseguenza molto semplice che, come ha osservato Carlo Freccero, chiama in causa direttamente i compiti dell'informazione e, indirettamente, la qualità della nostra democrazia e le relazioni pericolose tra potere economico e potere politico al tempo della «neoliberismo globalizzato». Se è vero che esistono due letture della crisi, di entrambe queste letture la stampa ha il dovere di tenere conto. Questo dovere incombe in primo luogo sul servizio pubblico (in Italia, la Rai) e sulle maggiori testate indipendenti, sempre che esse intendano assolvere una funzione nazionale e non operare come partiti politici. Tenere conto della presenza di due posizioni contrapposte significa, in questo caso, non presentare quelle dei governi europei e delle istituzioni comunitarie come risposte obbligate, bensì, se non altro, spiegare che si tratta di scelte coerenti con una di queste posizioni, e da essa imposte. Quando un governo decide di tagliare ancora le pensioni, di cancellare l'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, di «rivedere la spesa» riducendo posti di lavoro e servizi, di aumentare la pressione fiscale sul lavoro dipendente e di alienare il patrimonio pubblico, la stampa libera di un paese democratico ha il preciso dovere di spiegare al pubblico dei non addetti ai lavori che ciò non avviene perché «c'è la crisi», ma perché questo governo considera indiscutibile la sovranità dei mercati e ritiene giusto subordinarle ogni altro interesse. Dopodiché tutto il dibattito su chi è tecnico e chi politico andrebbe, come merita, dritto in archivio. Ognuno vede che - fatte pochissime eccezioni - l'informazione non assolve questo dovere, che probabilmente nemmeno riconosce. La nostra lettera ha denunciato tale stato di cose, sottolineandone la rilevanza sul terreno democratico. E proprio perché siamo convinti del nesso che lega informazione e democrazia, abbiamo chiamato in causa anche le massime autorità dello Stato, che a nostro giudizio rischiano di venir meno all'obbligo di imparzialità nella misura in cui offrono il proprio incondizionato sostegno alle scelte politiche del governo, sposandone, per ciò stesso, le legittime ma discutibili opzioni teoriche. Siamo ingenui? Ignoriamo che tutto ciò non avviene per caso? È probabile che ogni denuncia sconti un po' d'ingenuità, ma saremmo imperdonabili qualora ritenessimo che un appello all'onestà intellettuale possa risolvere ogni problema. Vi è tuttavia un eccesso di realismo in chi ritiene inevitabile che la stampa («l'avversario») sia reticente o faziosa. Non è scritto che il servizio pubblico debba condurre battaglie di parte, e comunque non è accettabile e va denunciato. Altrimenti perché indignarsi per le censure e la disinformazione che spesso, a ragione, gli imputiamo? E perché cercare di impedirle? Quanto alla stampa indipendente, anch'essa ha qualche problema di legittimazione, e non potrebbe rivendicare apertamente il diritto di nascondere ai propri lettori una parte significativa della verità. Tra l'ingenuità e un iperrealismo che rischia di regalare alibi alla disinformazione, preferiamo credere che il confronto delle idee comporti una sfida impegnativa per tutti. Non per caso il silenzio (quello di chi semplicemente preferisce ignorare tutta questa discussione) resta la via più comoda, anche se di certo non la più nobile.

Appello
Furto d'informazione

La politica è scontro d'interessi, e la gestione di questa crisi economica e sociale non fa eccezione. Ma una particolarità c'è, e configura, a nostro avviso, una grave lesione della democrazia.
Il modo in cui si parla della crisi costituisce una sistematica deformazione della realtà e una intollerabile sottrazione di informazioni a danno dell'opinione pubblica. Le scelte delle autorità comunitarie e dei governi europei, all'origine di un attacco alle condizioni di vita e di lavoro e ai diritti sociali delle popolazioni che non ha precedenti nel secondo dopoguerra, vengono rappresentate, non soltanto dalle forze politiche che le condividono (e ciò è comprensibile), ma anche dai maggiori mezzi d'informazione (ivi compreso il servizio pubblico), come comportamenti obbligati ("non-scelte"), immediatamente determinati da una crisi a sua volta raffigurata come conseguenza dell'eccessiva generosità dei livelli retributivi e dei sistemi pubblici di welfare. Viene nascosto all'opinione pubblica che, lungi dall'essere un'evidenza, tale rappresentazione riflette un punto di vista ben definito (quello della teoria economica neoliberale), oggetto di severe critiche da parte di economisti non meno autorevoli dei suoi sostenitori.
Così, una teoria controversa, da molti ritenuta corresponsabile della crisi (perché concausa degli eccessi speculativi e degli squilibri strutturali nella divisione internazionale del lavoro e nella distribuzione della ricchezza sociale), è assunta e presentata come autoevidente, sottraendo a milioni di cittadini la nozione della sua opinabilità e impedendo la formazione di un consenso informato, presupposto della sovranità democratica.
Non possiamo sottacere che, a nostro giudizio, a rendere particolarmente grave tale stato di cose è il fatto che la sottrazione di informazione che riteniamo necessario denunciare coinvolge l'operato delle stesse più alte cariche dello Stato, alle quali la Costituzione attribuisce precise funzioni di garanzia e vincoli d'imparzialità. Tutto ciò costituisce ai nostri occhi un attacco alla democrazia repubblicana di inaudita gravità, che ai pesantissimi effetti materiali della crisi e di una sua gestione politica volta a determinare una redistribuzione del potere e della ricchezza a beneficio della speculazione finanziaria e dei ceti più abbienti assomma un furto di informazione e di conoscenza gravido di devastanti conseguenze per la democrazia.

Alberto Burgio, Mario Dogliani, Gianni Ferrara, Luciano Gallino, Giorgio Lunghini, Alfio Mastropaolo, Guido Rossi, Valentino Parlato

corso dei martiri, un colpo al futuro di Catania

















In una conferenza stampa il circolo Città Futura ha illustrato le ragioni dell’opposizione all’operazione annunciata su Corso Martiri della Libertà. Alla conferenza ha partecipato Luca Cangemi del coordinamento nazionale Federazione della Sinistra, che ha dichiarato: il progetto su Corso Martiri della Libertà rappresenta un grave pregiudizio al futuro di una città già martoriata dalla speculazione. Ancora una volta gli interessi privati e gli intenti propagandistici prevalgono sui diritti di tutti.
Appare gravissimo che se intervenga su un’area così importante del centro cittadino fuori da un progetto generale senza riguardo, in particolare, per le esigenze di sicurezza, fondamentali in un territorio a elevatissimo rischio sismico.
E’ senz’altro paradossale, inoltre, prevedere, ancora una volta, gigantesche cubature per nuovi insediamenti commerciali in una città che assiste continuamente alla chiusura di moltissimi piccoli esercizi che ne avevano caratterizzata la fisionomia.
In terzo luogo l’utilizzo previsto dell’area di Corso Martiri rappresenterebbe una pesantissima ipoteca sulla sorte del centro che vedrebbe aggravati pesantemente tutti i suoi problemi, a partire dal traffico.
I gravissimi contenuti del progetto sono diretta conseguenza delle modalità con cui è nato questo così come tutti i progetti urbanistici che sono calati su Catania in questa fase: fuori da ogni contesto di programmazione, contro ogni controllo democratico e sociale.
E’ necessario che la città si riprenda il governo del proprio territorio, che le ipotesi di assetto urbano siano messe chiaramente di fronte alle donne e agli uomini che vivono a Catania, che si affermi una progettualità rivolta a un equo sviluppo sociale e ambientale.