domenica 5 giugno 2011

referedum e gestione dei servizi idrici: accade in Europa

















Referedum e gestione dei servizi idrici: accade in Europa

di Caterina Carta

A poco più di una settimana dei referendum, Berlusconi – offuscato dalla batosta appena presa alle elezioni amministrative, dalle sue gaffes in sede internazionale e dai suoi guai giudiziari – si sveglia dal torpore e comincia a parlare di referendum. Pur non dando indicazioni di voto, ha preso posizione sulla consultazione referendaria prevista per il 12 e 13 giugno, definendo il voto “inutile” ed i quesiti “fuorvianti”. Si è detto infine disponibile a “rispettare il volere dei cittadini”, salvo poi cominciare a lavorare clandestinamente per sabotare il ricorso alle urne.

Molti osservatori hanno attribuito la volontà di boicottare i referendum da parte del governo alla presenza di un quesito sul legittimo impedimento. A ben guardare le ragioni sono più profonde. Domenica e Lunedì 12 e 13 giugno si vota infatti per l'abrogazione di misure legislative volute da questo governo, in materia di legittimo impedimento ma anche di privatizzazione dell'acqua e di creazione di nuovi stabilimenti nucleari. Il 12 e 13 si da' la propria opinione su come gestire i beni pubblici, come immaginare la politica energetica e come declinare la parola giustizia nel nostro paese.

Considerato che molti amministratori del Popolo della Libertà (PDL) si sono ripetutamente espressi contro i disegni del premier in materia di nucleare e di privatizzazione dell'acqua, si profila una vittoria del sì da parte di coloro che andranno a votare. La strategia di Berlusconi è dunque quella di evitare che si raggiunga il quorum.

A ben guardare, l'Italia non è il solo paese in Europa ad interrogarsi su queste questioni. Quella che segue è una breve rassegna su come è stata affrontata la questione dei servizi idrici altrove in Europa. La privatizzazione non sembra essere né il metodo più efficace, né quello capace di abbattere i costi del servizio.

Un problema italiano? anche in Europa ci si interroga su come gestire i servizi pubblici locali

Negli ultimi decenni, in Europa si è assistito ad una tendenza verso la decentralizzazione dei servizi idrici, cioé la devoluzione di poteri e responsabilità di competenze di policy dal livello nazionale al livello locale. I comuni d'Europa hanno dato risposte diverse a come gestire i servizi pubblici. La domanda che ci avvicina tutti da sud a nord, da ovest ad est è: sono gli interessi generali, tradizionalmente garantiti dal pubblico debitamente conciliabili con gli interessi, particolari e di ottimizzazione del profitto dei privati?

In molti paesi europei, anche se non in tutti, i partenariati tra pubblico e privato sono stati visti come una ricetta per aumentare la competizione, abbattere i costi e migliorare la qualità del servizio. In diversi casi, il ricorso ai privati ha portato ad inefficienze e aumento dei prezzi. Come vedremo, i casi virtuosi – come quelli svedese e olandese – sono quelli in cui il regime di gestione (pubbica) dell'acqua è stato accompagnato da misure mirate ad aumentare l'“accountability” dei sistemi di gestione, cioé il dovere di rendere conto del proprio operato e di risarcire i danni provocati alla collettività in caso di cattiva gestione.

Sia nel Regno Unito che in Francia la privatizzazione non ha sortito gli effetti sperati. Nel Regno Unito, in cui si è optato per una commistione tra pubblico e privato nella gestione delle risorse idriche e degli acquedotti. La privatizzazione ha portato un aumento dei costi del servizio. Tra il 1991 e il 1992, il numero dei consumatori a cui è stato interrotto il servizio, perché incapaci di pagarlo è, conseguentemente aumentato del 200%. In Francia, la privatizzazione è stata dominata da tre grandi conglomerati privati: - Vivendi (precedentemente Générale des Eaux), Suez-Lyonnaise des Eaux e SAUR/Bouygues. Nel 1997, la Corte dei Conti francese ha prodotto un rapporto molto critico sulle modalità di gestione del servizio a causa dell'alto livello di concentrazione, la conseguente “competizione organizzata” e l'elusione delle regole della concorrenza tramite “l'uso ripetuto di procedure negoziate”.

A differenza del modello inglese e francese, nei Paesi Bassi, le compagnie del settore dell'acqua sono tutte public limited companies, i cui azionisti sono per lo più municipalità e, in alcuni casi,  province. Il livello del servizio è buono, gli standard di qualità dell'acqua sono alti e garantiti ad un prezzo abbordabile, e passibile di ribasso per effetto di nuove concentrazioni. L'industria olandese dell'acqua risulta competitiva anche in relazione ad altri indicatori di performance: si è impegnata in iniziative environmentally-friendly, come il monitoraggio di sostanze nocive e la riduzione dell'inquinamento.

L'ottima prestazione delle compagnie olandesi sembra anche correlata alla struttura istituzionale che sostiene il funzionamento delle public limited companies. Per esempio, l'Amministratore Delegato di queste compagnie gode di ampie libertà, ma è responsabile delle perdite causate. L'alto livello di trasparenza e accountability nella conduzione delle operazioni è inoltre accompagnata dalla rappresentazione degli interessi dei consumatori attraverso organi eletti a livello locale. Il rispetto di costi limitati è applicato pienamente, ma molto spesso le compagnie non ricavano grandi profitti, a casua del limitato interesse degli azionisti pubblci nel massimizzare il ritorno dei propri investimenti e della pratica di restringere il pagamento dei dividendi. Questo non ha però impedito di investire in programmi di sviluppo e rinnovamento.

Anche il modello svedese è considerato un modello virtuoso. In Svezia, le infrastrutture idriche sono per la maggior parte compagnie municipali. Alcune di esse sono per statuto public limited companies, come la Stockholm Vatten AV. In generale le compagnie svedesi vantano costi operativi molto bassi e alte performance, che escludono l'accumulo di grandi profitti. Uno studio condotto nel 1995, dalla Consultancy ITT ha comparato i costi dell'acqua in città di comparabile grandezza in Svezia e nel Regno Unito, lo studio sembrava indicare che le compagnie svedesi vantassero costi molto più bassi di quelli registrati dalle controparti private britanniche. Inoltre, il recupero medio dei capitali investiti dalle compagnie svedesi era all'attivo, ma costituiva circa 1/3 degli utili registrati  dalle controparti private britanniche.

Il modello municipale svedese dimostra che le forniture pubbliche di acqua sono altamente competitive dal punto di vista degli standard qualitativi e ambientali, ma anche dal punto di vista degli indicatori economici e finanziari. Nel 1995, la Stockholm Vatten ha avviato una massiccia ristrutturazione finalizzata a aumentare l'efficienza operativa e lo sviluppo sostenibile di lungo periodo. Al tal fine, si è puntato alla copertura dei costi piuttosto che all'ottimizzazione del profitto. Questo ha garantito di liberare le risorse necessarie per il miglioramento della qualità dell'erogazione dell'acqua e per i servizi di impatto ambientale. Dal 1994, i costi, risultano, in effetti, progressivamente ammortizzati.

Anche guardando ad Est, troviamo casi virtuosi, come dimostra l'esperienza di una grande città ungherese, Decebren. Dopo avere ripetutamente riggettato diversi tentativi di privatizzazione, nel 1995 le autorità locali hanno optato per l'alternativa pubblica, alla luce dei costi ridotti per le comunità locali. La performance dell'azienda della municipalità Debreceni Vizmu è riuscita pienamente ad attingere alle risorse che aveva e finanziare il programma di investimento di lungo periodo. La scelta dunque si è rilevata soddisfacente in termini di efficienza operativa e di efficacia degli obiettivi sociali programmati. Se comparato all'esempio della municipalità di Debreceni, il caso di Budapest, in cui si favorì la privatizzazione dei servizi legati all'acqua, offre interessanti spunti di riflessione. A Budapest, nel 1998, appena un anno dopo la privatizzazione, i prezzi aumentarono del 175%  rispetto ai livelli del 1994.

Questa rassegna dimostra che ci sono diverse ricette per rendere efficiente la gestione delle risorse idriche, per abbattere i costi e per garantire un servizio di qualità ai cittadini. Altrove in Europa si sono interrogati a fondo sulla questione, coinvolgendo i cittadini nelle decisioni da prendere.

Il recente pronunciamento dell' Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni AGCOM) ai danni della RAI, dimostra che in Italia, in vista dei referendum, non sta accadendo nulla di simile. Il silenzio sui referendum ha impedito che i cittadini prendessero visione delle alternative possibili e si concentrassero sul vero nodo del problema: qual è il progetto dell'Italia sui servizi pubblici locali? C'è un progetto e la volontà di garantire l'abbattimento dei costi e l'erogazione di servizi di qualità?

Perché è importante andare a votare

Come abbiamo visto, diverse realtà locali in Europa hanno intrapreso una riflessione su come riformare i servizi idrici. Questo consente di garantire ai cittadini che i servizi siano efficienti, economici e di qualità. La rosa di opzioni è molto ampia e richiede un dibattito informato su cosa succede fuori dai confini nazionali. Il silenzio assordante su queste questioni, a ridosso dei referendum, non rende molto onore al nostro governo e al Presidente del Consiglio.

Il 12 e 13 giugno abbiamo l'opportunità di esprimerci sulla cosa pubblica, in materia di acqua e di nucleare. Abbiamo anche la possibilità di reclamare il nostro diritto ad avere una classe dirigente che si occupi dei problemi del paese e non dei propri guai personali.