mercoledì 13 luglio 2011
la finanziaria e il tradimento della democrazia
E’ passato appena un mese dalla straordinaria vittoria referendaria: il 13 giugno la stragrande maggioranza degli italiani, con il Sì ai referendum contro la privatizzazione del servizio idrico, hanno affermato il principio secondo cui esistono beni, come l’acqua, che per loro natura devono essere sottratti alla logica del profitto e della mercificazione. Ma il significato di questa vittoria va ben al di là del pur importante risultato raggiunto, l’abrogazione del decreto Ronchi che imponeva per legge la privatizzazione della gestione del servizio idrico entro il 2011. Per la prima volta, a seguito di una straordinaria partecipazione dal basso, è stato sconfessato uno dei cardini della globalizzazione neoliberista, quel fondamentalismo del mercato che, attraverso l’ideologia e la pratica delle privatizzazioni, ha generato profonde ingiustizie sociali e generale instabilità politica ed economica, con conseguenze devastanti per le condizioni materiali di vita di miliardi di persone in tutto il mondo.
Si potrebbe dire che, a dieci anni della straordinaria mobilitazione contro il G8 di Genova, le nostre idee e le nostre previsioni hanno finalmente incrociato il sentimento e la passione della maggioranza degli italiani, dando un nuovo e, per molti versi, inaspettato slancio alle prospettive di alternativa e di trasformazione sociale.
Ma purtroppo la reazione dell’establishment politico-finanziario non è tardata a manifestarsi in tutta la sua virulenza anti-democratica e reazionaria. Ieri il ministro Tremonti, con la non belligeranza “responsabile” dell’opposizione parlamentare del Pd e dell’Italia dei Valori, ha inferto un duro colpo alla volontà popolare democraticamente formatasi con l’approvazione dei quesiti referendari. Piegandosi all’ennesimo diktat dei mercati finanziari e alla necessità di fare cassa per salvaguardare il bilancio pubblico, ha annunciato un vasto programma di privatizzazioni che coinvolgerà non soltanto le partecipazioni statali in aziende strategiche come Eni, Enel e Finmeccanica ma soprattutto le aziende municipalizzate, a cui i Comuni affidano l’erogazione di servizi pubblici essenziali come la raccolta e gestione del ciclo dei rifiuti, il servizio di trasporto urbano, le aziende che gestiscono l’erogazione del gas, ecc.
Il governo ha annunciato che, in ossequio ai risultati del referendum, non verranno privatizzate le aziende pubbliche che gestiscono i servizi idrici, ma un approssimativo esame del provvedimento dimostra come anche questa promessa sia destinata ad essere disattesa. Contrariamente a quanto avvenuto in passato, la cessione delle municipalizzate non viene imposta per legge, ma semplicemente incentivata attraverso meccanismi premiali che garantiscono un allentamento del patto di stabilità e un aumento della capacità di spesa per quei Comuni che privatizzeranno di più.
Come è noto il corretto funzionamento degli enti locali territoriali è stato in questi anni compromesso dal falcidiamento dei trasferimenti da parte del Governo centrale e dalla riduzione della capacità di spesa imposta dal patto di stabilità interna. La nuova manovra finanziaria rischia di stringere ancora di più il cappio attorno agli Enti Locali, che saranno costretti a cedere ai diktat governativi per evitare il dissesto finanziario; dunque, pur non essendovi costretti per legge, molti Comuni svenderanno le loro partecipazioni per garantire la loro stessa sopravvivenza.
Sono bastati tre giorni di sofferenza nei mercati finanziari per garantire l’approvazione di una legge finanziaria che impoverirà ulteriormente il Paese e priverà larghe fasce della popolazione delle più elementari garanzie di una vita libera e dignitosa. Si potrebbe tranquillamente affermare che la democrazia è morta, caduta sotto il peso della speculazione finanziaria e della servile acquiescenza di una classe politica delegittimata.Spetta a noi riprendere sin da subito la mobilitazione; attrezziamoci: l’autunno sarà ancora più rovente di questa estate afosa!
Alberto Rotondo