La vicenda di piazza Abramo Lincoln - spazio pubblico urbano di fatto privatizzato attraverso un contratto di sponsorizzazione tra il Comune di Catania e la C&G, che potrà gestire la piazza per alcuni anni, utilizzandola per eventi senza pagare canoni di suolo pubblico ed apponendo ovunque la propria pubblicità - rende necessaria una riflessione su come smascherare il progetto di svendita delle aree urbane che la giunta Stancanelli intende perseguire fino all’ultimo istante della sua disastrosa amministrazione.
I cittadini e le cittadine dovrebbero munirsi di adeguati strumenti critici per cogliere la differenza che passa tra processi di riqualificazione spontanei degli spazi urbani da parte di gruppi e associazioni e processi di privatizzazione e svendita di pezzi di città, ma spesso, di fronte al penoso degrado in cui versano piazze e parchi, si fa strada nel senso comune l’idea che una gestione privata possa almeno renderli più vivibili.
Del resto, quanto accade a Catania non è un fatto isolato, ma l’imposizione in versione locale dei cosiddetti processi di governance urbana, attraverso cui la gestione degli spazi passa dal controllo diffuso della politica democratica ad accordi tra gruppi amministrativi ed economici, e la sottrazione di ogni potere decisionale popolare viene “compensata” con l’istituzionalizzazione di forme di espressione considerate “antagoniste”: ne sono un piccolo esempio locale il concorso di “street design” per le strisce pedonali in piazza Lincoln o l'impiego di writers, già utilizzati per “coprire” le vicende del cantiere di piazza Europa.
È necessaria una riflessione collettiva sul come opporsi ai processi di privatizzazione: diffondere l’informazione sui processi in atto; costruire, più diffusamente, forme di riappropriazione collettiva delle aree urbane; ripensare, in prospettiva, modelli di democrazia partecipativa per Catania, capaci di invertire la pericolosa tendenza oligarchica della governance e di dar voce alle istanze popolari.
circolo città futura