giovedì 11 agosto 2011

le mobilitazioni studentesche in cile e la repressione del governo













di Ernesto Carmona, giornalista e scrittore cileno

Con l’incredibile repressione scatenata da Sebastian Piñera contro gli studenti, i professori e passanti, il Cile ha vissuto un giovedì di protesta popolare a carattere nazionale, che ha ricordato ai più anziani le 22 giornate di manifestazioni che hanno portato alla caduta della dittatura di Pinochet, durata 17 anni (1973-1990) e che ha aperto un capitolo inedito da quasi 60 anni nella storia politica locale. Escludendo le proteste popolari contro la dittatura, il paese non vedeva una ribellione generalizzata contro il governo forse dal 2 aprile del 1956, contro il governo di Carlos Ibáñez del Campo (1952-1958).
Contemporaneamente, il venerdì si è venuti a conoscenza delle minacce su twitter contro la leader del movimento studentesco Camila Vallejo, mentre gli studenti stavano organizzando una nuova mobilitazione per il martedì successivo.
Per tutto il giovedì l’inusuale repressione, iniziata alle 6e30 della mattina nei dintorni di Piazza Italia a Santiago, ha monopolizzato l’agenda dei mezzi di comunicazione che hanno dedicato tutto il giorno reportage speciali ai fatti spettacolari “dal vivo e in diretta”, mettendo da parte la programmazione ordinaria della televisione e della radio.
C’è stata una copertura insolita anche da parte dei media internazionali, in Cile per partecipare allo show organizzato per il primo anniversario della tragedia dei 33 minatori, previsto per questo venerdì.
In modo insolito, lo stesso governo ha orchestrato una giornata incredibile di contro-propaganda, “si vede, sta accadendo”: l’incontrollata brutalità della polizia, non solo contro gli studenti che volevano manifestare, ma contro qualunque essere vivente, passanti, agli ingressi della Metro, alle fermate degli autobus, persone lontane dal mondo studentesco, lavoratori che stavano andando da casa al lavoro, anziani che andavano in ospedale, abitanti nelle cui case sono entrati i gas lacrimogeni altamente tossici e spruzzi di acqua contaminata lanciati dai Carabinieri, turisti presi alla sprovvista – senza esperienza di scontri di piazza – compresi i cani randagi, etc. Qualunque gruppo, da 3 a 5 persone, senza discriminazione d’età, ha ricevuto attacchi con i gas, qualunque cosa stessero facendo, anche cercare un trasporto pubblico (il cui aumento delle tariffe ha incrementato il malumore cittadino). Il tutto è finito dopo la mezzanotte ed è culminato con il saccheggio e l’incendio di un negozio de La Polar, una catena al dettaglio nell’occhio del ciclone per gli abusi su quasi mezzo milione di clienti per debiti rinegoziati illegalmente e unilateralmente.
Il governo ha deciso di difendere “alla rinfusa” il cosiddetto “ordine pubblico” e impedire che gli studenti mettessero piedi sulla storica arteria Alameda, invocata nelle ultime parole di Allende con la memorabile frase “si apriranno le grandi strade lungo le quali cammina l’uomo libero”. La principale strada di Santiago era stata chiusa tutto il giorno, dall’alba alla mezzanotte, ma ci sono stati scontri e presidi nelle principali strade alternative, provocati dalla dispersione di gruppi di studenti che erigevano barricate in qualunque luogo in segno di protesta. La città intera era diventata un inferno. Un giorno perso per la sacrosanta economia. La “getione dell’ordine pubblico” ha portato a 18 ore di anomia urbana generalizzata, ossia il governo ha ottenuto “il disordine pubblico”.
I fatti del giovedì, conclusi con 974 arrestati in tutto il paese – più della metà a Santiago – secondo le cifre del governo, segnano il confine tra “un prima e un dopo”, nel ritorno alla “democrazia” dal 1990.
Stranamente la brutale repressione fu lanciata un giorno prima dell’importante riunione tra il ministro dell’Educazione e gli studenti, che avrebbe segnato un secondo incontro di dialogo tra le parti, il cui prezzo era il ritorno dell’ex ministro Joaquín Lavín. Questo dialogo è stato gettato a mare, e il nuovo ministro Felipe Bulnes ha perso la credibilità politica necessaria per continuare a negoziare. Un altro segno di mancanza di saggezza politica è stato l’ordine di repressione lanciato da Piñera in maniera tanto repentina, dopo aver tollerato per più di due mesi marce e manifestazioni che chiedevano educazione pubblica gratuita e di buona qualità, finanziata e garantita dallo Stato e nella Costituzione.
Anche i Carabinieri hanno dimostrato la loro incapacità strategica di “gestire l’ordine pubblico”.
La giornata è stata segnata da un’altra notizia bomba: il calo di popolarità del presidente Piñera al 26%, in base al sondaggio CEP, il più prestigioso del paese. È il livello più basso di un presidente nei 22 anni di storia politica post dittatura ed è in sintonia con altri sondaggi recenti. Inoltre c’è stata una brusca caduta della Borsa di un paese che si vanta di essere “blindato”, economicamente e finanziariamente, rispetto alla crisi che colpisce il resto del mondo. Sarà difficile che Piñera tragga benefici dallo show previsto questo venerdì per il primo anniversario della frana che seppellì i 33 minatori, causata dall’assenza di sicurezza nello sfruttamento del giacimento San Josè, in Acatama.
Un dettaglio rilevante è che già esiste consenso sul fatto che la maggior parte dei disordini e il saccheggio sono organizzati da elementi del sottoproletariato, al di là del mondo studentesco e che i Carabinieri sono incapaci di controllare. Inoltre, molti di questi elementi appartengono alle loro fila e sono infiltrati dai “servizi segreti”, come dimostrano gli abbondanti video e fotografie caricati in Internet e poco diffusi dai media.
Nell’isteria e nella confusione del venerdì, i portavoce del governo hanno accusato gli studenti del saccheggio e dell’incendio de La Polar, ma quello che dicono Piñera e la sua corte non è più credibile per più del 60% dei cittadini intervistati. Questi, semplicemente, hanno smesso di credere in quello che dice il presidente. E questa perdita di credibilità danneggia pesantemente la sopravvivenza del sistema politico imperante, dal quale, praticamente, sono esclusi tutti gli studenti, che non sono nemmeno iscritti per votare.
Non hanno neanche paura della “pula”, si scontrano con loro e non hanno conosciuto i rigori della dittatura perché hanno meno di 38 anni. La gente che non partecipa al gioco elettorale rappresenta più della metà della popolazione che ne avrebbe diritto.
Nessun cappello politico può essere posto su questo straordinario movimento sociale in lotta per un’educazione pubblica gratuita e di qualità garantita dallo Stato e in Costituzione, che acquista ogni giorno più sostegno. Gli studenti non chiedono semplici riforme, ma chiedono un cambiamento strutturale di grande ampiezza, che non ha mai concepito la classe adulta intervistata nelle inchieste, senza escludere la Concertazione.
L’80% degli intervistati appoggia le richieste degli studenti, inclusa l’eliminazione del quasi santificato “scopo di lucro” nell’educazione, rafforzato durante i 20 di governo della Concertazione. Piñera ha appena dimostrato la sua totale mancanza di sintonia con la cittadinanza nel definire l’educazione come un “bene di consumo”, quindi alla portata di chi può permetterselo.
Il futuro della società cilena oggi è imperscrutabile. Anche la credibilità del Congresso è ai minimi nelle inchieste. La Concertazione dell’opposizione ha il 22% dell’approvazione e la coalizione di governo di Piñera il 24%. Il difficile compito politico intrapreso dagli studenti
denigra le istituzione dello Stato e dei partiti politici. Un’educazione pubblica gratuita e di qualità, garantita dallo Stato e in Costituzione richiede dei cambiamenti della “magna carta”.
Molti credono che sia arrivato il momento di rimpiazzare la costituzione di Pinochet, redatta tra quattro mura nel 1980, con una che sia emanata da un’assemblea costituente.
La trasformazione dell’educazione richiede anche un finanziamento dello Stato. E questo significa aumentare duramente il 17% delle tasse che pagano le imprese attraverso una riforma fiscale o ri-nazionalizzare il rame, come propongono gli studenti: un tema tabù per il governo che invece si propone di privatizzare lo scarso 28% della produzione che oggi controlla lo Stato attraverso la Codelco.
In altre parole, gli studenti e il movimento sociale che li appoggia, reclamano un cambiamento drastico del modello economico, cioè del capitalismo selvaggio che regna in Cile dai tempi di Pinochet e perfezionato dalla Concertazione in due decadi di governo.
L’invito della dirigente universitaria Camila Vallejo per realizzare un “cacerolazo” dalle 21 del giovedì ha avuto un successo sorprendente. I colpi delle casseruole, che non si sentivano in Cile dagli anni 80, hanno cominciato a risuonare a Santiago e in altre 11 città ancor prima delle 21 e sono continuati fino oltre la mezzanotte. E nonostante il freddo intenso, la gente è uscita di casa per colpire pentole e casseruole nelle piazze e nei quartieri, trasformandosi in facili bersagli per i gas lacrimogeni dei Carabinieri.
Davanti all’incertezza per il futuro politico di un paese che non crede al suo capo di stato, non ci vuole la palla di vetro per predire con certezza che Camila Vallejos si è trasformata in una figura politica di proiezione nazionale e internazionale, con tutta la vita davanti.
La giovane studentessa di architettura che presiede la Federazione degli Studenti dell’Università del Cile (FECH) e la Confederazione degli Studenti del Cile (CONFECH) si è legittimata come una solida leader del nuovo corso. E per questo, il neo fascismo cileno l’ha minacciata di morte il passato venerdì: Tatiana Acuña Selles, Segretaria Esecutiva del Fondo del Libro, del Ministero della Cultura, ha scritto su twitter: “ si uccide la cagna e si risolve il problema”, secondo quanto pubblicato dal Siglo 21 . Questa stessa frase fu utilizzata da Pinochet durante il colpo di stato dell’11 settembre del 1973, quando lo informarono della morte di Allende.
Nello stesso momento giovani utenti di twitter di estrema destra hanno divulgato il suo indirizzo di casa e il telefono fisso. Un utente registrato come “@el_yorchi” ha fatto conoscere questi dati  che sono stati “retwitterati” dal gruppo “@derechatuitera” che raggruppa simpatizzanti dell’officialismo. Gli amministratori di “@derechatuitera” hanno dovuto chiedere scusa a Camila Vallejo. “Non condividiamo la sua idelogia, ma in nessun caso è stato usato il retweet con dolo”, hanno dichiarato. Intanto “@el_yorchi” ha chiuso il suo account nella rete. Il governo dovrà farsi carico della sicurezza personale di Camila Vallejo, mentre gli studenti si sono accordati per fare una nuova marcia martedì.