sabato 28 luglio 2012
genova g8: verità e giustizia. i fiori della rivolta
intervento di Claudia Urzì
A Genova nel 2001 c’ero anch’io. Eravamo in 300.000…una cosa mai vista….
E ci volevo essere! Sarebbe stato un appuntamento importante, preceduto dalla formazione di forum, da un grosso fermento culturale, politico, movimentista, si veniva da Seattle (1999), dalle famose contestazioni contro il vertice del WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) ….sarebbe stato un grosso appuntamento internazionale, la gente sarebbe arrivata da tutto il mondo, o perlomeno, da tutta Europa! Ricordo centinaia di anarchici greci, i baschi, i tedeschi….ci volevo essere!
Anche se c’erano già state le cariche della polizia a Napoli nel marzo 2001 per il Global Forum sull’e-government.
Le provocazioni arrivavano da tutti i lati, la decisione di istituire una zona rossa a Genova invalicabile….erano tutte provocazioni, il clima era rovente, non prometteva nulla di buono….ma io volevo esserci! E la sera del 19 luglio partii col treno da Roma, coi compagni romani. Arrivammo a notte fonda, quasi l’alba, non ricordo bene….e ci raccontarono che il corteo del giorno prima era stato bello, colorato, musica….e c’era un sacco di gente!! Quel pomeriggio di quel maledetto 20 luglio a Genova sarebbero partiti 3 o 4 cortei dai diversi punti della città per confluire poi tutti in unico punto… al quale, però, molti di noi non arrivarono e uno di noi non c’è mai arrivato. Io ero col corteo dei COBAS che fu spezzato e caricato dalla polizia quasi subito. Genova sembrava una città fantasma, negozi, bar, tutto chiuso… i genovesi scomparsi… un silenzio irreale… c’eravamo solo noi. Ed eravamo in tanti. Le cariche della polizia, dei carabinieri, cominciarono quasi subito, dicevo, c’erano blindati, camionette, a sirene spiegate, ovunque… cominciò una vera e propria caccia all’ uomo, ci rincorrevano, scappavamo… lacrimogeni, gas urticanti… ricordo di essermi arrampicata insieme ad altri su una collinetta per sfuggire alle cariche della polizia e ai gas urticanti…i o non avevo portato né occhialini, né il limone… assurdo, pensai… e invece mi sarebbero serviti. Non riuscivo più a respirare e non vedevo più niente… mi arrampicai su quella collinetta, vedevo solo ombre e mi sembrava di soffocare… ho avuto una paura incredibile, ho pensato di morire… oltretutto, nella fuga, ero rimasta da sola, avevo perso gli altri… ero terrorizzata. In cima a questa collinetta, per fortuna, non so chi, un uomo, una donna, non ricordo, mi porse l’acqua, dicendomi di bagnarmi gli occhi, mi porse un limone, mi tranquillizzò… io nel frattempo cominciavo a vedere un po’ meno appannato, respiravo meglio, lo/la ringraziai… e ricominciammo a correre per scappare dalla polizia che ci inseguiva! Ricordo che riuscimmo a scappare passando attraverso le case e i lidi del lungomare, qualcuno ci apriva delle porte, qualche genovese che invece, nonostante il terrorismo dei giorni precedenti ad opera delle autorità, esponenti politici di spicco, polizia..era rimasto e che ci aiutò. Ricordo che mentre scappavamo, vedevo che tutta la costa era presidiata, da gommoni, barche della polizia e sopra la nostra testa gli elicotteri che pattugliavano dal cielo, giorno e notte, senza riposo… e quel rumore, quei rumori non li ho scordati per molto tempo.
Questa caccia all’uomo, queste cariche, queste fughe, questo immane schieramento di forze dell’ordine... i blindati che correvano all’impazzata e sbandavano nelle curve… lacrimogeni, razzi… vere e proprie scene di guerriglia urbana….ho pensato che quella potesse essere la guerra e che non saremmo mai più riusciti ad uscire da quella città, tanto amata, ma ora una città fantasma e ostile… una vera e propria gabbia. Riuscimmo a scappare, a fuggire, e a fare ritorno alla scuola dove dormivamo, che non era la Diaz, per fortuna nostra… e a seguire il corso della manifestazione da notizie che arrivavano, telefonate, internet, etc… E nel tardo pomeriggio arrivò quella maledetta notizia che gelò il sangue nelle vene: hanno sparato, hanno ucciso un ragazzo, uno spagnolo… si diceva, queste furono le prime notizie… cominciarono ad arrivarmi telefonate da casa, da Catania, tutti preoccupatissimi, ovviamente. Solo più tardi sapemmo che i carabinieri avevano sparato e avevano ucciso un ragazzo, un genovese, Carlo Giuliani. E niente fu più lo stesso.
Mi sembrava incredibile che fosse accaduto, eravamo tutti disperati, increduli, come sospesi… pieni di rabbia e paura, sì paura, eravamo ancora lì e il treno per tornare a Roma sarebbe partito solo la sera dopo. Assemblea: che si fa, che facciamo? L’indomani ci sarebbe stato un altro corteo, un’altra manifestazione e l’avremmo fatto. Anche per Carlo.
Il corteo si fece, numerosissimo, arrivarono anche altre persone, altri compagni, c’era un caldo da morire, una giornata assolata… e ricordo che stavolta ,al nostro passaggio, le finestre si aprirono e che la gente ci rovesciava secchiate d’ acqua, ci innaffiava con le pompe, ci applaudiva, cantava insieme a noi “Genova libera”… la gente era con noi. Continuarono le cariche, i lacrimogeni, e ci furono numerosi feriti. Alla fine del corteo, verso sera, ci recammo alla stazione per prendere il treno, e trovammo lì ad aspettarci, come previsto, schieramenti di forze dell’ ordine. Volevamo solo andarcene, salimmo sul treno e aspettammo a lungo che partisse. Partì solo a tarda notte, quando ormai avevamo perso le speranze. Prima di partire salì sul nostro treno, il treno dei “romani”, quel ragazzo le cui immagini fecero il giro del mondo, quel ragazzo col volto insanguinato, molto giovane, che sedutosi a terra per protesta fu caricato, picchiato a sangue dalla polizia che lo colpì in testa e su un occhio. Mentre il treno cominciava a muoversi, arrivò la notizia che erano entrati alla Diaz, la scuola, e che avevano distrutto i p.c. e il materiale di Indymedia, un sito web che in quei giorni riportò, e fu un testimone importante, degli eventi e dei fatti di Genova.
La mia è una delle tante testimonianze, una delle meno drammatiche, altre sono state ben più gravi, come sappiamo, come abbiamo ascoltato, letto, visto. E l’ ultima sentenza mi lascia senza parole, mi da una rabbia, profonda, antica... l’ennesima ingiustizia di questo assurdo paese, sentenza che arriva dopo 10 anni e che pretende di fare pagare il conto a dieci persone, estratte a sorte dal destino, per via di un filmato piuttosto che di un altro e poco importa che le condanne dei poliziotti riguardino il pestaggio e il massacro preordinato di persone, per di più indifese, mentre quelle dei manifestanti siano motivate dalla distruzione di cose, di oggetti inanimati, in mezzo a quell’ inferno che era Genova in quei giorni. Qualcuno di loro si becca anche dieci anni di galera!
In un paese come il nostro dove i reati degli “intoccabili” finiscono sempre per essere prescritti e i mandanti continuano ad essere ignoti, in un paese dove esiste una trattativa stato-mafia, in un paese che non ha mai fatto i conti con il proprio passato e nel quale va avanti una strategia della tensione che partendo da Portella della Ginestra, passa per piazza Fontana, Brescia, Ustica, Bologna… arriva a Genova… e non ha nessuna intenzione di terminare…
Si veniva da Seattle (1999) , dalle famose contestazioni contro il vertice del WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) , contro i processi di globalizzazione dell’ economia resi possibili dagli accordi sul Commercio Internazionale e dalle scelte di parlamenti e governi riuniti in organismi quali il G8, e da alcune istituzioni internazionali come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Si diceva infatti: il popolo di Seattle…
Nasce un movimento, il movimento, che dice “Un altro mondo è possibile”, un movimento anti-globalizzazione che critica il potere delle multinazionali in grado di condizionare le scelte dei singoli governi verso politiche non sostenibili da un punto di vista ambientale ed energetico, imperialiste che non rispettano le peculiarità locali e sono dannose per le condizioni dei lavoratori.
Un movimento che si schiera contro il neoliberismo, il libero mercato, che sostenendo la liberazione dell’ economia dallo Stato, la privatizzazione dei servizi pubblici, la fine di ogni chiusura doganale, ha accentuato le disuguaglianze fra le differenti classi sociali all’ interno dello stesso Paese e il divario esistente tra paesi ricchi e il SUD del mondo. Aumenta le ricchezze di alcuni paesi e delle multinazionali a scapito della maggioranza delle popolazioni.
Naomi Klein nel suo Shock economy denuncia il carattere antidemocratico del neoliberismo, Naomi Klein il cui No logo (2000) diventa il manifesto del movimento. Ma sono molti i lavori di scrittori e intellettuali da cui trae ispirazione il movimento: ricordiamo l’intellettuale indiana Vandana Shiva, in Francia il giornale Le Monde Diplomatique, l'intellettuale e linguista americano Noam Chomsky, il romanziere e saggista uruguaiano Eduardo Galeano, etc...
Ma tornando a Seattle, la notizia che queste contestazioni avessero influito sul fallimento del vertice del WTO spinge un numero sempre crescente di manifestanti a partecipare a vari "contro-forum" presenti in alcune città europee: a Praga nel settembre 2000 per il vertice della Banca Mondiale, quindi a Napoli nel marzo 2001 per il Global Forum sull’e-government, in occasione del quale cominciano feroci scontri con la polizia e le forze dell’ ordine in Italia. Il movimento cresce, sta crescendo…e va fermato. E quale migliore occasione dell’ imponente manifestazione contro il G8 dei potenti, il più importante appuntamento internazionale che il movimento si da a Genova nel luglio del 2001?
Il movimento cresce, diventa forte, è internazionale… e va fermato, a tutti i costi. E a Genova, infatti, si spara, si da l’ordine che si può sparare, si spara… e viene ucciso un ragazzo, Carlo Giuliani, uno di noi. Avrebbero potuto uccidere chiunque di noi quel giorno, quel maledetto giorno. Hanno ucciso Carlo. È morto Carlo. Uno di noi.
In un bell’articolo sulla sentenza di Genova apparso su Rebus magazine, Wu Ming 4 – GIAP conclude dicendo:
“Avevamo ragione. Abbiamo perso. Il nemico si tiene gli ostaggi. Fino a quando la marea non monterà un’altra volta.”
Proprio così, avevamo ragione.
Basta vedere quello che sta succedendo in Grecia, strozzata dal meccanismo del debito, in Spagna… tutti in piazza a gridare: “SAVE PEOPLE, NOT BANKS!”, salvate le persone, non le banche! E in Italia… oggi in Italia comandano i commissari non eletti della Banca Centrale Europea (BCE) che applicano la stessa ricetta a base di tagli alla spesa pubblica e il cui scopo si riduce in un semplice enunciato: salvare i ricchi.
Concludo riprendendo il titolo che abbiamo voluto dare a quest’incontro: Genova G8: verità e giustizia- I fiori della rivolta. Voglio dire proprio questo: dobbiamo pretendere la verità, in questo strano assurdo belpaese la verità diventa un diritto, ma anche un dovere, e dobbiamo pretendere giustizia. E soprattutto non dimenticare, non disperdere gli insegnamenti, l’esperienza di quel movimento, di quelle manifestazioni, di quella manifestazione a Genova nel 2001, altrimenti tutto sarà stato vano, anche la morte di Carlo.
“Potranno tagliare tutti i fiori, ma non fermeranno mai la primavera”, ci ha insegnato il poeta Pablo Neruda.
E la marea deve montare un’altra volta.