mercoledì 30 maggio 2012

2 giugno: spalare e non sfilare!



































Terremoti e profitto non discriminano tra italiani e migranti
di Annamaria Rivera

Il terremoto non discrimina tra italiani ed “extracomunitari”, come li chiamano i razzisti inconsapevoli o comunque travestiti. Non distingue tra cittadini e meteci, tra chi ha la nazionalità italiana e chi è reputato così inferiore che la sua nazionalità è detta “etnia” (anche da giornalisti di grandi quotidiani). Il terremoto è indifferente al fenotipo, al colore della pelle, alla provenienza, alla religione, alla lingua materna. Non controlla i permessi di soggiorno. Se ne infischia dei sacri confini padani inventati dalle menti malate di malfattori in camicia verde. Le catastrofi sono cieche sicché al massimo distinguono tra borghesi e proletari. Colpiscono più spesso i secondi, soprattutto se sono operai costretti dal padrone a lavorare mentre la terra trema e con essa i capannoni mal costruiti.

La catastrofi sono come Tiresia: non vedono ma rivelano, additano verità. Smascherano le retoriche razziste dell’invasione degli alieni praticate da tribuni di ogni risma, compresi quelli a cinque stelle. Smentiscono la leggenda dell’estraneità irriducibile degli “islamici” propalata da un certo preteso campione del pensiero liberale, tal Giovanni Sartori. Mostrano che, quantunque esclusi dalla nazionalità italiana, loro e la loro progenie, i migranti appartengono al nostro stesso paese. Si spaccano la schiena nei capannoni industriali, fanno i turni di notte, lavorano in condizioni estreme nei cantieri edili e nelle campagne del Sud e del Nord, garantiscono la sopravvivenza di molte attività produttive. In definitiva contribuiscono all’economia italiana con un apporto ben superiore alla loro incidenza demografica. E non solo: i meteci cercano di riunire le loro famiglie, mandano i figli a scuola, dunque affidano all’Italia il futuro loro e della loro prole.

Fra le vittime delle due ondate sismiche in Emilia, quelle accertate finora, in maggioranza operai (e non per caso), tre erano immigrati. Tarik Naouch, cittadino marocchino, morto la notte del 20 maggio nel crollo del capannone di una fabbrica di polistirolo, la Ursa di Ponte Rodoni di Bondeno, aveva 29 anni e da ben sei lavorava in quella fabbrica. Lavorava duro, anche di notte, per poter accogliere degnamente la giovane moglie ancora in Marocco. Era bambino quando approdò in Italia con i genitori da Beni Mellal, una delle regioni più povere del paese, fucina di emigrazione a ciclo continuo fin dagli anni settanta. Nel Belpaese aveva trascorso quasi tutta la sua vita, Tarik, ma non era cittadino italiano. Eppure si sentiva così responsabile che, fuggito dal capannone alle prime scosse, aveva subito avuto un ripensamento: era rientrato in fabbrica per azionare i sistemi di sicurezza, raccontano i suoi compagni, ed è stato allora che un pilone ha ceduto e gli è crollato addosso.

Anche Mohamed Azzar, vittima della seconda ondata sismica, era un cittadino marocchino, anch’egli operaio, anch’egli morto durante il turno di notte per il crollo del capannone della fabbrica: la Meta, una ditta di meccanica di precisione, una trentina di dipendenti, nel polo industriale di San Felice sul Panaro, nel Modenese. Mohamed aveva 46 anni ed era molto conosciuto a San Felice perché era il responsabile del centro islamico. Qualcuno lo riferisca a Sartori. Coloro che incarnano “l’estraneità radicale non integrabile” sono gli stessi che lavorano duramente nei capannoni malandati dell’ex miracolo italiano. Gli dica che perfino uno così credente da dirigere un centro islamico può essere un buon lavoratore, un onestuomo rispettato e “integrato”. Gli riveli che gli “islamici” sono fatti della nostra stessa sostanza umana.

La seconda vittima del crollo della Meta è Pavan Kumar, indiano del Punjab, di minoranza sikh. Aveva solo 27 anni e due figli piccoli: una bambina di due anni e un neonato di otto mesi. Era un “ragazzo” – volendo usare il termine ridicolo con cui i media definiscono gli italiani fino ai quarant’anni – eppure in quella fabbrica lavorava da cinque anni. Da quel che raccontano compagni di lavoro e familiari, Pavan, come Mohamed, temeva di tornare in quel vecchio capannone insicuro. Ma il padrone aveva preteso che riprendessero a lavorare, malgrado il rischio enorme che si era palesato con il primo terremoto. Probabilmente Mohamed e Pavan si erano infine piegati a quell’ingiunzione assurda per timore di perdere il lavoro. Se si è immigrati, il licenziamento significa perdere non solo occupazione e reddito, ma anche il permesso di soggiorno e quell’avanzamento minimo di status che esso comporta.

Oggi i mezzi d’informazione per lo più esprimono compassione per la sorte di tutte le vittime del sisma. Alcuni arrivano perfino a chiamare con nome e cognome le vittime “straniere”, a corredare le notizie con qualche cenno alle loro biografie, sottraendole così al magma dell’alterità indistinta in cui di solito è annegata l’individualità dei migranti. Ma quanto durerà? Eppure speriamo che non siano pochi ad accogliere la lezione che la catastrofe ci consegna: della classe operaia, così negletta eppure così indispensabile e valorosa, sono parte integrante i lavoratori meteci, cioè inclusi economicamente, ma esclusi da diritti civili e politici, perfino da alcuni diritti sociali. Per ricompattare la classe, come si diceva un tempo, per renderla capace di resistere agli assalti della crisi, delle politiche di “austerità”, dei loro dissennati gestori, occorre battersi non solo contro il progetto di seppellire l’articolo 18 e altri diritti fondamentali, ma anche perché i meteci possano diventare cittadini a pieno titolo: almeno sulla carta, per cominciare.

domenica 27 maggio 2012

IbrideVoci presenta: Orgogliose R/esistenze, diciotto anni di movimento gay/lesbo/trans/queer a Catania






















giovedì 31 maggio, dalle ore 19,30, al circolo città futura, via Gargano 37 Catania
inaugurazione della mostra, a cura del collettivo LGBTQ IbrideVoci,
ORGOGLIOSE R/ESISTENZE: 18 anni di movimento gay/lesbo/trans/queer a Catania
videoproiezione "Orgogliosa Resistenza: volti e corpi del Pride", foto di Alberta Dionisi
AperiCena... una serata di incontro e socialità con bar e buffet a volontà a prezzi anticrisi



Esattamente tra un mese, si terrà a Catania un evento unico, che crediamo e auspichiamo possa essere il primo di una serie di appuntamenti in molte altre città: il 29 giugno 2012 si svolgerà il QUEER VEGGIE PRIDE, la prima festa dell’orgoglio gay/lesbo/trans antispecista.
Abbiamo pensato questa iniziativa a partire da noi, dalla nostra fondamentale prospettiva antispecista e dalla politicità della nostra scelta di orientamento sessuale, per invitare tante altre soggettività a confrontarsi ibridamente su questi temi.
Per questo, ad un mese dal Pride, che ci vedrà presenti anche al corteo del 30 giugno con uno spezzone orgogliosamente antispecista, con altrettanto orgoglio presentiamo la mostra “ORGOGLIOSE R/ESISTENZE, diciotto anni di movimento gay/lesbo/trans a Catania”: non una semplice rievocazione del passato, ma un percorso tra le nostre esperienze di militanza nel movimento lgbtq, che segni un’apertura verso le lotte del futuro.
Lotte che hanno le loro radici nelle mobilitazioni a Comiso, tra il 1982 e il 1984, quando, insieme al movimento pacifista e nonviolento e al partito comunista italiano, guidato da Pio La Torre, donne di tutta Europa, forti di una riflessione radicale sul patriarcato e la sua violenza, bloccavano con azioni nonviolente l’impianto dei missili nucleari Nato. Nel pieno della mobilitazione contro la guerra in Iraq, nel 2003, raccoglievamo il testimone delle donne che avevano saputo opporre i loro corpi e la loro resistenza alla decisione americana di installare terribili ordigni nucleari a Comiso, allestendo, con i materiali donatici da Emma Baeri, la mostra “Inventari della memoria”, di cui in questa occasione riproponiamo una parte.
Lotte che sono proseguite nel decennio successivo: le foto del primo Pride in Italia, tenutosi a Roma nel 1994, prima orgogliosa reazione a quello che sarebbe stato il ventennio del patriarcato berlusconiano, documentano la colorata ma oltremodo politica presenza delle donne del movimento lesbico. Sei anni dopo, poco prima del World Pride del 2000 che avrebbe visto oltre un milione di gioiose e dirompenti presenze nel grande corteo a Roma, il nostro circolo – con l’ormai storico striscione “libere e liberi di amare” – è tra i promotori del primo corteo cittadino dell’orgoglio lgbtq.
I primi quattro Pride del millennio costituiscono per il movimento catanese un momento determinante di confronto politico e di lotta contro ogni discriminazione, di genere, di orientamento sessuale, di razza, di diversabilità… oggi IbrideVoci propone di riaprire il confronto su questi temi, a partire dalla scelta politica antispecista, che ci caratterizza; poiché siamo consapevoli di come “il sistema capitalistico abbia portato la reificazione alle conseguenze estreme della mercificazione dei viventi” come scrive Annamaria Rivera, riteniamo fondamentale “costruire nuove pratiche che mettano radicalmente in discussione tutte le forme di violenza e sfruttamento, poiché su di esse si fondano le perverse logiche di dominio del capitale“ (manifesto politico del collettivo lgbtq IbrideVoci).
Due videoproiezioni accompagnano la mostra: “Voci Queer… IbrideVoci” - in cui spicca l’importante iniziativa contro l’omo/transfobia “una giornata particolare”, a cui il circolo città futura ha contribuito con impegno e convinzione - e “Orgogliosa Resistenza: i volti e i corpi del Pride”, con le bellissime foto di Alberta Dionisi, che colgono le emozioni e i desideri di chi ha attraversato gioiosamente le strade della città, resistendo orgogliosamente alle fanatiche alzate di scudi di un sistema politico sordo e completamente delegittimato e opponendosi ai tentativi di omologazione di un biopotere economico-finanziario che non ci vede come “corpi desideranti” ma come “segmenti di marketing”.
“Alla violenza della parola e delle pratiche dominanti vogliamo opporre l’alterità delle nostre soggettività desideranti e l’irriducibilità dei nostri corpi, contro le logiche perverse di un capitalismo che trasforma ogni corpo in merce, come accade a centinaia di donne e uomini migranti, deportati e privati di ogni dignità umana, e come accade con i corpi degli animali non umani, sfruttati, deanimalizzati e reificati, trasformati dal mercato globale in prodotto di consumo senza identità“ (manifesto politico del collettivo lgbtq IbrideVoci).
Essere gay, lesbiche, trans non significa soltanto lottare per il riconoscimento di diritti formali, ma praticare relazioni di amore e desiderio, transiti di pacifica ribellione verso un futuro di accoglienza ed armonia tra tutte le specie viventi.

sabato 26 maggio 2012

sidra, la vertenza continua




















Si è tenuta questa mattina la conferenza stampa del circolo Città Futura sulla questione della mancata restituzione agli utenti Sidra del canone « fognature e depurazione ».
Il canone – riscosso dalla Sidra dal 2006 al 2008, raddoppiando le  bollette – è stato dichiarato illegittimo dalla sentenza n.335/2008 della Corte Costituzionale nel caso di abitazioni la cui rete fognaria non sia collegata ad un depuratore, cioè – per quanto riguarda Catania – per l’80% degli utenti.
Già all’indomani della sentenza il circolo Città Futura, che fin dall’inizio aveva denunciato l’iniquità della riscossione di questo canone, si era subito attivato per permettere ai cittadini di chiedere alla Sidra il rimborso delle somme riscosse illegittimamente, consegnando moltissime richieste formali di rimborso agli uffici della società.
Un provvedimento normativo del 2009 ha imposto la restituzione del canone entro il 2013, previa autorizzazione degli ATO. Ma nonostante l’ATO competente abbia deliberato già nel 2010 la restituzione del canone, quantificandone l’ammontare complessivo in quasi 2 milioni e mezzo di euro, la Sidra non ha ancora restituito nulla agli utenti, nascondendosi dietro un ipotetico conflitto di attribuzione tra  l’ATO, la Sidra ed il Comune di Catania, che della Sidra è unico azionista.
Per questa ragione il circolo Città Futura nei giorni scorsi ha incontrato il Prefetto di Catania, che ha dichiarato che si attiverà immediatamente contattando i tre soggetti interessati, affinchè venga fatta chiarezza sulla vicenda e vengano finalmente restituite ai cittadini le somme illegittimamente loro imposte.
A conclusione della conferenza stampa, Luca Cangemi – del coordinamento nazionale della Federazione della Sinistra – ha denunciato come l’atteggiamento della Sidra sia ancor più inaccettabile in un contesto di grave crisi economica ed occupazionale, in cui la restituzione di queste somme indebitamente riscosse potrebbe dare un pur piccolo sollievo ai cittadini, già alle prese con l’aumento di altre tasse e servizi come la TARSU e l’IMU, annunciando che in mancanza di una rapida soluzione della vicenda il circolo Città Futura organizzerà un’azione legale degli utenti per pretendere dalla Sidra quanto dovuto.

martedì 22 maggio 2012

terremoto in Emilia: cassa di resistenza per la solidarietà attiva

 
 
 
 
 
 
 
 
 
I compagni e le compagne del PRC dell'Emilia-Romagna hanno organizzato una cassa di resistenza per dare solidarietà attiva alle/ai lavoratrici/lavoratori le cui fabbriche sono state distrutte dal terremoto, nonché alle famiglie dei lavoratori rimasti uccisi dal crollo dei capannoni.
I versamenti potranno essere effettuati sul conto corrente del Prc Emilia-Romagna:
PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA - COMITATO REGIONALE EMILIA-ROMAGNA
Via Menganti 8 - 40133 Bologna
IT 06 L 02008 12932 000003118146
causale: cassa resistenza terremoto

lunedì 21 maggio 2012

no all'attacco al valore legale dei titoli di studio: seminario sull'università

ATTACCO AL VALORE LEGALE DEL TITOLO DI STUDIO
E DISTRUZIONE DELL’UNIVERSITÀ PUBBLICA
Seminario di approfondimento
martedì 29 maggio, ore 19, via Gargano 37 Catania
coordina:
Luca Cangemi (segretario circolo PRC Olga Benario)
intervengono:
Giuliana Barbarino (collettivo Gatti Fisici)
Nunzio Famoso (già preside Facoltà di Lingue)
Felice Rappazzo (docente Università di Catania)
Chiara Rizzica (coordinamento precari della ricerca)



domenica 20 maggio 2012

strage di Brindisi: manifestazione contro la violenza mafiosa

 19 maggio. siamo sces* in piazza, a Catania, per Melissa e le altre giovani vittime di Brindisi, contro ogni violenza mafiosa, stragista e fascista. avevamo scelto di esserci, senza bandiere e striscioni, in silenzio, solo con i nostri volti segnati dal dolore e con i nostri corpi pronti ancora e sempre a lottare contro i poteri forti, mafiosi e criminali. abbiamo dovuto rompere il silenzio, per urlare che, come ci ha insegnato Peppino Impastato, la mafia non è neutra né incolore. abbiamo scelto di contestare il sindaco Stancanelli e non lo abbiamo fatto perché è responsabile di una disastrosa amministrazione della città, che cerca di colmare voragini nel bilancio sulle spalle delle fasce sociali più deboli, come denunciamo ogni giorno. non lo abbiamo fatto soltanto perché si è appena reso responsabile di un'ordinanza xenofoba contro i migranti lavavetri. abbiamo scelto di contestarlo perché abbiamo memoria: memoria della strategia della tensione e delle stragi fasciste, memoria delle connivenze mafiose del suo partito, quello di Berlusconi e Dell'Utri, memoria di come i poteri forti economico/affaristici/mafiosi continuino a dominare il nostro territorio. per questo continuiamo a urlare: CONTRO LA MAFIA, IL FASCISMO E LA VIOLENZA, ORA E SEMPRE RESISTENZA!

Catania in strada contro la strategia della tensione e la mafia - di Patrizia Maltese, Zenzero quotidiano 

Quando la misura è colma - di Pina la Villa, Girodivite

giovedì 17 maggio 2012

il front de gauche e le basi programmatiche della sinistra
















di Bruno Steri
Abbiamo letto il programma proposto dal Front de Gauche agli elettori francesi, sintonizzandoci mentalmente sull’auspicabile prospettiva di un programma unitario della sinistra italiana che aspiri ad una dimensione europea e che sia all’altezza di questi tempi difficili. Non perdiamo infatti il vizio di anteporre, logicamente e politicamente, i contenuti alle ipotesi di alleanza, col presupposto (purtroppo nient’affatto scontato nei fatti) che le seconde siano conseguenti ai primi.
Va precisato che un programma (anche un programma elettorale) non può essere inteso come una mera sequela di tesi e dichiarazioni d’intenti ma configura un’architettonica, un sistema di proposizioni entro cui il particolare scaturisce da visioni generali e le proposte di breve periodo si trovano ad essere incastonate in progettualità di più ampio respiro. Ciò è richiesto a maggior ragione in una fase storico-politica che tende a mettere in questione assetti (nazionali e sovranazionali) e istituti della convivenza civile – si pensi al carattere strutturale della crisi o alle incerte sorti della stessa Unione Europea – e a ridurre la polpa della dialettica politica contingente all’osso dei fondamentali. Insomma abbiamo voluto gettare un occhio un po’ più attento alla riflessione e alla proposta della sinistra d’alternativa francese, con il pensiero alle nostrane vicende italiche.
Capitale finanziario e sovranità popolare
Nell’Introduzione, il testo dei compagni francesi (d’ora in avanti ProgrammaFdG) muove da una constatazione di carattere generale: in Europa e più in generale nel mondo l’esplodere di ineguaglianze, precarietà e povertà, così come è documentato da tutte le statistiche ufficiali, nonché l’incombere sul pianeta di una vera e propria catastrofe ecologica sono stati determinati in questi ultimi decenni dal “dominio del capitale finanziario”. E’ appena il caso di ricordare che l’espressione “capitale finanziario” per un verso descrive genericamente l’attuale peculiare potere della “finanza” e quindi l’odierna torsione del sistema capitalistico a seguito della cosiddetta “finanziarizzazione” dell’economia; per altro verso, più specificatamente, denomina il fenomeno che già Lenin poneva a contrassegno distintivo dell’era “imperialista”, caratterizzata dalla fusione di capitale bancario e capitale industriale (appunto in capitale finanziario). In tale fenomeno il ProgrammaFdG isola l’azione di un soggetto sociale e politico e individua oggi l’antagonista di classe.
Il fatto che Stati e governi deleghino poteri e sovranità in omaggio a compatibilità che sono funzionali a tale dominio (esercitato prevalentemente da non eletti) rende conto del carattere a-democratico di quest’ultimo: le politiche neoliberali, con il dramma sociale che ad esse consegue, sempre di meno si alimentano di istanze egemoniche e sempre di più precipitano coercitivamente sui popoli, imposte dalla “tirannia dei mercati finanziari”. La crisi ha fatto compiere a tale processo involutivo un salto di qualità, evidenziando un impasse storico da cui lo stesso blocco sociale dominante non riesce ad uscire: “Proprio come la nobiltà del 1789 non poteva rompere con l’ Ancien Régime, il capitalismo finanziario è incapace di uscire da un sistema che rimpingua i privilegi”. E, anzi, esso reagisce rilanciando: dopo aver celebrato nel Trattato costituzionale europeo (peraltro respinto nel 2005 dal popolo francese) la supremazia dell’impresa e dei mercati, si vuol andare ancor più lontano, imponendo l’inclusione nella legge fondamentale dei singoli Stati l’obiettivo del pareggio di bilancio. Su questo punto specifico, il ProgrammaFdG è sin dall’inizio molto netto: se gli orientamenti  di cui l’indicazione di tale obiettivo è sintesi emblematica dovessero prevalere, vorrebbe dire che la sicurezza sociale è sacrificata al “regno del profitto”, l’interesse generale all’ “avidità insaziabile di alcuni”, l’equilibrio dell’ecosistema alle “esigenze del breve termine”. Ma, soprattutto, “se una tale disposizione fosse integrata nella Costituzione francese, vorrebbe dire che le pretese dei detentori del debito si imporrebbero sui nostri rappresentanti eletti”.
In questo senso, non c’è nessuna soluzione scientificamente neutra da dover far valere sui diversi punti di vista e la posta è squisitamente politica. Essa concerne il potere: “Per risolvere la crisi, occorre riprendere il potere (…). Occorre che siano eletti dirigenti che non dipendano in alcun modo dall’oligarchia finanziaria: occorre una rivoluzione dei cittadini (une révolution citoyenne)”. A tal fine, si tratta di essere consapevoli di un passaggio obbligato: bisogna rompere con i principi che ci hanno condotto nell’impasse e, quindi, con le politiche seguite dai governi in questi ultimi decenni. Ciò comporta non glissare su un delicato discrimine: “Certamente, vi sono state differenze tra la politica dei governi di destra e quella dei governi di sinistra. Ma, sfortunatamente, ci sono stati anche dei punti in comune: il confidare nell’attuale costruzione – liberale – dell’Unione Europea, la volontà di ridurre il ‘costo del lavoro’, lo smantellamento dei servizi pubblici, il rifiuto di affrontare banche e mercati finanziari. Dogmi ripetuti da partiti e media dominanti, applicati ciecamente da governi e istituzioni internazionali”. Noi vi proponiamo – insiste il ProgrammaFdG – “altre idee, altre istituzioni, altri rappresentanti”. Per questo,  “abbiamo bisogno della sovranità del popolo, la sola capace di guardare all’interesse generale”; per vincere, abbiamo bisogno della “mobilitazione delle donne e degli uomini di questo Paese”. All’inumanità del capitale il Front de Gauche contrappone l’umano: non semplicemente un’istanza etica, ma “la nostra strategia contro la crisi” (il lavorare, l’aver cura di sè, l’abitare, la formazione e la cultura).  E’ il titolo stesso del programma: Prima l’umano (“L’humain d’abord”).
Riprendere potere e risorse ai mercati finanziari
La nettezza con cui è trattata la questione del pareggio di bilancio, significativamente posta nella premessa introduttiva, torna nel corso dell’articolazione programmatica, in particolare nel secondo capitolo “Riprendere il potere a banche e mercati finanziari”: “rifiutiamo il dogma della riduzione della spesa pubblica” (che è al contrario una leva necessaria proprio nei periodi di crisi economica); e “rifiutiamo la ‘regola aurea’ dell’equilibrio di bilancio”. L’analogia tra bilancio familiare e bilancio dello Stato, sapientemente ribadita da una martellante propaganda ufficiale, è “una menzogna”: il deficit pubblico serve in realtà ad alimentare la domanda, che al contrario le politiche di austerità deprimono sciaguratamente. L’indebolimento del bilancio statale e il conseguente ricatto del debito non sono tanto scaturiti da una spesa pubblica fuori controllo. La storia di questi anni è del tutto diversa da quella raccontata dai poteri dominanti: “Nel giro di pochi anni, la finanza ha conquistato poteri esorbitanti (…). I detentori di capitale possono agire a loro piacimento su mercati borsistici metodicamente deregolati, hanno ottenuto una fiscalità a beneficio dei redditi da capitale, il diritto di sfuggire al grosso dell’imposizione fiscale, la libera circolazione del capitale finanziario nel mondo. E ora si permettono persino di ‘dare i voti’ agli Stati, consegnandoli alla minaccia delle incursioni speculative”. Tutto questo deve finire: occorre “metter le briglie alla finanza”, ma anche “disintossicare le imprese dalla finanza”. E’ ora di invertire radicalmente il disastroso percorso che ha condotto alla “deindustrializzazione del Paese” e alla “destrutturazione del mercato del lavoro”.
Come per ciascun’altra, anche all’interno di questa sezione il ProgrammaFdG indica un set di proposte, articolato in misure che potrebbero essere attivate immediatamente (“agire da subito”) e misure che richiederebbero la creazione di condizioni ad hoc (agire per un cambiamento durevole). Da notare che, mentre nel primo gruppo sono prevalentemente inclusi provvedimenti di pertinenza dello Stato nazionale, nel secondo figurano tra l’altro le proposte di cambiamento a livello europeo. Tornerò su questo: ma possiamo già qui rilevare l’esigenza di un robusto recupero di iniziativa in ambito nazionale (senza cioè che si aspetti l’evolvere del contesto continentale, pur sempre considerato essenziale).
Tra le cose che potrebbero e dovrebbero essere immediatamente concretizzate sul fronte interno figurano progetti ben conosciuti e ribaditi da Rifondazione Comunista e la Federazione della Sinistra. In particolare su tre decisivi versanti: varo di norme che blocchino o riducano in misura consistente la speculazione (veto sulla vendita di titoli allo scoperto e di prodotti speculativi ad alto rischio, interdizione degli scambi con i cosiddetti “paradisi fiscali” con pesanti sanzioni  in caso di violazioni, reintroduzione della separazione tra banche di deposito e banche d’investimento, veto su impegni bancari fuori bilancio, veto sulle stock options); creazione di un polo pubblico finanziario e per il credito (servizio pubblico a gestione democratica e con una missione di interesse generale, finalizzata al sostegno dell’occupazione e della formazione professionale, della piccola e media impresa, dell’eco-edilizia e dell’edilizia popolare, di programmi di sviluppo delle collettività territoriali; costituito attraverso la “messa in rete” di banche e istituzioni finanziarie già pubbliche – tra cui l’equivalente francese della Cassa Depositi e Prestiti – e la nazionalizzazione di banche e compagnie di assicurazione giudicate di rilievo strategico); una riforma della fiscalità generale che torni a conferire progressività al prelievo e sia selettiva e redistributrice di reddito (soppressione degli esoneri fiscali e, per converso, aumento della tassazione sui redditi finanziari delle imprese e sui redditi da patrimonio; penalizzazioni fiscali per le imprese che delocalizzano, che incrementano impegni e allocazioni speculative, che non riversano le provvidenze dell’innovazione tecnologica sul potenziamento produttivo e la creazione di nuovi posti di lavoro; agevolazioni e tassi calanti per progettualità produttive che creino lavoro e tutelino l’ambiente).
Ma una decisiva azione di contrasto alla speculazione e agli orientamenti neoliberisti dovrebbe soprattutto essere promossa in sede europea: è questa la dimensione entro cui è ineludibile operare “per un cambiamento durevole”. Ma è evidente che qui la realizzazione degli ambiziosi obiettivi proposti non dipende evidentemente solo da quel che avviene in Francia. Cionondimeno, il ProgrammaFdG è esplicito su quanto è necessario conseguire: a cominciare da misure che scardinino il libero corso della speculazione (controllo dei movimenti di capitale alle frontiere dell’Unione e tassazione delle transazioni finanziarie, sospensione della valutazione delle agenzie di rating nei confronti dei debiti sovrani di Paesi oggetto di piani di sostegno) e che, più in generale, siano capaci di mutare la natura del progetto europeo (modifica dei trattati europei e della missione della Banca Centrale Europea). Segnatamente, accanto al rifiuto della costituzionalizzazione dell’equilibrio dei bilanci statuali, va perseguita l’abrogazione del Patto di Stabilità e Crescita (Maastricht) e del Patto cosiddetto Europlus, nonché il finanziamento diretto, “per creazione monetaria”, da parte della Bce e delle Banche centrali nazionali di un Fondo per lo Sviluppo sociale, ecologico e solidale (sostitutivo del Fondo di Stabilità Finanziaria, attivato a maggio del 2010, e del successivo Meccanismo Europeo di Stabilità, in vigore a partire dal 2013), a disposizione degli Stati membri a tassi equi, finalizzato all’espansione dell’occupazione e alla qualificazione del servizi pubblici nazionali, al potenziamento della ricerca e della tutela ambientale.
Un nuovo modo di produrre: pianificazione ecologica e lavoro
Le risorse adunate a livello nazionale e – possibilmente – a livello continentale devono dunque esser messe a disposizione di un “nuovo modo di produrre” (vedi il cap. 4 del ProgrammaFdG: “Produrre diversamente”), anche sulla base di una diversificazione delle “forme di proprietà”. Che potremmo così riassumere: estensione e potenziamento strategico della proprietà pubblica (con nazionalizzazione delle grandi leve economiche), riconduzione della proprietà privata entro le finalità dell’interesse comune (che, vorrei annotare, è anche uno dei fondamenti della nostra Costituzione italiana), promozione della proprietà cooperativa (nel quadro di “un’economia sociale e solidale”). Non a caso il ProgrammaFdG  tiene a sottolineare che tale “pluralismo” intende squarciare il velo dogmatico dell’orientamento neoliberista, profuso a piene mani nei vigenti trattati europei, il quale, dietro l’apparente apertura della formula “concorrenza libera e non falsata”, mira in realtà a uniformare la produzione di beni e servizi, imponendo urbi et orbi la logica del profitto privato.
Al cuore di questo “nuovo modo di produrre” ci sono l’ “eco-sviluppo” e la riduzione del tempo di lavoro: “Rifiutiamo il modello di economia che ci viene assegnato da una divisione internazionale del lavoro pilotata dalla finanza. Vogliamo ristabilire il potenziale industriale della Francia: perché l’urgenza ecologica implica la rilocalizzazione dell’economia e l’urgenza sociale impone di combattere la disoccupazione operaia”. In tale prospettiva vanno collocate – sotto l’egida di un Polo pubblico dell’industria e della transizione ecologica dell’agricoltura, insediato territorialmente – le proposte per una ridefinizione delle “filiere manifatturiere prioritarie” (con contestuale inversione della deriva di chiusure aziendali ed esternalizzazioni), per una politica agricola che promuova una “produzione di qualità” e senza Ogm , per una gestione del territorio che favorisca la creazione di società cooperative “d’interesse collettivo” e “forme decentralizzate di proprietà sociale”, per una riduzione dei tempi di trasporto delle merci incentivata da un’apposita tassazione chilometrica (“circuiti corti di distribuzione”). Grazie anche all’attivazione di un nuovo “Indicatore di progresso umano” (che includa a pieno titolo, quali criteri di valutazione, la giustizia sociale e il rispetto dell’ambiente), si tratta in definitiva di “ri-orientare radicalmente i nostri modi di produzione, scambio e consumo”.
In tale contesto, l’urgente attenzione da prestare all’equilibrio ambientale del pianeta entra in rotta di collisione con l’irrazionalità della logica capitalistica di ricerca del massimo profitto. L’allarme per l’incipiente “catastrofe ecologica”, documentata dai dati inoppugnabili sul riscaldamento climatico, la distruzione della biodiversità, il progressivo esaurimento delle risorse naturali impongono la messa in atto di una vera e propria “pianificazione ecologica”: è questo il titolo della terza sezione del programma, che non a caso vede il ricorso ad una nozione (“pianificazione”) tornata a far capolino all’interno della letteratura ambientalista internazionale. Così, con la creazione di un polo nazionale 100% pubblico dell’energia, il ProgrammaFdG chiama la collettività a sovrintendere ad uno sviluppo ambientalmente equilibrato: stop alle politiche di deregolamentazione dell’energia, piano di transizione ecologica che reintroduca il controllo pubblico dell’energia, piano di finanziamento per la sobrietà e l’efficacia energetica e per la diversificazione delle fonti energetiche (con nuovo impulso all’uso delle fonti rinnovabili), controllo pubblico della gestione dell’acqua. Ma, soprattutto, il Front de Gauche propone l’attivazione immediata di un grande e capillare dibattito nazionale sulla politica energetica, avente come obiettivo finale l’indizione di un referendum sull’uso del nucleare civile (che serva a tematizzare tutte le possibilità, ivi compresa in particolare l’uscita dal nucleare stesso, sulla base di un’indicazione di fondo: ridurre il consumo energetico, senza abbassare il tenore di vita delle classi popolari). Anche su questo, l’impegno interno dovrà esser raddoppiato con un’azione parallela che miri alla “creazione di un analogo polo pubblico a livello europeo”.
La prima ricchezza della Francia è il lavoro umano
Come detto, il pilastro portante che sostiene il “nuovo modo di produzione” è il lavoro: “la prima ricchezza della Francia non è la finanza ma il lavoro umano”. In questo nostro resoconto abbiamo seguito un filo logico che connette le tematiche del lavoro alla sequenza ‘Istanze generali/Reperimento delle risorse/Modello sociale e produttivo’: ciò non toglie il fatto che alle specifiche tematiche del lavoro il ProgrammaFdG dedichi comprensibilmente il primo capitolo, titolato significativamente “Distribuire le ricchezze e abolire l’insicurezza sociale”. A tale sezione, giustamente posta in preminenza nella configurazione tematica prescelta, appartengono anche la problematica previdenziale e le proposte in tema di beni comuni e erogazione di servizi pubblici, secondo lo schema prevalente: salario diretto, salario indiretto, salario differito.
Si muove dalla constatazione di un’avvenuta “accumulazione di ricchezza, senza precedenti e concentrata in poche mani”, per poi tematizzare una secca inversione delle politiche del lavoro. L’idea generale è quella della riproposizione di “una logica del pieno impiego”, a partire dalla riduzione del tempo di lavoro e dall’abolizione della precarietà, da una rivalutazione globale delle retribuzioni e delle pensioni, tutelate altresì da un dispositivo di indicizzazione in relazione all’aumento del costo della vita. E’ innanzitutto auspicata la fissazione di uno scarto salariale massimo da 1 a 20 (come proposta dalla Confederazione europea dei sindacati): così che la parte alta della “scala salariale” non possa aumentare senza che contemporaneamente aumenti la parte in basso. In tale direzione vanno le misure inserite nel set “Agire subito”: reintroduzione delle 35 ore a parità di salario, diritto a pensione a 60 anni a tasso pieno, Smic (salario minimo interprofessionale, sotto il quale nessun salariato può andare) a 1700 euro lordi mensili per 35 ore (dal 1 gennaio2012, il valore dello Smic è attestato su 1398,37 euro lordi mensili), instaurazione per tutte le imprese di un salario massimo, assoluta parità retributiva di uomini e donne, sistema stabile di formazione professionale per tutte e tutti, stabilizzazione immediata degli 800 mila precari della funzione pubblica, reddito massimo annuale a 360 mila euro.
A tali provvedimenti vanno aggiunti quelli indicati nella sottosezione “Abolire la precarietà”: in primo luogo, va ristabilita “l’autorizzazione amministrativa del licenziamento”, interdicendo i licenziamenti speculativi (licenciements boursiers) e vietando la distribuzione dei dividendi per le imprese che licenziano; in caso di delocalizzazione, instaurando il diritto dei salariati a recuperare la loro impresa nella forma cooperativa. In secondo luogo, il contratto a tempo pieno e indeterminato è riaffermato come norma generale del contratto di lavoro; il lavoro a tempo determinato dovrà essere rigidamente delimitato a poche e precise fisionomie d’impiego, nonché sottoposto a un tetto massimo di utilizzo: 5% delle unità lavorative per le grandi imprese e 10% per le piccole e medie imprese (salvo deroga giustificata). Inoltre, per impedire una perpetuazione all’infinito del precariato, occorre prevedere un diritto di passaggio automatico dal tempo parziale al tempo pieno, la fissazione a 6 mesi della durata massima degli stages lavorativi, con una remunerazione equivalente alla metà dello Smic sin dal primo mese di stage.
Sul piano dei diritti essenziali (e delle provvidenze in tema di salario indiretto), oltre al mantenimento di tariffe sociali per garantire l’accesso di tutte e tutti all’acqua e all’energia, il ProgrammaFdG prevede, nell’ambito del diritto alla casa, il varo immediato di un Piano di emergenza nazionale per l’edilizia pubblica popolare (200 mila alloggi), scadenzato sulla durata di cinque anni, e con una quota specifica destinata ad alloggi per giovani e studenti; il blocco dei fitti e un piano per lo smobilizzo degli alloggi sfitti; un tetto massimo per il canone d’affitto fissato al 20% del reddito familiare; la costituzione di un’Agenzia fondiaria nazionale per una gestione pubblica dei suoli. In tema di diritto alla salute, la sottosezione “Salute, nostro bene comune!”, rilancia l’impegno per il potenziamento di un sistema sanitario fondato sulla gratuità delle cure essenziali e la prossimità dei presidi: prevedendo quindi il rimborso integrale delle spese sanitarie; il blocco della chiusura o dello smantellamento di ospedali, centri di cura e di assistenza alla maternità; la “messa in rete” delle strutture ospedaliere e dei presidi territoriali sulla base del principio della prossimità, al fine della riduzione dei tempi di attesa e di una presenza equilibrata della sanità pubblica, proporzionale alla densità abitativa; la creazione di un Polo pubblico farmaceutico che contribuisca alla produzione e all’offerta di farmaci, ne controlli sicurezza e prezzi anche sulla base di concreti poteri di sanzione, rilanci in materia la ricerca pubblica.
In definitiva, il Front de Gauche propone un generale rilancio del servizio pubblico. Sanità, educazione, protezione sociale, ricerca, energia, acqua, trasporti, telecomunicazioni, credito, casa, poste, sicurezza, giustizia: tutto questo è patrimonio della collettività, sono “i nostri beni comuni” , sottratti dal “popolo dei beni comuni” all’insidia del profitto privato. Per questo, devono essere finanziati da una fiscalità giusta, protetti dalla liberalizzazione dei mercati e dalla messa in concorrenza, affidati a una gestione pubblica efficiente e partecipata dai cittadini, supportati da un’adeguata informazione e cultura civica.
Uguaglianza e libertà
In sintonia con il progetto di giustizia sociale sin qui delineato, va costruita “l’uguaglianza dei cittadini”. Essa è sì proclamata dalla Repubblica, ma nei fatti è ancora un progetto da realizzare: contro le discriminazioni e gli attentati alla libertà che ancora perdurano, il ProgrammaFdG (capitolo 5) affida al “regime politico repubblicano” il compito di costituire “la sovranità della comunità politica, la libertà nel rispetto dell’interesse generale”. A cominciare dall’applicazione integrale del principio di laicità, inteso come “principio vivente, portatore di diritti inalienabili da garantire a ogni membro della società, che esso sia francese o straniero”. Ciò concerne la libertà di coscienza e di culto, “la neutralità dello Stato al riguardo di tutte le convinzioni filosofiche, religiose o politiche”: così che non possa accadere che una di queste sia messa all’indice proprio con il pretesto stesso della laicità (“come fa regolarmente il Fronte Nazionale a proposito della religione musulmana”). Nel contempo, è precisamente il rispetto dello spazio pubblico e della suddetta “neutralità dello Stato” ad esigere di porre un veto al finanziamento pubblico di religioni e organismi confessionali. In merito, viene ancora sottolineato l’impegno a difendere questi stessi principi di libertà e laicità nell’ambito delle istituzioni europee e, in loro nome, a contrastare l’intrusione nella politica internazionale di orientamenti pericolosi come la teoria dello ‘scontro di civiltà’ (“che divide il mondo in funzione dell’appartenenza religiosa”).
Sulla scena dell’eguaglianza è posta in primo piano “l’uguaglianza donne-uomini”, alla luce di un obiettivo secco: “Sbarazzarsi del patriarcato”. Con riferimento al versante istituzionale interno, a promuovere tale istanza, si propone la creazione di un Ministero per i Diritti delle donne e l’uguaglianza, dipendente direttamente dal Primo Ministro, “dotato di mezzi e appoggiato da delegati interministeriali”. Primi obiettivi: una legge-quadro per la lotta contro le violenze fatte alle donne e una legge per la lotta contro il sessismo, contro l’onnipresenza della pornografia e la strumentalizzazione dei corpi a fini mercantili. Sul piano europeo, si propone l’immediata attuazione della “clausola dell’europea più favorita”, sostenuta dalle associazioni femministe, attraverso cui armonizzare verso l’alto i diritti delle donne europee adottando a livello comunitario le leggi nazionali più progressiste: “la legge olandese sulla contraccezione e i diritti dei (delle) omosessuali, quella francese sullo stupro, quella belga sulla parità, quella svedese sull’aborto e il congedo parentale, quella danese sull’educazione sessuale e così via”.
In coerenza con tale impostazione generale è di seguito affrontato il tema dell’immigrazione, assai delicato per la Francia anche perchè ossessivamente agitato dalle destre: contro tutte le mitologie securitarie, viene in proposito ribadito che “l’immigrazione non è affatto un problema” e che “è ora di finirla con l’odio nei confronti degli stranieri”. Non si tratta semplicemente di un imperativo etico, ma della presa d’atto di un dato dell’oggettività: i flussi migratori non sono un’anomalia da temere ma una realtà che riguarda tutti i Paesi del mondo globalizzato e che in quanto tale va valorizzata guardando al futuro. All’immaginario xenofobo, miope e regressivo, vanno dunque contrapposte concezioni e politiche dell’accoglienza che respingano qualsiasi modello di società ghettizzata, nella consapevolezza che “la tesi dell’immigrazione zero è un mito che divide e indebolisce il nostro Paese”. In tal senso, il ProgrammaFdG assume l’impegno di una revisione in termini progressivi del Codice di entrata e soggiorno degli stranieri: “ristabiliremo il diritto alla riunificazione familiare (…), regolarizzeremo i sans papiers, depenalizzeremo il soggiorno irregolare, chiuderemo i centri di permanenza coatta, ristabiliremo il diritto al soggiorno per motivi medici, garantiremo lo scrupoloso rispetto del diritto d’asilo”.
Gli ultimi capitoli del ProgrammaFdG sono dedicati all’assetto istituzionale statuale e territoriale, agli istituti formativi e culturali (due materie di grande rilievo ma discusse prevalentemente in relazione al contesto interno), alle scelte da attuarsi in sede internazionale (trattate piuttosto sinteticamente, ancorchè non senza spunti importanti). Ad essi conviene qui accennare limitandoci a segnalare quel che può avere per noi uno specifico interesse. Quanto al primo tema, va sottolineata l’opzione antipresidenzialista e a difesa del regime parlamentare (“Contro il presidenzialismo, difenderemo il regime parlamentare: vogliamo ristabilire la primazia dell’Assemblea nazionale sull’esecutivo. I poteri esorbitanti del presidente della Repubblica devono essere soppressi”) nonché la scelta proporzionalista (“La proporzionale dovrà essere ristabilita per tutte le elezioni”) e l’impegno per il rafforzamento della democrazia partecipativa (“La democrazia partecipativa dovrà essere inscritta nella Costituzione”).
In secondo luogo, per ciò che concerne la formazione e la cultura, il ProgrammaFdG punta innanzitutto a evidenziare il carattere pubblico della missione educativa, in contrasto con quanto raccomandato dalla strategia di Lisbona (“Combatteremo la messa in concorrenza delle strutture educative e rivedremo tutte le misure che, sotto l’apparenza dell’autonomia, mirano a istituire un mercato dell’educazione. Affermiamo la necessità di una politica nazionale dell’educazione in una logica di servizio pubblico, per una vera gratuità e parità di accesso ai saperi. Agiremo perché la produzione di conoscenze e la formazione siano liberate dalla logica del mercato e della rendita finanziaria”). In questo contesto si riafferma l’obbligo scolastico per tutte e tutti (“da 3 a 18 anni”), si propone di lanciare “un piano di lotta contro le ineguaglianze sociali nella scuola”, e ci si impegna – in relazione all’insegnamento superiore e alla ricerca – a potenziare uniformemente il servizio pubblico abbandonando “i ‘frastagliamenti’, strumento di discriminazione, così come le ‘iniziative d’eccellenza’”.
Infine, in relazione alle politiche “per la pace e la cooperazione tra i popoli” – accanto alla conferma dell’impegno per una democratizzazione dell’Onu e per un processo di denuclearizzazione e disarmo multilaterale – va registrata la presenza di altri tre obiettivi programmatici ‘pesanti’: ritiro delle truppe francesi dall’Afghanistan, ritiro della Francia dalla Nato, riconoscimento dello Stato di Palestina da parte della Francia e dell’Unione Europea.
Alcune considerazioni conclusive
Come emerge da questa nostra rapida trattazione, il ProgrammaFdG è molto chiaro e netto – potremmo dire radicale – sui punti sensibili che caratterizzano gli sviluppi dell’ immediato futuro, nazionale ed europeo; e, nel complesso, prospetta un’inversione di marcia appunto radicale rispetto agli orientamenti prevalenti a destra ma anche nel centrosinistra. E, tuttavia, non vi sarebbe nulla di strano nel definirlo un misurato programma socialdemocratico, ispirato a formule tradizionali come quella che reclama ‘pace, diritti, lavoro, redistribuzione della ricchezza’. Il fatto è che, con i tempi che corrono e a fronte dell’involuzione pluridecennale delle società e delle democrazie liberali d’Occidente, anche un’impostazione riformista viene ad acquistare il senso e a richiedere il coraggio di un passaggio quasi-rivoluzionario. Tale paradossale contrasto è espresso emblematicamente nell’espressione “rivoluzione dei cittadini”, imperiosamente richiesta dalla sempre più marcata collisione tra capitalismo, nella sua odierna versione neoliberista, e istituti democratici.
Questa constatazione acquista una particolare pregnanza se si considera il pericoloso impasse in cui versa il contesto europeo. Si è visto che i provvedimenti proposti dal Front de Gauche configurano un drastico rimaneggiamento del progetto europeo e, sul piano interno, prescrivono una radicale opposizione agli orientamenti sin qui ossessivamente seguiti in sede Ue. Ciò viene senza mezze misure dichiarato, senza che tuttavia vi sia il minimo dubbio circa la necessità di confermare la prospettiva europea, la quale resta per le compagne e i compagni francesi urgente ed essenziale.
Si tratta certamente di una strada assai stretta, politicamente difficile e tuttavia inderogabile. A guardar bene, è il medesimo difficile cammino ribadito dalla sinistra più consapevole nel Paese oggi più a rischio di implosione: e cioè da Syriza in Grecia. Anche qui, in una congiuntura assolutamente eccezionale, l’opposizione più dura nei confronti delle politiche-capestro sciaguratamente imposte da Bruxelles (e Berlino) si accompagna alla dichiarazione di una mai dismessa volontà di appartenenza al consesso europeo. Ciò significa una cosa molto semplice: non è vero che appartenere all’Europa debba significare adeguarsi ai diktat liberisti (della Commissione europea, della Bce, del Fondo monetario) e accettare supinamente le politiche di austerità. Al contrario, è il dogma dell’attuale establishment – e gli interessi di classe da esso protetti – a imporre il ricatto dell’equazione ‘progetto europeo=dramma sociale’. Una strada alternativa esiste, è l’unica che possa traguardare una prospettiva di dimensione continentale (ancorchè all’insegna di “un’altra Europa”) e occorre far di tutto affinchè sia percorsa. Per questo, occorre a quel livello operare per capovolgere i rapporti di forza.
Il Front de Gauche prova a farlo – nel suo Paese, nella sinistra europea, nel Gue – a partire dai suoi contenuti programmatici. Ciò può avvenire grazie a due opportunità decisive, concretizzatesi nell’ambito dello stesso panorama politico transalpino. La prima è data dall’aver costruito risolutamente una risposta all’ “esigenza di reinventare la sinistra”, poggiando sulla chiarezza dei contenuti e sul protagonismo popolare: “Creando il Front de Gauche, i militanti dei partiti e delle formazioni che lo compongono – ce ne sono ormai sei (Gauche Unitaire, Parti comuniste Français, Parti de Gauche, Convergences et Alternative, Fédération pour une Alternative sociale et écologique, République et Socialisme) – hanno scosso le loro abitudini e si sono uniti per mettersi all’altezza di questo momento eccezionale”. Penso che Il ProgrammaFdG sia lì a testimoniare la scelta di classe e la conseguente idea di un’altra società, profondamente diversa dal capitalismo vigente, quali elementi distintivi del profilo identitario e programmatico assunto dal suddetto raggruppamento politico.
La seconda opportunità è stata offerta dal prevalere di un candidato socialista alla massima carica della Repubblica francese che, nel suo programma, promette tra l’altro di: opporsi “in Europa a quei nostri dirigenti che si sono rassegnati all’austerità e sono stati incapaci di dominare la finanza”, di “riorientare l’Europa rinegoziando il trattato d’austerità” (o Fiscal compact), di costituire in Francia “una banca pubblica di investimento per lo sviluppo delle nostre imprese”, di “modulare l’imposta sulle società a seconda che il beneficio sia reinvestito oppure distribuito agli azionisti”, di “mettere le banche al servizio dell’economia” separando “le attività di credito da quelle legate alla speculazione”, di “riformare la fiscalità, tassando le remunerazioni indecenti del 75% oltre il milione di euro l’anno e ristabilendo l’imposta sulla ricchezza”, di promuovere “una nuova riforma previdenziale, dando a coloro che avranno contribuito per la totalità dei loro anni di servizio il diritto di andare in pensione a 60 anni”, di “lottare contro le discriminazioni e il razzismo”, di “portare alta la voce della Francia nel mondo, rompendo in Africa con pratiche d’altri tempi, sviluppando relazioni con la riva Sud del Mediterraneo e agendo per la pace in Medio Oriente, ritirando le nostre truppe dall’Afghanistan entro il 2012” (citazioni riprese dal programma di François Holland). Certo, non è il programma del Front de Gauche; e non sempre le promesse elettorali si traducono in fatti concreti, una volta poste alla prova del governo e delle presumibili mediazioni che il suo esercizio comporta. Cionondimeno, le suddette opzioni programmatiche sono comprensibilmente bastate per consentire al Front de Gauche di far arrivare a Hollande l’appoggio elettorale al secondo turno delle presidenziali e fornire in questo modo un contributo determinante per il suo successo. Sarà ora compito del Front de Gauche medesimo di vigilare e provare ad ancorare a sinistra l’azione dell’attuale premier.
Chiudo notando che ad oggi nessuna delle due opportunità si è ancora profilata nel nostro Paese. La sinistra di alternativa (comunista, di sinistra, di movimento) non riesce a trovare il bandolo dell’unità (e gli appelli in tal senso, senza un serio approfondimento programmatico proposto e condiviso, temo che siano destinati a lasciare il tempo che trovano). Per altro verso, un Partito Democratico senz’anima e, nonostante la parziale tenuta elettorale, in evidente crisi di identità appoggia un governo di destra, la cui filosofia appare non a caso agli antipodi di quella appena richiamata e contenuta negli obiettivi programmatici del socialista François Hollande. Nel frattempo, il 2013 si avvicina: e forse non siamo ancora fuori tempo massimo.
(Bruno Steri è responsabile dell’Ufficio di Programma di Rifondazione Comunista – FdS)

mercoledì 16 maggio 2012

GAP città futura a San Gregorio, per la Giornata dell'ecosostenibilità e della solidarietà























Domenica 20 maggio, dalle ore 17, il gruppo di acquisto popolare città futura partecipa alla Prima giornata dell’ecosostenibilità e della solidarietà che si terrà in  Piazza Immacolata a San Gregorio di Catania. Anche in questa occasione, il GAP proporrà un'ampia scelta di prodotti a chilometro zero e prezzi popolari: frutta e verdure bio, uova bio, pane casereccio, olio, vino, formaggi, mandorle, liquori artigianali, marmellate... troverete anche le PATATE SOLIDALI DI CASSIBILE, fornite da produttori che aderiscono alla campagna delle Rete Antirazzista "Io non assumo in nero" e che garantiscono l’assunzione in regola dei migranti stagionali.





lunedì 14 maggio 2012

gruppo di acquisto popolare: domenica 20 maggio ultimo appuntamento della stagione



































DOMENICA 20 MAGGIO ultimo appuntamento della stagione con il gruppo di acquisto popolare città futura, dalle 10,30 alle 13 in via Gargano 37, Catania.
TANTI NUOVI PRODOTTI dell'azienda "ALBEROLUNGO": uova bio, frutta e tante verdure bio... e come sempre pane, olio, vino, formaggi, mandorle e tanto altro a chilometro zero e prezzi popolari.
Al GAP troverete anche le PATATE SOLIDALI DI CASSIBILE, fornite da produttori che aderiscono alla campagna delle Rete Antirazzista "Io non assumo in nero" e che garantiscono l’assunzione in regola dei migranti stagionali.
Il GAP tornerà dopo l'estate con tante altre novità....

domenica 13 maggio 2012

l'alternativa sociale e politica scende in piazza


















di Alberto Rotondo

Conosco bene le insidie del linguaggio retorico e i pericoli che si nascondono  nell’uso demagogico delle emozioni delle folle, così come avverto fortissimo il ritorno della barbarie fascista proprio nel successo crescente  dei  vari piccoli o grandi tribuni  che cavalcano le paure di milioni di donne e di uomini, a cui la crisi sta rubando il futuro.
Tuttavia, siccome ieri ho vissuto un’intensa emozione, e forse perché mi è impossibile liberarmi dagli schematismi  della mia mente maschile, chiedo a chi leggerà queste note un minimo di comprensione se esse appariranno retoriche.
Ieri l’Arco di Trionfo e il Foro romano non ha accolto plebi impaurite e tribuni vocianti, ma la realtà dei corpi di decine di migliaia di compagn*, venut* da tutta Italia non ad acclamare un leader o ad assistere allo show del comico cripto-fascista di turno, ma a manifestare i desideri e le speranze di un intero popolo.
Un popolo di donne, uomini, anziani e tantissimi giovani, in connessione ideale con i milioni di europei  che alle scorse elezioni presidenziali in Francia e alle elezioni politiche greche hanno dato uno schiaffo alle tecnocrazie finanziarie che governano oggi l’Europa.
E’ una realtà che nemmeno la più bieca censura di regime potrà cancellare.
Ieri dal palco del Colosseo si è elevata forte la voce di Vassili Primirikis, della segreteria nazionale di SYRIZA, una voce  che ci raccontava di un popolo stremato, usato come cavia nella vivisezione di massa praticata delle politiche neoliberiste della Troika. I greci infatti stanno sperimentando sulla loro pelle la catastrofe sociale e economica che si abbatterà sugli altri popoli di Europa, se verranno approvate le regole stringenti del cosiddetto fiscal compact.
Ma la voce emozionata del compagno Vassili ci ha parlato anche di altro: ci ha parlato di un popolo che resiste, che ha votato massicciamente le forze di sinistra che si oppongono ai diktat di Berlino e Francoforte e che si candida a  rappresentare un’alternativa sociale e politica, un’alternativa di governo.
A Roma, emozionati, abbiamo sentito anche la voce di Pierre Laurent, segretario generale del Partito Comunista Francese in rappresentanza del Front de Gauche, che si è opposto alla marea montante fascista e xenofoba della destra francese, ha rotto l’asse di ferro Merkel - Sarkozy contribuendo in maniera decisiva alla vittoria di Hollande, e si appresta  a lanciare una sfida di sinistra e di alternativa alla dittatura dei mercati e dei tecnocrati di governo, sin dalle prossime elezioni legislative.
In questo contesto,  l’appello alla speranza di Paolo Ferrero che ci invitava, quasi con accenti giovannei, a tornare nelle nostre case con la serena consapevolezza che anche in Italia un’alternativa sarà presto possibile  e che saremo noi a costruirla, le calde e applauditissime esortazioni unitarie di Cesare Salvi o l’analisi severa di Oliviero Diliberto sulla possibilità di vincere a sinistra la lotta per l’egemonia, non sono apparsi per la prima volta come voci dissonanti di una sinistra frammentata, confusa e inconcludente.
L’unità a sinistra non è un’opzione organizzativa ma una necessità, e il popolo del Colosseo ne è consapevole. Tuttavia l’unità non può essere costruita attorno a programmi vaghi e nei fatti subalterni alle politiche neoliberiste che stanno affamando l’Europa.
Il governo Monti gode di un’ampia maggioranza parlamentare che ha già votato il principio di pareggio di bilancio in costituzione e si appresta a ratificare, in contemporanea con la Germania della Merkel il fiscal compact.
Non sono d’accordo con chi dice che il PD sia confuso, ondivago, privo di un’identità e di chiari obiettivi programmatici. Il Partito Democratico, con i voti dei suoi parlamentari e l’appoggio al governo, sta contribuendo a stravolgere gli assetti costituzionali di questo paese,  ha approvato la controriforma delle pensioni che ha elevato l’età pensionistica a 67 anni e si appresta a sostenere la controriforma del lavoro con lo stravolgimento dell’art. 18.
Credo che si possano nutrire ben pochi dubbi sulla natura e l’identità di quel partito e sugli interessi che rappresenta, non certo quella delle lavoratrici e dei lavoratori, dei disoccupati e di quella stragrande maggioranza di persone che stanno subendo la crisi economica e i ricatti dei mercati. Ne siamo ancora di più consapevoli soprattutto qui in Sicilia, dove il PD governa alla Regione con l’MPA di Lombardo, inquisito per voto di scambio e collusioni con la mafia.
Ma da ieri una nuova forza è in campo, la forza che con Giorgio Cremaschi  ha invitato i sindacati non a una sfilata inutile a Roma il 2 giugno, come hanno annunciato CGIL-CISL-UIL, ma a un grande sciopero generale che paralizzi per una giornata il paese e dia forza  e consistenza  a un progetto alternativo.
E’ questa la speranza del popolo del Colosseo, il nostro popolo.

giovedì 10 maggio 2012

oltre la crisi: la forza e le pratiche delle donne





















La forza e le pratiche delle donne oltre la crisi
Venerdì 11 maggio 2012 – ore 17.00 Aula 67 ex Monastero dei Benedettini Piazza Dante - Catania

ne discutono con
Annarosa Buttarelli Docente di Filosofia dell’Università di Verona e della comunità filosofica Diotima di Verona 
Antonella Cunico - Associazione Femminileplurale di Vicenza,
Giusi Milazzo - Segretaria provinciale SUNIA,
Rosa Maria Di Natale - giornalista e docente di giornalismo
Coordina Anna di Salvo - La Città Felice

C’è una preferenza femminile per le relazioni sperimentata e provata storicamente dove c’è superiorità del pensiero politico e non prevalenza dei rapporti di forza. Attraverso l’analisi della parola economia (Oikonomìa in greco = conduzione equilibrata della casa), scopriamo che nella Grecia classica “l’economia” era legata a un principio che nasce come sapere e non come potere.

Letture consigliate: “Sovrane” di Annarosa Buttarelli e “Per un’Altra Città” di Antonella Cunico da Potere e Politica non sono la stessa cosa (Liguori ED., 2009) Penelope a Davos – Idee femministe per un’economia globale. Quaderni di Via Dogana – Libreria delle donne di Milano (2011) La vita alla radice dell’economia a cura di Vita Cosentino e Giannina Longobardi – MAG, 2007

lunedì 7 maggio 2012

imu e tarsu, il comune fa cassa sulle spalle delle fasce sociali più deboli


































In un'intervista di qualche giorno fa, il sindaco di Catania, Stancanelli, ha affermato esplicitamente e senza vergognarsi di voler far cassa, per tappare i buchi di bilancio del comune, utilizzando la TARSU e l'IMU. A pagare i tagli agli enti locali e i buchi provocati da anni di malgoverno del centrodestra saranno sempre le fasce sociali più deboli.
Infatti, esattamente come avevamo previsto lo scorso agosto, i nuovi avvisi di pagamento per la tassa sui rifiuti solidi urbani del 2012 sono già stati inviati ai cittadini catanesi, costretti a PAGARE LA TARSU PER TRE VOLTE CONSECUTIVE IN UN ANNO E MEZZO, con un esborso per nucleo familiare (con una sola normale e modesta abitazione) che va dai 450 ai 1.500 euro.
Lo stesso accadrà per l'IMU: tra poche settimane sarà noto quale aliquota sarà applicata dal comune di Catania, e certo non si tratterà della più bassa.
Negli scorsi mesi centinaia di cittadini hanno firmato la petizione popolare promossa dal circolo città futura per chiedere l'applicazione di misure anticrisi sulla tarsu, come le riduzioni in base al reddito o in caso di improvvisa perdita del lavoro. Il Comune continua ad andare nella direzione opposta, con continue riscossioni!
Rispetto all'IMU - una misura vergognosa imposta dal governo dei banchieri a cui ci siamo da subito opposti, chiedendo invece una PATRIMONIALE che colpisca le grandi ricchezze e non la prima casa, acquisita spesso con enormi sacrifici e mutui ancora da pagare - i comuni hanno il potere di ridurre l'aliquota sulla prima casa al minimo. L'orientamento dell'amministrazione di centrodestra va evidentemente nella direzione opposta: rastrellare soldi sulle spalle dei cittadini, già duramente colpiti da crisi e disoccupazione!
Continuiamo ad opporci all'arroganza e al malgoverno, continuiamo a mobilitarci a difesa delle fasce sociali più deboli, sempre costrette a pagare i costi della crisi!

domenica 6 maggio 2012

integrazione persone disabili: sempre più a rischio nelle scuole




















Luca Cangemi, segretario del circolo PRC “Olga Benario” ha denunciato in una conferenza stampa la grave situazione che si sta determinando riguardo all’integrazione scolastica delle persone con disabilità:

“I tagli di organico degli ultimi anni hanno colpito profondamente un modello di integrazione che aveva riscosso anche riconoscimenti internazionali. Le realtà meridionali hanno in particolare pagato un prezzo pesantissimo. A Catania registriamo - soprattutto nelle scuole dei quartieri periferici - la situazione di classi, dove sono concentrati diversi allievi con disabilità, d’insegnanti costretti a dividersi su più situazioni con una dotazione oraria largamente insufficiente, di ragazzi con problematiche assai gravi cui è negato il rapporto frontale previsto dalla legge e ribadito più volte da sentenze della magistratura. Inoltre si sconta una situazione sempre più grave sul piano dell’assistenza igienico-sanitaria di pertinenza degli enti locali, dove gli operatori percepiscono gli stipendi con ritardi inammissibili e si prepara una forte diminuzione delle prestazioni. Questa situazione complessiva non solo non è affrontata dall’attuale governo ma, addirittura, per il prossimo anno scolastico si annunciano nuovi tagli e si cerca di scaricare sul sostegno ai disabili ulteriori pesi. E’ grave in particolare il decreto emesso negli scorsi giorni con cui si tenta di costringere i docenti soprannumerari a frequentare un corso-farsa per essere riconvertiti in insegnanti di sostegno.
Stiamo parlando di diverse migliaia d’insegnanti di ruolo, con lunga esperienza nelle proprie discipline, che sono rimasti senza cattedra per gli effetti nefasti dei tagli della riforma Gelmini e che adesso si vorrebbe indurre, con neanche tanto velate minacce, a frequentare un corso di poche ore, dai contorni poco chiari per poi essere gettati in un lavoro delicato e sconosciuto, provocando così l’espulsione dal mondo della scuola di precari con titoli specifici ed esperienza nel campo dell’integrazione delle persone disabili.
Addirittura la formazione base sufficiente per iniziare a lavorare nel sostegno sarebbe di un centinaio d’ore, per di più prevalentemente on line.
Chiaro che così si distrugge il sistema dell’integrazione e si apre la strada al ritorno a forme incivili di esclusione.
E’ necessario dunque bloccare questi corsi, evitare un’altra guerra tra i poveri, garantire ai docenti soprannumerari una sistemazione dignitosa e d in linea con la loro esperienza professionale, rilanciare il sostegno con la stabilizzazione dei precari e l’assegnazione di risorse idonee.
Lavoriamo da subito a una forte mobilitazione unitaria del mondo della scuola, dei cittadini, dell’associazionismo ed anche a un rilancio delle iniziative legali per garantire il diritto all’istruzione delle persone con disabilità”.

martedì 1 maggio 2012

sabato 5 maggio serata anticrisi: assemblea pubblica, concerto e cena sociale






















SABATO 5 MAGGIO dalle ore 18,30
CIRCOLO CITTÀ FUTURA VIA GARGANO, 37 CATANIA

ASSEMBLEA PUBBLICA
verso la manifestazione nazionale del 12 maggio
CONTRO LE POLITICHE ANTISOCIALI DEL GOVERNO DEI BANCHIERI
PER DIFENDERE L’ART.18 E I DIRITTI SOCIALI
intervengono: Alessio Grancagnolo (rappresentante d'istituto collettivo Principe Umberto),
Michele Pistone (RSU FIOM STmicroelectronics),
Lavoratori Fastweb,
Alberto Rotondo (circolo città futura)...

CONCERTO "SUONI DEL CUORE" di Adriano Di Stefano cantautore

CENA SOCIALE
come sempre un menu sostenibile a prezzi popolari...
e sottoscrizione ridotta per studenti e disoccupati

domenica 6 maggio gruppo di acquisto popolare






















DOMENICA 6 MAGGIO gruppo di acquisto popolare, dalle 10,30 alle 13 in via Gargano 37, Catania. NUOVI PRODOTTI DI STAGIONE dell'azienda "ALBEROLUNGO": uova bio, frutta e tante verdure bio... e come sempre pane, olio, vino, formaggi, mandorle e tanto altro a chilometro zero e prezzi popolari

primo maggio: riprendiamoci il lavoro, riprendiamoci la festa

un primo maggio di lotta per la difesa della dignità del lavoro, verso la manifestazione nazionale del 12 maggio contro le politiche antisociali e neoliberiste del governo dei banchieri, a difesa dell'art.18 e dei diritti sociali