Il pronunciamento della Consulta, col via libera ai referendum su acqua e nucleare è già una prima vittoria dei movimenti per l'acqua e per chi intende costruire un'alternativa seria al nucleare puntando sulle energie rinnovabili. Il via libera è un primo passo per chi vuole provare ad imboccare la strada per un'uscita a sinistra dalla crisi e dal neoliberismo. E' una prima vittoria anche del Prc e della Federazione della Sinistra che hanno promosso e sostenuto i quesiti sul referendum per il ritorno ad una gestione pubblica del bene comune acqua e la raccolta firme per dire no al nucleare e sì alle energie rinnovabili.
La notizia del disco verde della Corte Costituzionale riempie tutte e tutti di grande soddisfazione. Il milione e 400mila protagonisti che hanno firmato i quesiti non vedono il cammino minato dal rigetto di uno dei tre quesiti, quello per abrogare le norme limitatrici della gestione pubblica del servizio idrico. L'impianto politico rimane integro perché gli altri due quesiti che hanno ricevuto l'ok sono quello che punta all'abrogazione delle norme sulla determinazione della tariffa del servizio idrico in base all'adeguata remunerazione del capitale investito (quindi in base alle logiche del profitto) e quello sulle norme per l'affidamento con gare a privati dei servizi pubblici locali di rilevanza economica (ecco lo stop alla privatizzazione se passerà il sì).
Soddisfazione anche per il fatto che il quesito promosso da Di Pietro e dall'Idv per motivi di visibilità e per conti elettoralistici, rompendo con la vasta coalizione che attorno all'acqua raccoglie movimenti, partiti e associazioni, è stato rigettato. Un quesito questo formulato in modo confuso anche dal punto di vista politico e che non risolveva la questione della privatizzazione.
Di Pietro ha invece ottenuto il via libera sul quesito contro il nucleare, promosso anche in questo caso con una cesura improvvisa e immotivata con i comitati antinuclearisti che hanno raccolto le 100mila firme sulle energie rinnovabili e con i quali stava ragionando per la definizione di un percorso comune.
La portata di entrambi i temi dovrebbero condurre Di Pietro a più miti consigli, perché non si possono trasformare referendum e beni comuni in un boomerang per provare a raccattare qualche voto in più in beata solitudine. Sono temi centrali sui quali nessuno può permettersi di scherzare.
A meno di elezioni anticipate quindi entro il 15 giugno si andrà al voto su questi due temi.
Ci sono alcune cose da fare subito perché non bisogna cullarsi negli allori di questo primo risultato. Innanzitutto perché è giusto e necessario bloccare gli effetti del decreto Ronchi. Serve quindi - come chiesto dal comitato promotore - un immediato provvedimento di moratoria sulle scadenze delle nuove norme.
Inoltre, ora ci aspetta il momento più difficile perché non si centra un quorum da sedici anni e quindi la mobilitazione dal basso, che abbiamo visto crescere negli ultimi mesi insieme alla consapevolezza della posta in palio, deve proseguire, perché l'acqua deve essere sottratta alle logiche mercantili in atto e perché dobbiamo dare un alt alle farneticazioni sul nucleare.
Fermare la privatizzazione dell'acqua, aprire la strada della ripubblicizzazione, eliminare i profitti sul bene comune acqua. Dare uno stop alla follia di un ritorno al nucleare, costoso, pericoloso, inutile e antidemocratico perché calpesta la scelta referendaria del 1987. Ecco le parole d'ordine che da oggi in poi devono intrecciarsi sempre più ed andare a braccetto verso l'appuntamento referendario primaverile.
E serve anche un salto di qualità, perché dobbiamo essere in grado di mostrare a tutti che le misure antipopolari del governo e la privatizzazione dell'acqua che favorisce le speculazioni e le multinazionali ed un ritorno al nucleare che favorisce sempre gli stessi settori a scapito della collettività, sono due aspetti della stessa politica fatta di profitti per pochi (i più ricchi, i più potenti) e di sacrifici per molti (i più deboli). Dobbiamo quindi continuare a stare nelle strade e nelle piazze, nei luoghi di lavoro e di studio, intensificare le iniziative, far conoscere a tutti le nostre battaglie, anche perché una vittoria in queste grandi battaglie potrà servire ad invertire il ciclo nero degli ultimi anni, a motivare tanta gente e a ripartire. Parlare di acqua e di energia è anche parlare di partecipazione e democrazia. Parlare di beni comuni è anche parlare di un nuovo modello di società. Fermiamo lo scempio in atto e promuoviamo un'altra strada.
Maria Campese, segreteria nazionale PRC, responsabile nazionale Ambiente, territorio e beni comuni