mercoledì 1 settembre 2010

mobilitazioni per l'università pubblica

L'1 settembre 2010 gli studenti, i precari, i ricercatori e i docenti che hanno a cuore l'università pubblica incontrano le famiglie e le matricole all'apertura della tornata dei test d'ingresso per i corsi di laurea (tutti) a numero chiuso dell'università di Catania.
Non un altro anno accademico può iniziare sotto la scure del Governo e la miope prospettiva del Ministro dell'Istruzione: denunciamo lo smantellamento dell'università pubblica, i tagli all'università e alla ricerca, il licenziamento dei ricercatori precari, il blocco del turn-over e l'attacco frontale al diritto allo studio.
Il futuro dell'università pubblica non è un problema di studenti, ricercatori e docenti, ma appartiene a tutte le famiglie.
Non c'è qualità senza opportunità: l'equazione "eccelenza" delle sedi universitarie = riduzione del numero di studenti ammessi è solamente indegna.
Appuntamento alle ore 10 a Le Ciminere, viale Africa, per diffondere la Lettera Aperta del Coordinamento Unico d'Ateneo e manifestare in difesa dell'università pubblica, laica e pluralista in cui ci piace lavorare.
coordinamento precari ricerca catania
ricercatoriprecari@gmail.com


LETTERA APERTA AGLI STUDENTI E ALLE LORO FAMIGLIE
Cara studentessa/caro studente,
Gentile genitore,

come probabilmente sapete l’Università italiana vive una fase di tremenda crisi.
Il governo, con le ultime leggi finanziarie, ha ridotto del 20% i finanziamenti all’Università.
Del 20% !!! C’è da chiedersi: quale altra parte del sistema statale – Trasporti, Sanità, Giustizia – potrebbe reggere un taglio di questo tipo? Basta pensare che la scuola italiana è in una crisi estrema con dei tagli del 10% circa.
Questa scelta avrà delle conseguenze di cui tutti voi dovete essere coscienti.
La prima conseguenza è quella di un aumento costante e progressivo delle tasse universitarie; le tasse aumenteranno già dal prossimo anno di circa il 20%. A tale aumento ne seguiranno altri negli anni successivi, di entità eguale e forse maggiore. Tra tre-cinque anni le tasse universitarie di uno studente proveniente da una famiglia di reddito medio saranno aumentate del 100%.
Che senso ha aumentare le tasse universitarie, già da quest’anno, con le famiglie in crisi e la sofferenza economica in atto? È questa la soluzione alla crisi del nostro paese? Perché gli altri paesi avanzati (USA, Germania, Francia) stanno invece aumentando o mantenendo invariate le risorse per l’istruzione, l’Università e la ricerca? Con questi tagli l’Italia è il paese europeo che investe di meno nella ricerca e nell’Università: solo lo 0,8% del Prodotto Interno Lordo, cioè della ricchezza del paese. La media europea è l’1,4%.
La seconda conseguenza è quella della riduzione dei servizi agli studenti. Diminuiranno le borse di studio, le mense, le case dello studente, verranno tagliati molti corsi di laurea, ed è già stato istituito il numero chiuso in tutti i corsi di studio. Perché il governo afferma che vuole tutelare il diritto allo studio quando in 60 anni di vita repubblicana non è mai stata fatta una seria politica in tal senso? Non si vergogna? Senza queste forme di assistenza, infatti, solo le famiglie ricche e non troppo numerose potranno affrontare la scelta di una formazione universitaria di qualità dei figli. Questo non è giusto, non è civile, non è dignitoso.
La terza conseguenza è il licenziamento di migliaia di persone che lavorano nell’Università e la riduzione della qualità dell’offerta didattica
Troppo spesso la televisione e i giornali danno un’immagine distorta dell’Università. L’Università dei “baroni”, l’Università del nepotismo, l’Università dei figli dei figli, degli amici degli amici. Nell’Università esistono certo dei casi di gestione poco trasparente, come in altre parti del nostro sistema statale. Ma nell’Università lavorano, con sacrificio e con retribuzioni penose, migliaia e migliaia di giovani. Forse voi studenti non sapete che il 40% circa di quelli che giustamente chiamate “professori” sono precari, “contrattisti”, che verranno fortemente penalizzati dai tagli ai finanziamenti dell’Università pubblica previsti dal governo già a partire da quest’anno. E forse voi genitori ignorate che senza quel 40 % l’offerta didattica rischierebbe, a fronte di un aumento delle tasse, di essere affidata a soggetti estranei all’Università e assolutamente non qualificati che certamente non potrebbero garantire quell’alto livello di formazione che oggi più che mai il mercato del lavoro richiede.
L’Università attende una riforma; una riforma che punisca i baroni, i privilegi, le cricche. Lo scorso luglio il Senato della Repubblica ha approvato il DDL 1905 (la cosiddetta “Riforma Gelmini”). Una legge dannosa e inutile che consegna le Università nelle mani di manager di nomina politica, riduce la democrazia negli atenei (dando tutto in mano a pochi baroni), relega i giovani studiosi in un limbo di 11-13 anni di precariato (cosa impensabile in qualsiasi altro paese europeo) prima dell’assunzione come docenti, dipendente comunque dalle risorse finanziarie. In realtà la riforma del ministro Gelmini punirà sopratutto i deboli, quelli che non sono tutelati, facendo pagare il conto solo alla nuova generazione, costituita dagli studenti e dai giovani precari in attesa di assunzione.
Per tutte queste ragioni il mondo dell’Università ha deciso di protestare.
Hanno deciso di protestare, rinunciando agli insegnamenti, i ricercatori, assunti e valutati solo per fare ricerca, con la possibilità di svolgere attività didattica integrativa di supporto ai professori associati ed ordinari, ma che in realtà coprono (volontariamente e gratuitamente) circa il 35% degli insegnamenti dell’Università italiana e svolgono una parte essenziale della ricerca avanzata. Hanno deciso di protestare i professori associati, il cui ruolo viene svilito e disconosciuto, e sempre più professori ordinari si stanno unendo alla protesta nazionale, accettando solo le ore di insegnamento frontale prescritte dalla legge, nella consapevolezza che questa “riforma” costituisce la fine dell’Università italiana. Moltissimi tra i colleghi precari e tra gli studenti condividono e sostengono la nostra protesta e con essi il personale tecnico-amministrativo delle Università.
Molti atenei sono già sull’orlo della chiusura. Molte Facoltà chiudono. Decine di corsi di laurea vengono tagliati. Con questa politica l’Italia diventerà presto un paese sottosviluppato.
Vogliamo una Università che aiuti il paese a crescere e a diventare forte; una università che dia benessere e futuro ai nostri giovani. Perché l’università è il cervello di un paese moderno; l’università e la scuola sono l’unico strumento per rispondere alle sfide culturali ed economiche del futuro.
Non siamo ingenui: il futuro, il benessere non ce li regalerà certo la televisione!
Per questo, cari studenti, cari genitori, vi chiediamo di sostenere la nostra protesta. La nostra protesta è a vostra disposizione; la nostra protesta ha un senso se diventerà la protesta degli studenti, delle famiglie, di tutta l’università.
Non lasciamo che nessuno rubi il nostro futuro!
Coordinamento Unico d’Ateneo catanese – docenti, precari, studenti
contro il DDL Gelmini per una Università pubblica, libera e aperta a tutti


Comunicato del Circolo Universitario del PRC
Il Circolo Universitario del PRC esprime la propria solidarietà alla lotta contro il ddl 1905 e per un'università migliore. Una protesta che, a Catania, unisce docenti ricercatori anche precari, studenti.
Tale protesta, oggi davanti agli studenti che si apprestavano a svolgere i test di ammissione, ha contestato il modello universitario e il panorama sociale che si profila per il nostro futuro dopo i tagli e con la "riforma" dell'università.
Una fantomatica riforma, che cancella i diritti dei giovani  ricercatori, conserva il potere di rettori e baroni e mette il diritto allo studio in mano alle elemosine che, senza oneri aggiuntivi per lo stato, affluiranno al così detto fondo nazionale per il merito.
L'università è diventata  completamente a numero chiuso, il futuro dei giovani è in mano alla dea bendata dei quiz. Quiz che danno accesso solo ad un 'università di laboratori chiusi, strutture fatiscenti, biblioteche senza riviste. E anzichè investire in formazione, ricerca e sviluppo il governo  preferisce tagliare in modo forsennato, e i rettori non mostrano alcuna sensibilità per la "nazione" ma solo per i loro mandati, che il ddl 1905 ha allungato a 4 anni. Evidentemente ci sono momenti in cui la violazione dell'autonomia universitaria non fa male...
Con tutti questi provvedimenti si vogliono piegare il pensiero e la ricerca alle esigenze del mercato e del pensiero unico, in barba alla mai tanto sbandierata libertà. Si vogliono rendere la scuola e l'Università un luogo per soli ricchi e  preparare una società segnata dall'esclusione sociale.  Crediamo per questo che l'università, prima che sia troppo tardi, debba tornare a essere un luogo in cui fare politica, lottare e rivendicare i propri diritti.

circolouniversitarioprc.ct@gmail.com