La rivoluzione dei gelsomini in Tunisia è nata dalla protesta estrema di un giovane, vessato dalle necessità di sopravvivere e costretto dalla polizia locale a smontare il suo banchettino.Il giovane si diede fuoco, per disperazione. Sapeva di non poter lottare contro la polizia corrotta che lo faceva sgombrare, avesse avuto qualche parente nell’esercito o nella malavita organizzata avrebbe potuto continuare a lavorare per le strade polverose di Tunisi. Lui no, non poteva ribellarsi ma non poteva nemmeno immaginare che dal suo gesto estremo tanti suoi coetanei avrebbero preso spunto per rovesciare il regime tunisino ed avviare una nuova stagione.
A Palermo è accaduto qualcosa di simile. Noureddine Adnane, uno dei tanti volti anonimi che potrete incontrare in città mentre cercate sciarpe, cappellini e collanine, si è trovato davanti una pattuglia dei vigili urbani che, secondo la normativa imposta dal consiglio comunale, prevede lo sgombero immediato di qualsiasi ambulante e vagabondo, una multa salatissima e la possibilità dell’espulsione per chi è senza permesso di soggiorno. Noureddine si è dato fuoco, come accaduto ad altri suoi coetanei nei paesi arabi che chiedono più giustizia sociale.
Ci inchiniamo di fronte al nostro fratello Noureddine Adnane, morto nel reparto grandi ustionati dell'ospedale Civico di Palermo, dove era ricoverato dopo il suo gesto estermo di protesta; la sua morte rappresenta un atto d'accusa per classi dirigenti barbare e cieche, incapaci di umanità e di cogliere le ricchezze e le opportunità che derivano dal contatto con altre culture.
Oggi è il giorno del dolore e del lutto.
Davanti a noi sta la necessità di rafforzare, giorno per giorno, l'impegno per cambiare l'inaccettabile stato di cose presenti, in Sicilia e nel paese, per affermare l'idea di una società dove ci sia posto per tutti e tutte.