giovedì 28 febbraio 2013

piazza Lincoln e non solo: come opporsi alla privatizzazione urbana?















La vicenda di piazza Abramo Lincoln - spazio pubblico urbano di fatto privatizzato attraverso un contratto di sponsorizzazione tra il Comune di Catania e la C&G, che potrà gestire la piazza per alcuni anni, utilizzandola per eventi senza pagare canoni di suolo pubblico ed apponendo ovunque la propria pubblicità - rende necessaria una riflessione su come smascherare il progetto di svendita delle aree urbane che la giunta Stancanelli intende perseguire fino all’ultimo istante della sua disastrosa amministrazione.
I cittadini e le cittadine dovrebbero munirsi di adeguati strumenti critici per cogliere la differenza che passa tra processi di riqualificazione spontanei degli spazi urbani da parte di gruppi e associazioni e processi di privatizzazione e svendita di pezzi di città, ma spesso, di fronte al penoso degrado in cui versano piazze e parchi, si fa strada nel senso comune l’idea che una gestione privata possa almeno renderli più vivibili.
Del resto, quanto accade a Catania non è un fatto isolato, ma l’imposizione in versione locale dei cosiddetti processi di governance urbana, attraverso cui la gestione degli spazi passa dal controllo diffuso della politica democratica ad accordi tra gruppi amministrativi ed economici, e la sottrazione di ogni potere decisionale popolare viene “compensata” con l’istituzionalizzazione di forme di espressione considerate “antagoniste”: ne sono un piccolo esempio locale il concorso di “street design” per le strisce pedonali in piazza Lincoln o l'impiego di writers, già utilizzati per “coprire” le vicende del cantiere di piazza Europa.
È necessaria una riflessione collettiva sul come opporsi ai processi di privatizzazione: diffondere l’informazione sui processi in atto; costruire, più diffusamente, forme di riappropriazione collettiva delle aree urbane; ripensare, in prospettiva, modelli di democrazia partecipativa per Catania, capaci di invertire la pericolosa tendenza oligarchica della governance e di dar voce alle istanze popolari.

circolo città futura

lunedì 25 febbraio 2013

tante iniziative a marzo 2013


































marzo 2013: tante attività al circolo città futura
via Gargano 37 Catania

SABATO 2 MARZO
alle ore 17, 
NO AL BULLISMO! incontro plurale, differente e solidale contro ogni forma di violenza. promosso con la Ragna/tela contro la violenza.

DOMENICA 3 MARZO
dalle ore 10,30 alle 13, 
è GAPrimavera! MERCATINO del BIO e dell'ARTIGIANATO.
i prodotti del GAP, bio, a chilometro zero e prezzi popolari
e tante creazioni artigianali e in materiali di riciclo.

SABATO 16 MARZO
dalle ore 19, 
presentazione del libro di Luca Cangemi L'ELEFANTE E LA METROPOLI. L'India tra storia e globalizzazione. Ne discutono con l'autore: Ina Asero, Pina la Villa, Maria Rosa Profeta.

segue CENA INDIANA con tante specialità, dalla cucina punjabi a quella tamil.

alle ore 22, 
VEGAN CAKE CONTEST, la gara per la torta più golosa.

è GAPrimavera! domenica 3 marzo mercatino bio e artigianato
































DOMENICA 3 MARZO 2013, dalle 10,30 alle 13, al circolo città futura, in via Gargano 37 Catania, è GAPrimavera!

mercatino con tante creazioni artigianali, dalle saponette naturali a collane e bijoux, a divertenti creazioni di riciclo...

e naturalmente i prodotti del G.A.P.:
Ciambella di pane casereccio di semola di grano duro a € 0,60
Assortimento di verdure, ortaggi e frutta biologici di stagione
Legumi e frutta secca
Piante aromatiche
Olio extravergine d'oliva
Vino bianco e rosso
Conserve, confetture e marmellate

domenica 17 febbraio 2013

No al bullismo! sabato 2 marzo incontro plurale, differente e solidale contro ogni forma di violenza























gli atti di bullismo, tragicamente in aumento, non sono incidenti di percorso dell'adolescenza e non riguardano soltanto il contesto scolastico.
il bullismo è una delle forme in cui si manifesta la violenza sessista, trans/omofoba, razzista e specista che pervade una società sempre più in crisi.
vogliamo discuterne insieme, in un incontro plurale, differente e solidale in cui esprimere le nostre opinioni, condividere le nostre esperienze, per costruire iniziative efficaci contro ogni forma di violenza.
ci incontriamo sabato 2 marzo, alle 17, in via gargano 37, catania.

leggi la lettera contro il bullismo di una studentessa catanese

SAPERE e/è SAPORE: presentazione libro e cena veg letteraria











Sabato 23 febbraio, dalle ore 19, al circolo città futura, via Gargano 37 Catania, presentazione del libro di Dora Marchese SAPERE e/è SAPORE, capitoli di letteratura e gastronomia dal Risorgimento al Neorealismo. Ne discutono con l'autrice Chiara Platania e Dario Stazzone.

segue CENA VEG con le ricette della letteratura: dal trionfale timballo di pasta al forno dei Viceré di De Roberto alla cucina dei partigiani del Sentiero dei nidi di ragno di Calvino. un viaggio nel gusto a prezzi popolari come sempre!

lunedì 11 febbraio 2013

le iniziative di febbraio 2013


































tante iniziative a febbraio 2013, al circolo città futura,
via Gargano 37, Catania.

"In questo paese, in generale, la riflessione e la pratica del rispetto delle diversità e delle minoranze è debole, molto debole. Certo ci sono alcune eccezioni straordinarie, alcune nicchie disseminate, e a queste bisogna aggrapparsi. Mi è capitato di recente di essere invitata a presentare i miei libri a Catania,  da un circolo di Rifondazione comunista che si chiama ‘Città Futura’, dove ho incontrato persone con un senso dell’ospitalità e della solidarietà quasi commoventi. Ho scoperto che ‘Città Futura’ non è semplicemente una sezione di partito, ma una comunità nel senso più alto del termine, nella quale si pratica un comunismo che contempla l’antisessismo, l’antispecismo, il vegetarismo. Fra l’altro,  una buona parte degli iscritti e dei dirigenti di questo circolo è costituita da donne, e non manca qualche coppia gay. E queste persone  sono anche femministe, animaliste e vegetariane, se non vegane. Le due volte in cui sono stata invitata da loro a presentare prima il romanzetto, poi La Bella, la Bestia e l’Umano,  le serate si sono concluse con un momento conviviale e una cena, preparata da loro, rigorosamente vegana. Voglio dire che esistono delle enclave, con la loro sorprendente diversità e coerenza: è la dimostrazione concreta che si potrebbe praticare un altro modo di essere sinistra".
Annamaria Rivera, dal libro di Lorenzo Guadagnucci "Restiamo Animali", 2012

DOMENICA 17 FEBBRAIO
dalle 10,30 alle 13
(appuntamento successivo DOMENICA 3 MARZO)
G.A.P., gruppo di acquisto popolare città futura.

Il G.A.P. è una pratica di resistenza alla crisi attraverso il contatto diretto con i piccoli produttori locali, senza passare dalla grande distribuzione e abbassando i costi.
Il G.A.P. è una pratica di consumo consapevole, che permette di scegliere prodotti locali di qualità e biologici a prezzi popolari, perché mangiare bene non è un lusso ma un diritto.

LUNEDì 18 FEBBRAIO
alle ore 18, in collaborazione con Città Felice, incontro sul libro di Luisa Muraro "Dio è violent". intervengono: Anna Di Salvo, Giusi Milazzo, Chiara Platania, Alberto Rotondo, Dario Stazzone.

SABATO 23 FEBBRAIO
dalle ore 19, presentazione del libro di Dora Marchese SAPERE e/è SAPORE, capitoli di letteratura e gastronomia dal Risorgimento al Neorealismo.

segue CENA VEG con le ricette della letteratura: dal trionfale timballo di pasta al forno dei Viceré di De Roberto alla cucina dei partigiani del Sentiero dei nidi di ragno di Calvino. un viaggio nel gusto a prezzi popolari come sempre!

SABATO 2 MARZO
alle ore 17, incontro plurale, differente e solidale contro ogni forma di violenza,
NO AL BULLISMO!
gli atti di bullismo, tragicamente in aumento, non sono incidenti di percorso dell'adolescenza e non riguardano soltanto il contesto scolastico.
il bullismo è una delle forme in cui si manifesta la violenza sessista, trans/omofoba, razzista e specista che pervade una società sempre più in crisi.
vogliamo discuterne insieme, in un incontro plurale, differente e solidale in cui esprimere le nostre opinioni, condividere le nostre esperienze, per costruire iniziative efficaci contro ogni forma di violenza


domenica 10 febbraio 2013

“Se non lavoro non ho dignità”. In memoria di Giuseppe Burgarella























di Domenico Stimolo

Era un gran bel “pezzo” d’uomo Giuseppe Burgarella. A vedere la sua foto colpisce subito il suo volto aperto, lo sguardo fiero, limpido e sincero. Di combattente civile, pervaso dalle fatiche accumulate. Un viso “antico”, di manovratore di mani nel lavoro, guidate dall’arguzia dell’intelletto.
A scorrere l’album del tempo molti identici tratti si ravvisano in altri visi che hanno caratterizzato tanti luoghi simboli della Sicilia, e di tant’ altri siti universali. Del contadino che, sfidando l’ira padronale e dello stato, occupò le terre abbandonate ed incolte dei feudi, in tanti uccisi dalla mafia per lavare l’onta perpetrata. Dell’operaio, delle ferriere, dei cantieri, delle nuove fabbriche ( oggi sparite) che, riballatosi alla frusta del più bieco sfruttamento, si organizzarono per fare comune fronte. Dei minatori, delle miniere di zolfo ormai scomparse, che pativano a mille metri di profondità, assieme agli infanti che venivano utilizzati per infiltrassi negli anfratti più stretti e bui. Degli uomini utilizzati a costruire i nuovi palazzi, specie nelle fasi dei grandi sacchi dell’edilizia isolana; issati, sui ponteggi, a grandi altezze senza sostegni, sfidando le leggi della gravità. Gli uomini dei treni, le enormi torme dei migranti che, per sfuggire alla fame  e alla disperazione, abbandonavano famiglie ed affetti per andare in terre assai lontane. Sempre più a nord. Le donne piangevano, si strappavano i capelli, poi si rassegnavano, rinchiudendosi nel dolore di sempre.
Richiedevano tutti, pane, lavoro, diritti e libertà.
Oggi nell’isola la disoccupazione è molto alta, quasi stratosferica. I giovani, come già avvenne allora, partono di nuovo, a frotte. La povertà e le sofferenze prevalgono. Ognuno vive isolato la sofferenza e la sua fame. Le lotte, ormai poche  e disarticolate, sbattono contro un enorme muro. Sopra, assiso a gambe larghe, sghignazza l’indifferenza del riccastro e dei laidi manovratori. Se va bene, il licenziato, il disoccupato, si prende il limitato soldo dell’assistenza statale, poi scatta la totale disperazione.
Giuseppe Burgarella – muratore e marmista, fin dalla giovane età, 61 anni, di Guarrato (Trapani), disoccupato da tempo - impiccatosi alcuni giorni addietro, distrutto dal dolore d’essere “ cancellato” dalla società, impegnato nel sindacato della cgil e quindi ancor più “cosciente”, nel suo atto estremo, li rappresenta tutti.
Ha lasciato scritto: “ se non lavoro non ho più dignità”:
La dignità dell’onesto, riguardoso degli altri e degli ultimi senza confine, del lavoratore cosciente di confidare nella sua perizia e nel suo impegno, della scala dei diritti e dei doveri, rispettoso dei principi della legalità e della democrazia, dei valori della Costituzione, duramente conquistati.
Umiliato, nella sua essenza di essere umano, dalle destrezze dei rapaci che hanno fatto piombare il Paese e tanti cittadini nel tetro dell’angoscia, privandoli del minimo essenziale per la sopravvivenza.
Aveva ben chiaro il grave tradimento perpetrato a danno della Costituzione, e di tanti italiani. Dell’art. 1, in specie, ove si sancisce che “l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”.
A fianco al suo corpo, ormai represso, ha lasciato un foglio. Trascritto un lungo elenco. I nominativi dei senza speranza, privi di lavoro, sacrificatosi togliendosi la vita, negli ultimi due anni.
Il foglio era deposto dentro una copia della Costituzione.
“Vola”, messaggero di giustizia, estremo cantore di morte delle bieche diseguaglianze. Amico e compagno dei tanti che, non domi, lottano per un’Italia migliore, a sostegno delle linfe vitali.
Che la terra ti sia dolce e lieve.

buon compleanno brecht!





















il 10 febbraio 1898 nasceva Bertolt Brecht, lo ricordiamo con la sua

Lode del comunismo

È ragionevole, chiunque lo capisce: è facile.
Non sei uno sfruttatore, lo puoi intendere.
Va bene per te, informatene.
Gli idioti lo chiamano idiota e, i sudici, sudicio.
È contro il sudiciume e contro l'idiozia.
Gli sfruttatori lo chiamano delitto.
Ma noi sappiamo:
è la fine dei delitti.
Non è follia ma invece
fine della follia.
Non è il caos ma
l'ordine, invece.
È la semplicità
che è difficile a farsi.


sabato 9 febbraio 2013

domenica 17 febbraio e domenica 3 marzo gruppo di acquisto popolare























DOMENICA 17 FEBBRAIO e DOMENICA 3 MARZO
dalle 10,30 alle 13, al circolo città futura (via Gargano 37 Catania)
gruppo di acquisto popolare
Il G.A.P. è una pratica di resistenza alla crisi attraverso il contatto diretto con i piccoli produttori locali, senza passare dalla grande distribuzione e abbassando i costi.
Il G.A.P. è una pratica di consumo consapevole, che permette di scegliere prodotti locali di qualità e biologici a prezzi popolari, perché mangiare bene non è un lusso ma un diritto.
Al G.A.P. troverete:
Pane casereccio di semola di grano duro, in ciambelle da 1 chilo a € 1,20 e da mezzo chilo a € 0,60
Assortimento di verdure, ortaggi e frutta biologici di stagione
Legumi e frutta secca
Piante aromatiche
Olio extravergine d'oliva
Vino bianco e rosso
Conserve, confetture e marmellate
Saponette artigianali naturali

giovedì 7 febbraio 2013

Chokri Belaid e la rivoluzione tunisina, di Annamaria Rivera


















di Annamaria Rivera

Chokri Belaid, avvocato, era una figura carismatica dell'opposizione di sinistra. Chi scrive ha avuto l'onore di conoscerlo in occasione dell'assemblea del 24 aprile 2011, nel Palazzo dei Congressi di Tunisi, quella che sancì l'unificazione tra le due formazioni, che si definiscono marxiste-leniniste e panarabiste, nate dalle lotte degli anni '70: l'Mpd (Movimento dei patrioti democratici) e il Ptpdt (Partito del lavoro, patriottico e democratico). Belaid aveva denunciato più volte l'escalation della violenza politica, che rischia, diceva, di mettere in grave pericolo la transizione democratica. A più riprese aveva dichiarato d'essere stato minacciato di morte e quasi profeticamente aveva previsto: è giunto il tempo delle «liquidazioni» politiche.

Da politico acuto e lungimirante aveva colto bene il senso delle minacce ricevute e di altri eventi allarmanti. Per parlare solo dei giorni scorsi, in appena 48 ore c'erano stati almeno sei atti di violenza politica ad opera, si dice, delle famigerate «Leghe di protezione della rivoluzione» - milizie armate al servizio di Ennahda, il partito islamista che domina il governo di transizione- spalleggiate da gruppi di salafiti jihadisti. Il 1° e il 2 febbraio avevano attaccato giusto il congresso del Ppdu nel governatorato del Kef, fatto irruzione in un meeting del Partito repubblicano a Kairouan, sequestrato, a Gabes, Ahmed Nejib Chebbi, leader di questo stesso partito, aggredito un anziano militante democratico, cercato di assalire la sede centrale, a Tunisi, di Nidaa Tounes, il partito neo-bourguibista che è per Ennahda il concorrente elettorale più temibile, e saccheggiato la sua sede di Kebili. Quest'ultimo partito ha avuto il suo primo «martire» post-rivoluzione il 18 ottobre scorso: Lotfi Naqdh, dirigente locale di Tataouine, linciato a colpi di spranga e di martello, ancora una volta dalle milizie armate di Ennahda. A tutto ciò si aggiungono le aggressioni quasi quotidiane ai danni di giornalisti, fino alla più recente: due giorni fa Nabil Hajri, dell'emittente Zitouna Tv, è stato ferito gravemente a colpi d'arma bianca.

Secondo l'agenzia Afp, il fratello di Belaid avrebbe accusato apertamente Ennhada e in particolare il suo presidente, Rached Ghannuchi, quali mandanti dell'assassinio. In effetti il partito islamista è quanto meno uno dei responsabili morali della grave situazione di tensione e violenza politica che si è instaurata nel Paese. Dopo le prime elezioni democratiche, il 23 ottobre 2011, che hanno visto trionfare Ennahda, dopo la formazione dell'Assemblea nazionale costituente e del governo provvisorio di coalizione con i due partiti laici Ettakotol e Cpr, le cose sono andate di male in peggio.

Com'era prevedibile, una mobilitazione di massa vigorosa e diffusa è stata la risposta al brutale assassinio politico di Chokri Belaid, segretario generale del Partito dei patrioti democratici unificati, componente importante del Fronte popolare (Al Jabha Chaâbia). Dalla capitale fino alle località della Tunisia «profonda» da cui è partita la scintilla della rivoluzione, la gente è scesa in piazza furibonda immediatamente dopo la notizia. In alcuni casi, come a Sidi Bouzid e a Gafsa, ha tentato di prendere d'assalto commissariati e altre sedi istituzionali o d'incendiare i locali di Ennahda, nonostante gli appelli alla calma dello stesso Fronte.
Certo, come dimostra la stessa risposta a questo assassinio politico, c'è tuttora un versante progressivo della transizione costituito dal protagonismo di massa: la presa di parola collettiva, la vivacità e reattività della società civile, le rivendicazioni e i conflitti sociali che attraversano il paese, spesso nella forma di rivolte duramente represse dalle forze dell'ordine e nondimeno irriducibili. Ma sul versante del potere, delle istituzioni e della rappresentanza, il bilancio è assai magro se non disastroso. Non solo per la complicità o almeno l'indulgenza che una parte di Ennhada ha finora riservato a salafiti e predicatori wahabiti ingrassati a forza di petrodollari. Non solo perché i gravi problemi economici e sociali del paese - la disoccupazione galoppante, la precarietà drammatica, le profonde disparità regionali- non hanno trovato alcuna soluzione, se mai si sono inaspriti. Ma anche perché si è aperta una impasse drammatica sul piano propriamente istituzionale.

L'Assemblea nazionale costituente, che avrebbe dovuto redigere la nuova costituzione entro un anno dalle elezioni è in alto mare, lacerata da controversie sul ruolo dell'islam in rapporto allo Stato; e il governo provvisorio, a rigore già decaduto, è oggi attraversato da conflitti fra i tre partiti della coalizione. È perciò che Hamma Hammami, portavoce ufficiale del Fronte popolare, ha dichiarato che «la responsabilità di questo assassinio è anzitutto del potere: il governo, la presidenza della Repubblica, il ministero dell'Interno e l'Assemblea costituente», dei cui membri ha preteso le dimissioni. Non solo: ha anche invitato tutte le forze di opposizione a organizzare lo sciopero generale il giorno dei funerali di Belaid. Non c'è che da sperare che la risposta politica di massa a questo evento tragico segni la fine delle «liquidazioni» politiche e sventi i rischi del caos. E segni la svolta verso una fase della transizione che ravvivi le rivendicazioni e i principi della rivoluzione del 14 gennaio: giustizia sociale, uguaglianza e dignità.

***


Come quasi sempre allorché si tratta di paesi a maggioranza arabofona, i media italiani si distinguono, con alcune eccezioni, per sciatteria e ignoranza. Queste li hanno contraddistinti anche in occasione dell’assassinio politico di Chokri Belaid, avvocato impegnato nella difesa dei diritti umani, dirigente politico senza peli sulla lingua, figura carismatica dell’opposizione tunisina di sinistra.

Grazie a una velina passata da chissà chi, il 6 febbraio, come un sol uomo, i quotidiani mainstream, dal Corriere della Sera alla Repubblica, passando per l’Huffington Post e altri, hanno descritto Belaid come esponente politico di Nida Tounes: cioè del partito neo-bourguibista fondato da Beji Caid Essebsi, tre volte ministro e poi presidente della Camera ai tempi di Bourguiba, infine capo del secondo governo transitorio post-rivoluzione. Nell’edizione online dello stesso 6 febbraio La Repubblica ha definito Belaid non solo come massimo esponente di Nida Tounes ma anche, e nel contempo, come leader di un partito inesistente, il “Partito unificato democratico nazionalista”. Ancor più sublime Il Corriere della Sera che, senza alcuna rettifica esplicita, nell’edizione del giorno dopo si limita a spostare l’etichetta “Nida Tounes” dalla vittima al suo presunto carnefice. Forse l’attribuzione di Belaid a Nida Tounes è stata dettata dal desiderio inconscio di annacquare la biografia di questo “martire”, occultare la sinistra radicale d’ispirazione marxista cui egli apparteneva, nascondere che è anche grazie a essa che oggi il pericoloso impasse istituzionale tunisino ha ricevuto una scossa e le masse popolari – insieme con “la società civile” – sono tornate a riprendersi le piazze da protagoniste. Quali siano i loro sentimenti e aspirazioni è ben mostrato da uno degli slogan gridati nel corso delle manifestazioni spontanee che hanno percorso quasi l’intero paese subito dopo la morte di Belaid: “Il popolo vuole una nuova rivoluzione”.

E’ vero: una seconda rivoluzione sarebbe necessaria. Infatti, non potrebbe essere più profonda la frattura tra il paese ufficiale e quello reale: soprattutto il paese delle masse diseredate e abbandonate al loro destino di emarginazione, disoccupazione, precarietà, povertà, assenza di protezione sociale. Su questo versante, a due anni di distanza, niente è cambiato dopo la rivoluzione del 14 gennaio. Per meglio dire, i già gravi problemi economici e sociali e le profonde disparità regionali si sono inaspriti con la fuga degli imprenditori e dei capitali esteri, il crollo del turismo, l’aumento vertiginoso della disoccupazione e del costo della vita, l’inerzia e l’insipienza dei governi provvisori, soprattutto dell’ultimo.

Anche sul piano degli apparati giudiziario e repressivo i cambiamenti sono meno che esigui. Basta considerare i numerosi processi per reati di opinione, talvolta finiti con condanne assai pesanti, nonché la violenza e l’arbitrio che guidano la repressione poliziesca delle manifestazioni e soprattutto delle rivolte spontanee: queste ultime, un dato endemico e irriducibile del panorama sociale tunisino. Usando le parole di Fausto Giudice, piccolo editore a Tunisi e attento osservatore, potremmo azzardarci a dire, in sintesi, che è ancora in piedi il vero potere, cioè “la mafia affaristico-burocratico-poliziesca” del regime benalista, “alcuni pilastri del quale si son fatti crescere la barba”. A loro volta, i “pilastri con la barba” e i loro servitori – salafiti jihadisti e predicatori wahabiti ingrassati a forza di petrodollari – hanno potuto godere finora dell’indulgenza di una parte di Ennhadha, il partito islamista “moderato” che domina la coalizione governativa attuale. Si aggiunga che i nuovi esponenti delle istituzioni non hanno la forza e la capacità di sottrarsi alle ingiunzioni dei potenti organismi internazionali che dettano le regole dell’economia neoliberista, e non solo di essa.
La vasta e possente risposta popolare all’assassinio di Belaid ha reso possibile all’opposizione di sinistra di proporre il ritiro dei propri rappresentanti dall’Assemblea costituzionale, chiedere le dimissioni del governo provvisorio guidato da Hamadi Jebali, prospettare lo sciopero generale per il giorno dei funerali della vittima illustre: appello accolto dal resto dell’opposizione e, cosa assai rilevante, dalla stessa Ugtt. Jebali ha risposto subito proponendo un governo di tecnici che guidi il periodo di transizione fino alle elezioni, ma non è affatto scontato che il suo partito lo appoggi unanimemente. Abdelhamid Jelassi, vice-presidente e portavoce di Ennahdha, ha già dichiarato che il partito disapprova. 

Dato il quadro appena tracciato, azzardata è ogni previsione, infondati sono sia l’ottimismo ingenuo di certi commentatori tunisini che gridano alla vittoria della piazza e alla svolta politica, sia il pessimismo interessato dei profeti di sventura occidentali che evocano la guerra civile. L’unica cosa certa è che le strade e le piazze tunisine continueranno a risuonare degli slogan di folle di manifestanti che chiedono pane e lavoro, libertà e giustizia sociale, uguaglianza e dignità. A farli tacere non servirà intensificare i lanci di granate asfissianti e pallettoni da caccia. 

***

Domenica 10 febbraio, dalle 10 alle 14, si svolgerà a Roma un sit-in davanti all’Ambasciata tunisina (via Asmara 7), per stigmatizzare l’assassinio di Chokri Belaid e solidarizzare con i suoi familiari e compagni, e con i manifestanti tunisini. 


lunedì 4 febbraio 2013

incontro sul libro di luisa muraro "dio è violent"






















Lunedì 18 febbraio 2013, alle ore 18, presso il circolo città futura, via Gargano 37, Catania, in collaborazione con Città Felice, incontro sul libro di Luisa Muraro "Dio è violent".
Intervengono: Anna Di Salvo, Giusi Milazzo, Chiara Platania, Alberto Rotondo, Dario Stazzone.

A partire da una scritta su un muro, “Dio è violent…! E mi molesta”, Luisa Muraro conduce un’analisi spietata sull’uso della violenza e sul senso che assume in una società in cui è venuta meno la narrazione salvifica del contratto sociale.
In una prassi politica che tollera l’uso privatistico della cosa pubblica, il dilagare della corruzione, la logica del profitto, continuare a pensare che l’uso della violenza sia esclusiva dello Stato di diritto e che a esso ci debba sottomettere è un atto di resa e un indice di cecità intellettuale.
Poiché la politica è ancora e sempre la ricerca di un’esistenza libera, i cittadini e in particolare le donne – che sono sottoposte anche a un contratto sessuale di soggezione e di abuso – devono affrontare chi detiene il potere rivendicando una narrazione alternativa al contratto sociale.
Bisogna essere in grado di non abdicare alla propria forza, di dosarla senza perderla, accettare che essa faccia parte dell’agire politico come un sapere necessario. Bisogna essere in grado di andare fino in fondo alla propria forza di resistenza e di opposizione, pienamente responsabili della loro funzione.

Leggi le prime pagine del libro