martedì 26 aprile 2011

l'ipocrisia della guerra umanitaria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tranquilli siamo in Guerra (ma solo per la pace, però)

di Francesco Caudullo

Il Presidente delle Repubblica è, finalmente, intervenuto in merito alla vera sorpresa pasquale donataci da Berlusconi, ovvero si è espresso a proposito dell’imminente partecipazione del nostro Paese ai prossimi bombardamenti in Libia. E tale intervento presidenziale, lo confesso, mi ha particolarmente deluso poiché da Giorgio Napolitano tutto mi sarei aspettato fuorché lo sta bene, il “placet”, a ciò che Egli ha definito "il naturale sviluppo della scelta compiuta dall’Italia a metà marzo, secondo la linea fissata nel Consiglio supremo di difesa e, quindi, confortata da ampio consenso in Parlamento". Certo da colui che è il “garante supremo” della nostra costituzione repubblicana sarebbe stato d’uopo un richiamo all’Articolo 11 della nostra carta costituzionale. 

Vi ricordate l’Articolo 11 della nostra costituzione?

Quello che testualmente dice:

 “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.

Pensando a quanto fatto dai suoi predecessori, mi aspettavo il possibile “atteggiamento di coerenza” da parte di Napolitano, che vuol dire nessun accenno a tale articolo, ma almeno speravo in un invito alla calma, alla ponderazione. Forse anch’Egli gongola per il “grande apprezzamento” espresso da Barack Obama nei confronti dell’Italia prossima belligerante in Libia (ma in nome della “Pace”)?

Forse con quel “ampio consenso in Parlamento”, che al sottoscritto sfugge, il Presidente faceva riferimento all’acquiescenza anche su tali temi di un’opposizione inconsistente incapace di rispondere politicamente al governo Berlusconi ed incline alla sola indignazione nei confronti dall’immorale Premier?

Ma che opposizione è quella che, invece di alzare la voce sulla Guerra (perché di guerra si tratta!), assistendo all’ennesima divergenza intera-governativa con i leghisti, si limiti a urlare, come spesso le capita, che “la maggioranza non esiste più” mentre questa da parte sua opera come vuole. E gli unici che mettono in piedi un minimo di reazione coerente sono i cattolici!

La cosa non mi garba affatto, amici miei... e poi c’è un dettaglio che m’infastidisce ulteriormente, e cioè che questa ipocrisia della guerra umanitaria sia una guerra della Nato.

Bisognerebbe ricordare a qualcuno che la Nato non è l’Onu e che, nonostante quest’ultima sia assai discutibile come istituzione (e lo ha ampiamente dimostrato in questo ultimo ventennio), solo all’Organizzazione delle Nazioni unite può essere attribuito un ruolo formale d’intervento finalizzato alla risoluzione delle controversie internazionali. E’ chiaro che ciò lasci il tempo che trovi, ma ha comunque una sua rilevanza. La Nato è invece un potente residuato della Guerra fredda, una coalizione, speculare alla SEATO per il Sud-Est asiatico, che garantiva alla superpotenza statunitense il controllo della propria sfera d’influenza e che operava in funzione anti-sovietica. Nonostante siano passati tre decenni dal crollo del Muro di Berlino la Nato è ancora lì ed opera, senza alcuna legittimazione internazionale (che sarebbe a mio avviso ugualmente discutibile), nell’interesse esclusivo degli Stati Uniti e, in seconda battuta, dei paesi occidentali e dei nuovi membri (Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca nel 1997, Romania, Bulgaria, Lettonia, Estonia, Lituania e Slovacchia nel 2004 e di recente Albania e Croazia) che ne fanno parte.

Questa precisazione è rilevante, forse urgente, perché di fatto smonta ogni giustificazione del governo italiano rivelando che le recenti richieste di una legittimità Nato rispetto alla bilateralità iniziale dell’attacco sferrato da inglesi e francesi, così come le giustificazioni di oggi, non sono altro che la pretesa che ciò che resterà della Libia non sia un domani un affare esclusivo anglo-francese. In altre parole, prima attraverso il supporto logistico alle operazioni militari della prima ora, quelle che dovevano essere secondo la Farnesina dirette dalla Nato, si è iniziato a porre rimedio a ciò che dal  punto di vista del nostro governo pareva uno “scippo” (ci si riteneva al sicuro con gli accordi tra Italia e Libia della scorsa estate), poi con la recente affermazione di Berlusconi l’Italia ha iniziato a rivendicare la sua fetta di torta. In entrambi i casi non è mai stata pronunciata la parola “GUERRA” e questo perché da tempo, ossia da quando il governo D'Alema ha sacrificato in Kossovo la verginità del nostro Paese per la causa dei “diritti umani”, abbiamo imparato a recitare la nostra parte, ovviamente quella dei “buoni”, che oggi con un bel po’ di “missioni bontà” sul groppone recitiamo al meglio. E così ci sta che, fedeli al copione (o forse “fedeli alla linea”), La Russa (con il quale condivido solo la mia passione per l’Inter) e Frattini alleggeriscano la gravità di ciò che stiamo per fare. Del resto si tratterà solo di "missioni con missili di precisione su obiettivi specifici", ci rassicura il Ministro della Difesa, per capirci quello con il pizzetto e gli occhi spiritati, poiché  l’obiettivo sarà quello di "evitare ogni rischio di colpire la popolazione civile". E poi, come ha dichiarato quello degli Esteri (Ministro, s’intende!) ciò è "la naturale prosecuzione di una missione che non cambia", il venire incontro "ad una precisa richiesta arrivata dai ribelli di Bengasi". Del resto (perdonatemi tale ripetizione), a distanza di un mese non siamo più impossibilitati, come ebbe a rimarcare proprio Frattini, ad intervenire in ragione del nostro “passato coloniale” poiché nel frattempo siamo divenuti abbastanza maturi per poter contribuire serenamente, con amorevoli bombardamenti, alla causa dei ribelli ed alla costruzione di una nuova Libia democratica.

Chi ha ragione?

Chi ha torto?

Mentre tutti, tranne l’alleato leghista, si sfregano le mani e monta l’ansia che precede il nostro “esordio” nella missione pacifica in Libia, continuiamo a non sapere nulla su ciò che realmente sta succedendo a Tripoli bel suol d’amor e dintorni. Ci sono morti, non ci sono cadaveri, i ribelli soffrono a Misurata, i ribelli gioiscono a Misurata. In un bombardamento (missione compiuta, alleluya!) viene distrutto solo qualche quartiere generale di Gheddafi, ma secondo alcuni quell’edificio è il solo in piedi nel mezzo di un cumulo di macerie. E poi c’è Emergency che va via, che lascia la Libia e si rifugia a Malta.

E’ inutile chiedersi chi abbia ragione e quale sia la versione più fedele alla realtà poiché è scontato che nulla sia più soggettivo della realtà. Di certo c’è, però, l’insostenibile peso dell’ipocrisia umanitaria, la condivisione di una menzogna posta a giustificazione di ciò che, vigendo ancora nel nostro Paese la costituzione del 1946-48, Noi tutti dovremmo ripudiare: la GUERRA.

E signori miei, pensatela come volete, la guerra non è mai giusta. Non lo è neanche quella santa… figuriamoci quella ipocrita per la pace!