lunedì 7 ottobre 2013

riflessioni gramsciane dopo la strage di Lampedusa sulla politica e il dolore, degli animali umani e non umani














"Caro Delio, perché non mi parli del  tuo pappagalletto ? " : riflessioni gramsciane dopo la strage di Lampedusa  sulla politica e il dolore, degli animali umani e non umani.

In quello straordinario documento storico e biografico che sono Le lettere dal carcere, la raccolta della corrispondenza inviata da Antonio Gramsci alle persone più care, nel suo lungo e penoso peregrinare tra i luoghi del confino di polizia e le carceri fasciste,  ritroviamo – al netto dell`autocensura a cui sottopone la scrittura per sfuggire ai rigidi controlli imposti dal regolamento carcerario -  una dimensione intimistica dell`uomo Gramsci, capace di chiarirne con la luce dell`autenticità esistenziale la dimensione intellettuale e politica.
In una famosa lettera  alla cognata Tania, che non manca di circondarlo di cure e premure, cercando di procurargli quanto gli fosse necessario per una vita più dignitosa,  Antonio  Gramsci  la rimprovera affettuosamente con queste parole : “ l`immaginazione in te ( come nelle donne in generale) lavora in un solo senso, nel senso che io chiamerei  (ti vedo fare un salto)…protettore degli animali, vegetariano, infermieristico”.  Più avanti  per chiarire meglio il suo concetto, ricorre a un esempio , dicendosi sicuro che qualora gli fosse servito uno “speciale dentifricio” Tania sarebbe stata capace di “correre su e giù per Roma, di trascurare il pranzo e la cena e di farsi venire la febbre” pur di procurarglielo, ma che nel contempo  non si preoccupava dell`ansia in cui lo faceva vivere, per avergli annunciato delle lettere della sorella Giulia, lettere che non erano ancora arrivate a destinazione.
In queste pagine, che pure non sono aliene da certi pregiudizi  sessisti  tipici della cultura dell`epoca , vi è in nuce il riconoscimento di una certa sapienza femminile nel pensare, nell`immaginare e nel predisporre reti amorevoli di cura e attenzione per le persone amate e le loro condizioni materiali di vita.
Il prigioniero politico,  che si atteneva scrupolosamente alle rigide prescrizioni del regolamento carcerario, per non avanzare speciali richieste di deroga al regime fascista che lo aveva privato della libertà e che adottava una disciplina ascetica per evitare di cadere nel destino di abbrutimento, che accomunava la maggior parte dei detenuti,  si apre lentamente ad una  maggiore indulgenza verso se stesso e verso gli altri, e a immedesimarsi empaticamente con le concrete ed elementari esigenze di vita di chi lo circonda. Sembrerebbe quasi che le precarie e insalubri condizioni di vita che ne avrebbero minato in maniera irreparabile la salute, e  l`esperienza diretta della barbara violenza fascista, lo abbiano avvicinato a quella forma d`"immaginazione", che aveva riconosciuto nelle donne,  che aveva definito “vegetariana” e che oggi chiameremmo antispecista.
Ne costituisce un commovente esempio l`ultima lettera al figlioletto Delio,  in cui gli chiede notizie del suo pappagalletto. Delio aveva con sé un piccolo volatile, che si era ammalato e aveva perso gran parte del suo piumaggio. Aveva addirittura accompagnato una delle sue lettere con un una piuma di pappagallo. Gramsci in un primo momento aveva paternalisticamente rimbrottato  il figlio,  perché non faceva che parlare del suo rapporto con l`animale, ma nell`ultima lettera  torna a chiedergli notizie dell`uccelletto:  vuole sapere se e` ancora vivo e riconosce di avere esagerato nella valutazione della sensibilità` di Delio verso il suo compagno animale.
Scrivo di questo aneddoto con il cuore ancora colmo di dolore per la tragedia di Lampedusa ,  per l`orribile destino di morte a cui sono andati incontro centinaia di donne e uomini, bambine e bambini in fuga da una vita segnata dalla dura realta` della violenza e della guerra, e per l`incertezza  che avvolge il futuro delle\dei superstit*, incriminati   perché clandestini e in balia di istituzioni pubbliche incapaci di garantire un`accoglienza dignitosa ai richiedenti asilo.
Ne  scrivo perché sento aleggiare un po` ovunque i  segni evidenti di quella “globalizzazione dell`indifferenza” di cui ha parlato Bergoglio durante la sua visita nell`isola, un`atroce indifferenza , malamente mascherata  dall`ipocrisia del  lutto nazionale ed esemplarmente rappresentata dalla concessione della cittadinanza italiana ai morti, inutile omaggio alla memoria dello stato carnefice alle sue vittime.
Per fortuna ci sono delle mirabili eccezioni, come quella rappresentata dalla sindaca di Lampedusa Giusy Nicolini, che ha lanciato il suo urlo di dolore gridando all`Europa e al mondo  intero le uniche parole di verità che questa atroce vicenda può suscitare: dobbiamo andarceli a prendere lì dove stanno.
La coraggiosa sindaca ha lanciato quindi  un appello affinché si lavori a un diverso modello di accoglienza, un appello che riguarda tutte e tutti, singoli, associazioni, istituzioni laiche e religiose.
Odio gli indifferenti,  scriveva Gramsci in un suo scritto giovanile, un`indifferenza contro  cui dobbiamo fare i conti ogni giorno,  e da cui non possiamo certo dirci esenti se riduciamo la politica  a oscuro gioco di interessi di parte  e/o di schieramento politico. Su questa strada Gramsci ha potuto contare sulla sensibilità` dell`amata Tania, per noi c`e` l`esempio lucido e appassionato di Giusy Nicolini, una grande donna  ,una vera compagna.

Alberto Rotondo