domenica 30 gennaio 2011

samuel ruiz, il vescovo rosso del chiapas

Alcuni giorni fa è scomparso Samuel Ruiz, obispo rojo, difensore dei diritti delle comunità indigene del Chiapas.


Samuel Ruiz , il vescovo dei maya, se ne è andato. Almeno sul punto di morte gli è stato evitato l’esilio della città di Queretaro a cui era stato destinato dalla gerarchia ecclesiastica messicana. E’ morto tra mura amiche all’età di 87 anni ,nella sua  San Cristobal de Las Casas. Quando vi arrivò, 52 anni fa , era il più giovane vescovo del Messico. Fu scelto dalla gerarchia ecclesiastica per il suo orientamento conservatore.
Figlio di una famiglia agiata della borghesia messicana a Samuel Ruiz Garcia era stato affidato un compito semplice: mantenere lo status quo. Tutto appariva inamovibile in una terra ricca di foreste, pascoli, corsi di acqua e giacimenti di preziosi minerali.
Quelli che stavano di "sopra"- i terratenientes ed i grandi allevatori - avrebbero continuato a starci in eterno con la benedizione divina.
Quelli che stavano di "sotto", la moltitudine degli indios e dei campesinos, avrebbero continuato a lavorare come schiavi, morendo stremati nei campi con la zappa tra le mani ed il santino della Madonna di "Guadalupe" nella tasca sdrucita dei pantaloni.
Il matrimonio perverso tra la spada e la croce qui, come ai tempi della conquista, si rinnovava ogni giorno contro ogni tentativo di emancipazione e di riscatto delle popolazioni indigene.
Samuel Ruiz Garcia passa i primi mesi del suo mandato pastorale da un pranzo all'altro, invitato a rendere gli onori di casa nelle dimore dei potenti, servito a tavola da colorate indigene silenziose, quasi non avessero il dono divino della parola.
Il giovane Samuel aveva però occhi per vedere l'immane miseria dei molti sulla quale si fondava l'invereconda ricchezza dei pochi.
Aveva orecchie per ascoltare quelle donne mute ma che in verità erano in grado di parlare una babele di lingue.
Vedendo ed ascoltando don Samuel venne convertito dai poveri.
Scelse di stare con quelli di "sotto".All'improvviso.
Con naturalezza ruppe il perverso legame tra la Chiesa e la spada.
Era la Chiesa che doveva genuflettersi ad una miriade di culture sagge ed antiche, rispettose della terra e dell'uomo, che parlavano al cuore indigeno della montagna e che resistevano alla cruda assimilazione al pensiero unico dell'uomo bianco. Vietò ai suoi catechisti di insegnare lo spagnolo, la lingua degli oppressori, se prima non avessero loro imparato la lingua di quei villaggi.
Recitò messe nei pueblos della selva imparando umilmente idiomi, riti e tradizioni di quei popoli.
Il Concilio Vaticano II lui lo fece così, incarnandolo nella grande dignità di civiltà millenarie, attualizzandolo nel dolore e nella speranza di una moltitudine di senza volto e voce.
Il messaggio evangelico - portato di casa in casa da un esercito di 5mila catechisti - scavava nella coscienza, liberava l'anima dall'idea dell'ineluttabilità dell'essere schiavi.
Si gettava il seme della disubbidienza alle ingiustizie.
Quando il 1 Gennaio 1994 , migliaia di volti coperti da un passamontagna, invasero armati decine di municipi nel sud/est messicano, passata la sorpresa per le "bestie indios" che insorgevano contro una secolare cancellazione, vide gerarchie ed opulente élite levare l'indice contro don Samuel, l'obispo rojo (il vescovo rosso).
Era lui il corruttore delle primitive e "buone" menti degli indigeni, che - sempre secondo costoro - stavano bene nella loro condizione di apartheid che li preservava dal male del mondo.
Ruiz il capo della rivolta.
Questa ossessione dei vari Salinas e Zedillo di turno, dei vertici militari e degli autenticos coletos (i discendenti dei conquistatori) era una accusa che puntava a decapitarne la testa, come quella di Giovanni Battista sul vassoio della figlia di Erode.
Non avevano capito o non volevano capire che gli zapatisti avevano un "capo" collettivo, il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno.
Il nucleo di una società liberata, un comitato multietnico che sfidava le divisioni arricchendosi delle differenze.
Il Presidente Zedillo voleva Samuel Ruiz in galera.
Nel febbraio del '95 lo convocò per questo a Los Pinos , la residenza presidenziale.
Gli sventolò sotto gli occhi il mandato di cattura, mentre i suoi uomini armati di tutto punto invadevano la Selva nel tentativo di uccidere Marcos e gli altri comandanti dell'Ezln.
Ma l'esercito federale ed i consiglieri del Pentagono non potevano conoscere il grande orecchio della foresta Lacandona, il tam tam millenario che avvisò gli zapatisti di non presentarsi all'incontro con il mediatore governativo.
Zeddillo ripose furioso il telefono che gli comunicava del fallimento dell'imboscata e lasciò andare via Ruiz.
Ad aspettarlo trovò la furia dei paramilitari che tentarono l'assalto alla cattedrale.
Un muro umano, uomini, donne, bambini indios, impedì che i priististi ubriachi di sangue compiessero il loro delitto.
Per giorni e notti stettero a centinaia lì davanti alla Chiesa, a vigilare sul loro "Tatic" (Padre).
La forza della moltitudine contro l'arroganza dei più sofisticati sistemi d'arma.
Una guerra impari.
Ma di fronte a tanto eroismo anche "L'Osservatore romano" fu costretto a scendere in campo a sostegno di don Samuel rompendo l'omertoso silenzio che aveva contraddistinto il Vaticano fino ad allora.
Ostinato uomo di pace don Samuel guidò con generoso impeto la Conai, la Commissione di intermediazione tra l'Ezln ed il Governo.
Fu la sua firma e quella del presidente della commissione parlamentare di concordia e pacificazione (Cocopa) ad aggiungersi come garanzia a quella del comandante David e del rappresentante del governo federale sugli accordi di pace di San Andres.
Ma gli accordi rimasero sulla carta. Mai tradotti in legge di riforma costituzionale.
Mille volte traditi nelle imboscate e nei massacri (quello di Acteal fu un delitto preordinato dal Pri, il partito di Stato).
La guerra a bassa intensità significa asfissia per la povera economia indigena. Eppure quei popoli indigeni continuano a non piegarsi.
Il Vaticano - nella sua posizione altalenante nei confronti della diocesi "ribelle"- tentò di commissariarla affiancando a Samuel Ruiz un grigio prelato dell'apparato ecclesiastico, Raul Vera Lopez.
Ma, come era successo con il giovane Samuel, non aveva fatto i conti con la capacità dei poveri di convertire.
Ed il "commissario" si trasformò così in un energico compagno di lotta di Samuel Ruiz.
Fu per questo che , al raggiungimento dei 75 anni di età di don Samuel, il vaticano scelse un altro vescovo al posto del candidato naturale  Raul Vera Lopez. Alla guida della diocesi fondata da Fra Bartolomeo de Las Casas, doveva tornare la restaurazione e porre fine  alla teologia india e allo scomodo impegno per la pace che l’aveva per decenni contraddistinta. Proprio Raul Vera, dalla “diocesi confino” di  Santillo a migliaia di chilometri dal Chiapas, ha per primo ricordato la figura del Tatic Samuel e il suo straordinario impegno per i poveri.
La voce profetica di Samuel Ruiz Garcia,  mancherà a tanti, specialmente agli indios.
Alla sua gente di cui - anche nei momenti più drammatici - ha sempre cercato di dare una parola di speranza.
Come durante l'omelia dei funerali delle 45 vittime di Acteal.
"Quando la notte si fa' più buia- affermò - è il nuovo giorno che si avvicina".
Alfio Nicotra, Liberazione del 26 gennaio 2011


















COMUNICATO DEL COMITATO CLANDESTINO RIVOLUZIONARIO INDIGENO-COMANDO GENERALE DELL'ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE

Al Popolo Del Messico:

Il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno-Comando Generale dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale esprime il suo cordoglio per la morte del Vescovo Emerito Don Samuel Ruiz García.

Nell'EZLN militano persone di diversi credi religiosi e non credenti, ma la statura umana di questo uomo (e di chi, come lui, cammina dalla parte degli oppressi, degli sfruttati, dei disprezzati) ci induce ad esprimere la nostra parola.

Anche se non sono state poche né superficiali le differenze, i disaccordi e le distanze, oggi vogliamo rimarcare l'impegno ed il percorso che non sono solo di un individuo, bensì di tutta una corrente all'interno della Chiesa Cattolica.

Don Samuel Ruiz García non si è distinto solo per un cattolicesimo praticato tra e con i diseredati, con la sua squadra ha formato anche una generazione di cristiani impegnati in questa pratica della religione cattolica. Non solo si è preoccupato per la grave situazione di miseria ed emarginazione dei popoli originari del Chiapas, ma ha anche lavorato, insieme all'eroica squadra pastorale, per migliorare quelle condizioni di vita e morte.

Quello che i governi di proposito hanno dimenticato per coltivare la morte, si è fatto memoria di vita nella diocesi da San Cristóbal de Las Casas.

Don Samuel Ruiz García e la sua squadra non solo si sono impegnati per raggiungere la pace con giustizia e dignità per gli indigeni del Chiapas, ma hanno inoltre rischiato e rischiano la loro vita, libertà e beni in questo cammino ostacolato dalla superbia del potere politico.

Già da molto prima della nostra sollevazione del 1994, la Diocesi di San Cristóbal ha subito la persecuzione, gli attacchi e le calunnie dell'Esercito Federale e dei governi statali di turno.

Almeno da Juan Sabines Gutiérrez (ricordato per il massacro di Wolonchan nel 1980) e passando per il Generale Absalón Castellanos Domínguez, Patrocinio González Garrido, Elmar Setzer M., Eduardo Robledo Rincón, Julio César Ruiz Ferro (uno degli autori del massacro di Acteal nel 1997) e Roberto Albores Guillén (già noto come "el croquetas"), i governatori del Chiapas hanno perseguitato chi nella diocesi di San Cristóbal si opponeva ai loro massacri ed alla gestione dello Stato come fosse una tenuta porfirista.

Dal 1994, durante il suo lavoro nella Commissione Nazionale di Intermediazione (CONAI) in compagnia delle donne e degli uomini che formavano quell'istanza di pace, Don Samuel ricevette pressioni, vessazioni e minacce, compreso attentati contro la sua vita da parte del gruppo paramilitare mal chiamato “Paz y Justicia”.

E come presidente della CONAI Don Samuel, nel febbraio del 1995, subì anche una minaccia di arresto.

Ernesto Zedillo Ponce de León, come parte di una strategia di distrazione (tale e quale come ora) per occultare la grave crisi economica nella quale lui e Carlos Salinas de Gortari avevano sprofondato il paese, riattivò la guerra contro le comunità indigene zapatiste.

Mentre lanciava una grande offensiva militare contro l'EZLN (peraltro fallita), Zedillo attaccava la Commissione Nazionale di Intermediazione.

Ossessionato dall'idea di distruggere Don Samuel, l'allora presidente del Messico, ed ora impiegato delle multinazionali, approfittò dell'alleanza che, sotto la tutela di Carlos Salinas de Gortari e Diego Fernández de Cevallos, si era stretta tra il PRI ed il PAN.

In quelle date, in una riunione con la cupola ecclesiale cattolica, l'allora Procuratore Generale della Repubblica, il panista e fanatico dello spiritismo e della stregoneria più volgare, Antonio Lozano Gracia, brandì di fronte a Don Samuel Ruiz García un documento con il mandato di cattura nei suoi confronti.

E si racconta che il procuratore laureato in Scienze Occulte fu affrontato dagli altri vescovi, tra loro Norberto Rivera, chi si alzarono in difesa del titolare della Diocesi di San Cristóbal.

L'alleanza PRI-PAN (alla quale si uniranno poi in Chiapas il PRD ed il PT) contro la Chiesa Cattolica progressista non si è fermata lì. Dai governi federale e statale si sono favoriti attacchi, calunnie ed attentati contro i membri della Diocesi.

L'Esercito Federale non è rimasto indietro. Mentre finanziava, addestrava ed equipaggiava i gruppi paramilitari, si diffondeva la tesi che la Diocesi seminava la violenza.

La tesi di allora (e che oggi è ripetuta da idioti della sinistra da scrivania) era che la Diocesi aveva formato le basi ed i quadri della direzione dell'EZLN.

Un segno dell'ampia dimostrazione di questi argomenti ridicoli si ebbe quando un generale mostrò un libro come prova del legame tra la Diocesi ed i “trasgressori della legge”.

Il titolo del libro incriminante è "Il Vangelo secondo San Marco".

Oggigiorno quegli attacchi non sono cessati.

Il Centro dei Diritti Umani “Fray Bartolomé de Las Casas” riceve continuamente minacce e persecuzioni.

Oltre ad essere stato fondato da Don Samuel Ruiz García e di essere di ispirazione cristiana, il “Frayba” ha come “aggravante” il credere nell'Integrità ed Indivisibilità dei Diritti Umani, nel rispetto della diversità culturale e nel diritto alla Libera Determinazione, nella giustizia integrale come requisito per la pace, e nello sviluppo di una cultura del dialogo, tolleranza e riconciliazione, nel rispetto della pluralità culturale e religiosa.

Niente di più fastidioso di questi principi.

E questa molestia arriva fino al Vaticano, dove si opera per dividere in due la diocesi di San Cristóbal de Las Casas, in modo da diluire l'opzione per, tra e con i poveri, nel conformismo che lava le coscienze col denaro. Approfittando del decesso di Don Samuel, si riattiva questo progetto di controllo e divisione.

Perché là in alto sanno che l'opzione per i poveri non muore con Don Samuel. Vive ed agisce in tutto quel settore dalla Chiesa Cattolica che ha deciso di essere coerente con quello che predica.

Nel frattempo, la squadra pastorale, e specialmente i diaconi, ministri e catechisti (indigeni cattolici delle comunità) subiscono le calunnie, gli insulti e gli attacchi dei neo-amanti della guerra. Il Potere rimpiange i suoi giorni di dominio e vede nel lavoro della Diocesi un ostacolo al ripristino del suo regime di forca e coltello.

La grottesca sfilata di personaggi della vita politica locale e nazionale davanti al feretro di Don Samuel non è per onorarlo, ma per verificare, con sollievo, che è morto; ed i mezzi di comunicazione locali esprimono falso cordoglio ma in realtà festeggiano.

Al di sopra di tutti gli attacchi e cospirazioni ecclesiali, Don Samuel Ruiz García e le/i cristian@ come lui, hanno avuto, hanno ed avranno un posto speciale nel cuore scuro delle comunità indigene zapatiste.

Ora che è di moda condannare tutta la Chiesa Cattolica per i crimini, gli eccessi, le commistioni ed omissioni di alcuni dei suoi prelati…

Ora che il settore che si autodefinisce “progressista” si sollazza a si fa scherno della Chiesa Cattolica tutta…

Ora che si incoraggia a vedere in ogni sacerdote un pederasta potenziale o attivo…

Ora sarebbe bene tornare a guardare in basso e trovare lì chi, come prima Don Samuel, ha sfidato e sfida il Potere.

Perché qust@ cristiani credono fermamente che la giustizia deve regnare anche in questo mondo.

E così lo vivono, e muoiono, in pensieri, parole ed opere.

Perché sebbene sia vero che nella Chiesa Cattolica ci sono i Marciales e gli Onésimos, c’erano e ci sono anche i Roncos, Ernestos, Samueles, Arturos, Raúles, Sergios, Bartolomés, Joeles, Heribertos, Raymundos, Salvadores, Santiagos, Diegos, Estelas, Victorias, e migliaia di religios@ e secolari che, stando dalla parte della giustizia e della libertà, stanno dalla parte della vita.

Nell'EZLN, cattolici e non cattolici, credenti e non credenti, oggi non solo onoriamo la memoria di Don Samuel Ruiz García.

Salutiamo anche, e soprattutto, l'impegno conseguente de@ cristian@ e credenti che in Chiapas, in Messico e nel Mondo, non si rifugiano nel silenzio complice di fronte all'ingiustizia, né restano immobili di fronte alla guerra.

Don Samuel se ne va, ma rimangono molte altre, molti altri che, in e per la fede cattolica cristiana, lottano per un mondo terreno più giusto, più libero, più democratico, cioè, per un mondo migliore.

Salute a loro, perché anche dalle loro pene nascerà il domani.

LIBERTÀ!
GIUSTIZIA!
DEMOCRAZIA!

Dalle montagne del Sudest Messicano. Per il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno-Comando Generale dell'EZLN

Tenente Colonnello Insurgente Moisés         Subcomandante Insurgente Marcos
Messico, 26 gennaio 2011