sabato 4 giugno 2011

tremonti e la politica economica ed energetica del governo: ancora motivi per dire sì ai referendum


































L’indignazione suscitata dall’approvazione del cosidetto decreto omnibus, per via degli effetti che lo stesso avrebbe potuto avere sulla prossima consultazione referendaria e in particolare sul quesito relativo al programma sulle centrali nucleari, ha in realtà oscurato la reale portata di un provvedimento che riguarda la politica industriale e fiscale del paese oltre a quella energetica.
Tra le novità introdotte con il solito e autoritario metodo della decretazione d’urgenza e con il ricorso alla fiducia, il Governo ha trovato il modo di inserire una norma che modifica profondamente lo statuto della Cassa Depositi e Prestiti, sulla quale riteniamo necessario aprire una riflessione.
La CDP è una società per azioni con il 70% del capitale sociale in mano al Tesoro e il 30% in mano a un nutrito gruppo di Fondazioni bancarie prevalentemente settentrionali. Fino ad oggi la Cassa Depositi e Prestiti si è occupata prevalentemente di finanziare gli investimenti infrastrutturali degli enti locali, utilizzando l’immensa riserva del risparmio postale e di provvedere al finanziamento di opere e impianti destinati alla fornitura di servizi pubblici attraverso l’emissione di titoli. Con le nuove norme e con la solita scusa della necessità di preservare l’italianità di settori economici ritenuti di importanza strategica per il Paese, la CDP potrà adesso intervenire nel capitale di società quotate in borsa, che corrano il rischio di essere scalate da gruppi industriali e finanziari stranieri. Benchè siano previsti dei requisiti di solidità economica, il provvedimento lascia ampi margini di discrezionalità al Tesoro che potrà intervenire, attraverso la CDP anche attingendo al risparmio postale, ovvero a un “tesoretto” di circa 350 miliardi di euro.
Benchè il provvedimento possa apparire come un passo nella direzione di un rinnovato intervento pubblico, va subito chiarito che la chiave per comprendere il senso di questa operazione stia ancora una volta nell’intreccio di interessi economici e politic iche sostiene il sistema creditizio italiano e nel rapporto privilegiato tra il ministro Tremonti e Lega. Basti ricordare che è ai Comuni e alle Province che spettano le nomine nei consigli di gestione delle grandi fondazioni bancarie. Queste ultime, insieme al ministero del Tesoro, ed attraverso la nuova CDP convertita in loro braccio armato, potranno agire in sostanziale autonomia, attingendo a quei risparmi postali che fino ad oggi sono stati adoperati per finanziare investimenti necessari per lo sviluppo del Paese. E tuttavia, l’esito delle recenti elezioni amministrative, apre la strada un potenziale cambio di rotta, che va colto anche sul piano della proposta politica.
Per fare un esempio, recentemente sono state raccolte nei territori circa 80.000 firme a sostegno di una proposta di legge di iniziativa popolare sullo Sviluppo dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili per la salvaguardia del clima.
Il carattere innovativo della proposta consiste nell’individuare le fonti di spesa per un grande piano nazionale che, a partire dal rifiuto del nucleare, apra un’era di grandi investimenti per la riconversione delle fonti e per lo sviluppo dell’efficienza energetica. Si tratta di una questione di vitale importanza: nel momento in cui la grande crisi ha falcidiato gli investimenti privati e lo Stato si ritrova costretto, a causa dell’esplosione dell’enorme debito pubblico, a limitare fortemente gli interventi di spesa. Un ruolo fondamentale, in base a quanto previsto da questa proposta di legge, assumerebbe proprio la Cassa Depositi e Prestiti. Si prevede, infatti, la costituzione presso la CDP di un fondo di rotazione di 3 miliardi di euro per  interventi di  miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici pubblici (scuole, ospedali, comuni ecc.).
In linea generale, la recente campagna elettorale ha visto un po’ dovunque l’emergere di una straordinaria partecipazione popolare e di proposte politiche che hanno saputo interpretarla. Ora si tratta di mantenere gli impegni presi. È necessario aprire un grande e partecipato dibattito sul futuro economico del Paese, non omettendo proposte e ragionamenti su come utilizzare gli ingenti capitali a disposizione della CDP.
Le esperienze partecipative non vanno limitate alla definizione di pochi e irrilevanti capitoli di spesa di enti locali fortemente depauperati dai pesanti tagli governativi e non in grado di assicurare un’autentica fase di cambiamento della struttura produttiva nazionale. Si tratta, al contrario, di rovesciare completamente il paradigma su cui si è esercitata la politica economica di Tremonti. Un paradigma fortemente centralistico che, dietro una facciata fintamente attenta alle esigenze e ai bisogni dei territori, ha concentrato sul Ministero dell’Economia un potere di intervento eccezionale.
Un paradigma autoritario che, nel tentativo forse di emulare la naturale tendenza all’opacità del capitale finanziario, pone al servizio di interessi privati, non di semplice individuazione, quote rilevanti di risparmio nazionale, risparmio che potrebbe essere indirizzato verso fini di pubblica utilità.
Occorre denunciare con forza gli evidenti connotati reazionari delle politiche del ministro Tremonti che aprono una nuova stagione di intervento pubblico nell’economia, utilizzando strumenti quali il decreto che impediscono qualsiasi forma  di dibattito sulla natura e le finalità di tale intervento.

Alberto Rotondo (da Rebus Magazine)