una poesia di Giuseppe Castorina: "scrissi questa poesia qualche tempo fa, in ricordo di un deportato ripostese in un campo di concentramento in Germania; oggi la pubblico in ricordo di Nunzio Di Francesco deportato in uno dei campi di Mauthausen".
Dove ho visto la neve
(Ricordo di un deportato)
Dove ho visto la neve ho lasciato il mio sorriso e qualche fiore
dove la cenere si fondeva all’aria ho lasciato il mio cuore
in quel cielo di nuvole nere di fumo, si perser le mie pupille
lavando le membra con carni de’ miei fratelli…
ma il nostro dio era anche il loro Dio?
Io non distinguevo l’aurora dal tramonto
dentro ai capannoni era sempre estate senza ritorno.
Milioni di spettri vagano fra il suono dei violini
accarezzando ancora il volto dei bambini
ma il nostro dio era il loro Dio?
Leggevo di nascosto con luce fioca
cercando risposte a quell’oblio di follia opaca
fra il confine incerto dell’incubo e la sicura realtà
mantelli di sangue coprivano speranze senza età
ma forse il mio dio non era il loro Dio.
L’inverno gelido avvolse la vita prima del tacer dei cannoni
tornò primavera sull’odore putrido della morte campione
tornò a crescere l’erba vicino i cancelli
tornò l’acqua sulla faccia ed i capelli
son invecchiato fra stanca rassegnazione e passo greve
non è tornato il sonno e non ho più visto la neve.
Ma ho capito che il mio Dio era anche il loro Dio…
(Ricordo di un deportato)
Dove ho visto la neve ho lasciato il mio sorriso e qualche fiore
dove la cenere si fondeva all’aria ho lasciato il mio cuore
in quel cielo di nuvole nere di fumo, si perser le mie pupille
lavando le membra con carni de’ miei fratelli…
ma il nostro dio era anche il loro Dio?
Io non distinguevo l’aurora dal tramonto
dentro ai capannoni era sempre estate senza ritorno.
Milioni di spettri vagano fra il suono dei violini
accarezzando ancora il volto dei bambini
ma il nostro dio era il loro Dio?
Leggevo di nascosto con luce fioca
cercando risposte a quell’oblio di follia opaca
fra il confine incerto dell’incubo e la sicura realtà
mantelli di sangue coprivano speranze senza età
ma forse il mio dio non era il loro Dio.
L’inverno gelido avvolse la vita prima del tacer dei cannoni
tornò primavera sull’odore putrido della morte campione
tornò a crescere l’erba vicino i cancelli
tornò l’acqua sulla faccia ed i capelli
son invecchiato fra stanca rassegnazione e passo greve
non è tornato il sonno e non ho più visto la neve.
Ma ho capito che il mio Dio era anche il loro Dio…