domenica 4 marzo 2012
la scuola che non si arrende: riflessioni su una giornata di discussione
Domenica 26 Febbraio, presso Area Kerè di Catania, si è svolta la giornata di discussione “La scuola che non si arrende”, promossa dal circolo della conoscenza “Olga Benario” del PRC/FdS.
In più occasioni era emersa la necessità di un confronto fra i diversi soggetti del mondo scolastico, a seguito dei numerosi cambiamenti che la riforma Gelmini in primis, la legge di stabilità e il decreto Brunetta successivamente, hanno operato nelle “vite” di docenti, lavoratori ATA e studenti.
Durante la mattinata una carrellata di interventi tematici ha approfondito numerosi temi - l’elezione delle RSU, le scuole italiane all’estero, la legge Brunetta, il personale ATA, i docenti di laboratorio e i docenti di sostegno - evidenziando una grave situazione che, nel complesso, porta ad una minore offerta formativa e ad una netta diminuzione dei posti di lavoro, a causa dei tagli della riforma Gelmini. Da una prima analisi appare percepibile una grande preoccupazione, da parte di tutte le categorie presenti, legata all’impossibilità, anche quando ci si trovi in una condizione di lavoro a tempo indeterminato, di una sicura stabilità lavorativa, poiché i tagli previsti e in parte già attuati hanno comportato la comparsa di numerosi soprannumerari, l’obbligo di mobilità e di cattedre orarie su più scuole e, in futuro, anche la cassa integrazione ed il licenziamento. Viene quindi spontaneo chiedersi, tenuto conto del quadro generale delineatosi per il personale di “ruolo”, che possibilità possano avere i lavoratori precari; che senso abbia la norma che blocca per cinque anni la mobilità dei docenti neo-immessi in ruolo, se poi la scomparsa delle cattedre comporta il pellegrinaggio di moltissimi docenti a tempo indeterminato tra diverse scuole, se non tra diverse città. I docenti e lavoratori precari, protagonisti dell’assemblea pomeridiana, coscienti della gravissima situazione, temono la soppressione delle graduatorie ad esaurimento e denunciano una mancanza di garanzie sui diritti di precedenza maturati rispetto alla prossima partenza dei TFA.
A pagare le conseguenze di questa epocale trasformazione sono soprattutto gli studenti, costretti a frequentare classi “pollaio” e scuole prive di fondi e ad avere docenti che non possono garantire la continuità didattica. In classi in cui sono presenti in media trenta studenti, la possibilità di dialogare con tutti, ed in particolar modo con quelli più “deboli” risulta difficile; ciò si scontra con il principale obiettivo di un docente che dovrebbe essere quello di riuscire a instaurare con tutti un soddisfacente rapporto docente/discente. Inoltre le strutture e le attrezzature presenti nelle scuole sono assolutamente insufficienti e spesso non rispondenti alle norme sulla sicurezza, rispetto al numero di allievi per classe.
Appare chiara la volontà di non voler investire sulla scuola pubblica e sul futuro del paese. Laddove non si punti sulla formazione dei giovani e quindi sulla scuola pubblica, si nega la possibilità di progettare e realizzare un percorso di vita. Nella scuola di un recente passato, quando si chiedeva a ragazze e ragazzi cosa avrebbero voluto fare da grandi, le risposte erano numerose, oggi alla stessa domanda danno tutti la stessa risposta: “boh!”.
Dario Lana